“Una stagione nascosta”, il nuovo libro del poeta-scrittore Vincenzo Di Maro: verrà presentato domenica 27 ottobre, ore 10.30, presso “Il tempo del vino e delle Rose” (Piazza Dante 44/45, Napoli)
L’artista calvizzanese vive dal
2007 in provincia di Varese dove insegna. A Enzo sono particolarmente affezionato,
perché è un signore sotto tutti gli aspetti: è serio, educato e sincero. Ci siamo
conosciuti durante il periodo in cui entrambi eravamo redattori del giornale maranese
“ideaCittà” (Mimmo Rosiello)
Una stagione nascosta si rivolge a tutti i veri esploratori dello
spirito, nasce da un lungo silenzio e accoglie vari numi tutelari: Rimbaud, Van
Gogh, Durer tra gli altri, così come alcuni alter ego dello sfuggente autore.
In una Napoli autunnale, nell’austera cornice di Piazza Dante al civico
44/45, presso il bistrot letterario "Il tempo del vino e delle rose"
gestito da Rosanna Bazzano, Una Stagione Nascosta vi aspetta
domenica mattina, 27 ottobre, alle ore 10:30. Non perdetelo.
Di Maro ha al suo attivo molti libri
Le liriche di Vincenzo Di Maro, 49 anni, calvizzanese (dal 2007 vive a
Besozzo in provincia di Varese dove insegna in una scuola media) sono tutte di
alta qualità artistica: lo hanno detto e scritto i maggiori esperti nazionali
di critica poetica.
“La poesia del Di Maro – scrive Sebastiano Aglieco sulla
rivista culturale Samgha - va apprezzata per strati paralleli di
comprensione in quanto espone problemi connessi al metatesto (pensiero), alla
sua esplicazione (la parola) e al suo humus di provenienza, i
suoi scarti esperenziali (il corpo).
Ha al suo attivo molti libri per i quali ha ottenuto
ambiti riconoscimenti: nel 2008, per la Nuova Editrice Magenta, ha pubblicato
"La costanza dell'inseguito", che ha riscosso un certo
interesse della critica ed è stato finalista al Bagutta (il più antico premio
letterario d'Italia), selezionato al premio San Pellegrino. Nel 2011 è uscita,
per i tipi di Lietocolle, "La fine dell'opera - frammenti per un
coro". Nel 2012 ha vinto, per la sezione inedito di poesia, la
terza edizione del premio della ConfCommercio milanese "poeti e scrittori
in Lombardia". Nello stesso anno, dopo la pubblicazione di "Frammenti
imprevisti", antologia della poesia italiana che comprende alcuni
suoi inediti, esce "Mitografie", edito da Kairòs, un
libricino in cui, insieme ad altri tre autori italiani, interpreta un mito
antico in chiave contemporanea. Segue la pubblicazione di un libro d'artista in
tiratura limitata per Pulcinoelefante, con una sua poesia e un'opera di Guido
Nicoli, ad oggi la sua ultima pubblicazione. Ha scritto recensioni su Poesia,
Varesereport, la Prealpina, Compiturevivi ed altri periodici e blog. Nel 2016 è
stato pubblicato un suo saggio in un'antologia della critica. Per chi fosse
interessato a leggere qualche recensione su Di Maro, e qualche suo testo, può
collegarsi a due siti: samgha.me e moltinpoesia.wordpress.com
Vi proponiamo tre poesie del suo vasto
repertorio
Adesso in caduta friabile
arriva neve scarsa
argento di pochi denti, parole raccolte
in un germoglio freddo
se il perpendicolo dell’Orsa guasta il vino
e non c’è quiete, nessuna, per le madri.Ci hanno detto di tornare
e avere fiducia, un’ostinazione
taciuta con la forza che ferisce il ramo
e lo giustifica alla zolla.
Chi non ha seme nelle ossa sente allora
un figlio invisibile salirgli al viso
gridare che domani
ha fiato questo attraversare
ha respiro, è santo come la terra
offrire cibo e sterminio,
fare il proprio dovere.
arriva neve scarsa
argento di pochi denti, parole raccolte
in un germoglio freddo
se il perpendicolo dell’Orsa guasta il vino
e non c’è quiete, nessuna, per le madri.Ci hanno detto di tornare
e avere fiducia, un’ostinazione
taciuta con la forza che ferisce il ramo
e lo giustifica alla zolla.
Chi non ha seme nelle ossa sente allora
un figlio invisibile salirgli al viso
gridare che domani
ha fiato questo attraversare
ha respiro, è santo come la terra
offrire cibo e sterminio,
fare il proprio dovere.
***
Le voci della notte, la calca
che inudibile sorvola l’acqua
scura, per vie umbratili vibra
dalla sponda alle luci, ai muri e
li trapassa, fino alle case, a noi che
la percepiamo appena dopo,
ad apparecchio acceso; le voci
mai incrinate, mai stanche, fiduciose
che qualcuno le ascolti nel fervore
che precede il sonno e cola al vacuo
conforto dei volti senza storia, banditi
dal perenne presente del mattino:
chiamarle analogia, riposo, quasi
una radio, un dio che ricompone
l’unanime tessuto dei dispersi.
che inudibile sorvola l’acqua
scura, per vie umbratili vibra
dalla sponda alle luci, ai muri e
li trapassa, fino alle case, a noi che
la percepiamo appena dopo,
ad apparecchio acceso; le voci
mai incrinate, mai stanche, fiduciose
che qualcuno le ascolti nel fervore
che precede il sonno e cola al vacuo
conforto dei volti senza storia, banditi
dal perenne presente del mattino:
chiamarle analogia, riposo, quasi
una radio, un dio che ricompone
l’unanime tessuto dei dispersi.
***
Me li rivedo, immersi nel chiarore, le spalle
a una canicola di pioppi, un’erosione
salmastra sulle sagome: agosto, quasi trent’anni fa,
la discussione per un guasto al motore.
Dove siete? È aprile,
oggi, c’è il senso di una tregua
inconcludente, per l’acume che resta
sotto l’unghia del tempo breve.
Me li rivedo, immersi nel chiarore, le spalle
a una canicola di pioppi, un’erosione
salmastra sulle sagome: agosto, quasi trent’anni fa,
la discussione per un guasto al motore.
Dove siete? È aprile,
oggi, c’è il senso di una tregua
inconcludente, per l’acume che resta
sotto l’unghia del tempo breve.
Riapparirà la pista, come senti in una
pulsazione l’acqua cogliere il ghigno
calcinato del sale, svanirlo al largo di una morte illusoria:
là, verso Mestre e i suoi stabilimenti
la laguna un artiglio di sirene, una memoria
amniotica, giù, a oriente, a Marghera riversa
in un abbraccio di canali e vene.
Così passa la cruna la sera.
pulsazione l’acqua cogliere il ghigno
calcinato del sale, svanirlo al largo di una morte illusoria:
là, verso Mestre e i suoi stabilimenti
la laguna un artiglio di sirene, una memoria
amniotica, giù, a oriente, a Marghera riversa
in un abbraccio di canali e vene.
Così passa la cruna la sera.