In un’epoca in cui
ogni dibattito pubblico sembra ridursi a slogan, contrapposizioni identitarie e
semplificazioni brutali, leggere Jared Diamond è come spalancare una finestra
in una stanza che da troppo tempo respira aria viziata. La sua trilogia “Armi,
acciaio e malattie, Collasso e Crisi. Come rinascono le nazioni”,
restituisce profondità a un mondo che corre veloce, offrendo strumenti
intellegibili per comprendere le dinamiche che plasmano le società e
ricordandoci che i processi storici non sono mai riconducibili a qualche
presunta superiorità culturale o morale. Diamond scardina alla radice ogni
forma di suprematismo, mostrando come lo sviluppo di alcune civiltà sia stato
favorito da condizioni geografiche, climatiche e biologiche particolari, spesso
fortuite, che hanno permesso ad alcune comunità di domesticare specie animali
utili, coltivare piante ad alto rendimento e costruire società sedentarie
sempre più complesse. Sono differenze materiali, non morali, che spiegano
perché alcune tecnologie si siano sviluppate prima in certi luoghi del pianeta
e non in altri, e perché l’arrivo degli europei nelle Americhe abbia prodotto
effetti così devastanti sulle popolazioni indigene, esposte a malattie a cui
non avevano mai avuto contatto. Con Collasso lo sguardo di Diamond diventa
ancora più attuale, perché capisce che il vero discrimine non è solo tra
società che si sviluppano più rapidamente o meno, ma tra società che sanno
riconoscere i segnali della crisi e quelle che li ignorano fino a quando è
troppo tardi. Il destino dei popoli si decide nel modo in cui gestiscono le
risorse, interpretano i cambiamenti climatici, affrontano i conflitti interni e
trasformano le istituzioni. È impossibile non leggere queste pagine senza
sentire un’eco del nostro presente: dalla fragilità ambientale alle
disuguaglianze sociali, tutto ci parla della stessa necessità di adattamento e
consapevolezza che ha determinato la sopravvivenza o il crollo di intere
civiltà. In Crisi, Diamond completa il quadro introducendo una prospettiva
sorprendente: la psicologia. Analizza le nazioni come individui alle prese con
momenti di verità, e applica loro gli stessi criteri della terapia della crisi,
quelli che servono a una persona per ripensare se stessa dopo un trauma.
Riconoscere il problema, accettare la responsabilità, delimitare il campo
d’azione, chiedere aiuto, guardare a modelli esterni, coltivare autocritica e
pazienza: sono gli stessi passaggi che un Paese attraversa quando capisce che
continuare come prima lo condurrebbe alla rovina. Ed è proprio in questa
analogia che il presente entra con forza, perché viviamo in un mondo in cui
molte nazioni oscillano tra la tentazione di rimuovere la crisi e la necessità
di trasformarla in un'opportunità. Tra gli esempi più illuminanti c’è quello
del Giappone di metà Ottocento, un paese chiuso e gerarchico che, di fronte
all’irruzione delle potenze occidentali, riconobbe la propria vulnerabilità
senza negazioni né autoinganni. Da quel momento prese forma la modernizzazione
Meiji, forse il più straordinario processo di rinnovamento selettivo della
storia contemporanea. Il Giappone riformò l’esercito prendendo il meglio dei
modelli stranieri, ricostruì la burocrazia secondo criteri moderni, riscrisse
il sistema fiscale, elaborò nuovi codici giuridici e investì in infrastrutture,
senza però rinunciare alla propria identità culturale. Ciò che colpisce non è
l’occidentalizzazione, ma la capacità di scegliere: non tutto, non
acriticamente, ma solo ciò che era utile al futuro del Paese. Una lezione che
parla anche a noi, oggi, nel mezzo di trasformazioni globali che chiedono di
mantenere salde le proprie radici mentre si imparano nuove forme di convivenza
e sviluppo. Consigliare la trilogia di Jared Diamond significa dunque suggerire
una lettura che aiuta a capire il mondo senza filtri ideologici, ricordando che
la storia delle civiltà è una storia di opportunità ambientali, di scelte
politiche, di adattamenti culturali e di crisi che diventano bivi. È un invito
a guardare il presente con più lucidità, meno fatalismo e molta più curiosità,
perché nulla è predestinato e nulla è immutabile: ciò che siamo dipende da ciò
che scegliamo di fare con le crisi che attraversiamo, come individui e come
nazioni.
Giuseppe
Cerullo
