“’O ciardin ra chiesa”: ricordi di gioventù di Peppe Pezone, esperto di storia locale

 

"'O ciardin ra chiesa" oggi: è Chiostro-giardino, con un incantevole scenario

Oltre a persone di Calvizzano che per motivi diversi possiamo affermare che furono figure “popolari”, ci sono stati anche luoghi che ricordiamo con piacere, almeno per quelli della mia generazione. Luoghi di aggregazione, dove ci si ritrovava per svariati motivi, legati alla giovane età. Uno di questi luoghi era lo spazio all’aperto, pertinenza della Chiesa di Santa Maria delle Grazie (o Parrocchia San Giacomo), quello che per noi era “’O ciardin ra chiesa”. All’epoca, erano gli anni ’60, e quello spazio si prestava (sacrestano compiacente) ad organizzare accese partite di calcio, quattro contro quattro. In quegli anni gli spazi disponibili per organizzare “e partit e pallon” erano pochi ed erano ed erano difesi dai ragazzini che abitavano vicino, come “I ragazzi della via Paal” di Ferenc Molnàr, quel capolavoro di narrativa per i ragazzi,  i quali difendevano il loro fortino. “‘O ciardin ra chiesa” era un luogo quasi geograficamente neutrale, per cui tutti ci potevano giocare, persino io che ero “’e vasc ‘ camp”. Diciamo che per noi calvizzanesi era anche un po’ come l’oratorio di molte parrocchie del nord, dove calcisticamente hanno segnato i primi gol, oltre a rompere i vetri della chiesa, tanti ragazzini diventati grandi campioni di calcio. Al confine di questo nostro oratorio, c’era un giardino con alberi di fichi, i cui rami d’estate pendevano dal lato nostro, carichi dei loro dolcissimi frutti. Se ben ricordo, alcuni ragazzi particolarmente agili e coraggiosi si arrampicavano fino a raggiungerli. In quel luogo, i più piccoli si scambiavano, di domenica dopo la messa dei ragazzi, le famose figurine dei calciatori della Panini Modena, acquistate poco prima da “Puppniel ‘o Principal”, nel mentre i più grandicelli si scambiavano con le coetanee i primi sguardi innamorati. Un po’ come “I ragazzi del Muretto” e “Il Giardino dei Finzi Contini”. Erano quegli anni in cui ai ragazzi della mia età bastava il mitico pallone arancione “super santos”, per passare intere giornate d’estate sui pochi spazi disponibili per organizzare estenuanti partitelle. Spesso in pali c’era la famosa gassosa di “Nasti”. Un pochino bisognava saper giocare altrimenti rischiavi di fare da spettatore, a meno che il pallone non era tuo. Oppure, se eri proprio un amicone giocavi lo stesso, pur essendo “nu scarzon” e venivi assegnato pure in sovrannumero con una delle due squadre con la deprimente formula cosiddetta “p setaccio” (ci vorrebbe un articoletto a parte per esplicitare questo termine). Tra di noi esistevano dei ruoli, proprio come “I Ragazzi della via Pal” e dovevamo attenerci a una disciplina che presto si apprendeva e che ci faceva maturare con sani sentimenti. Dovevamo essere leali, generosi, altrimenti rischiavi di essere isolato da tutti, anche se il “super santos” era tuo.

Peppe Pezone

Formidabili quegli anni


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