Calvizzano, città negata



Lettera al blog: da Francesco Delicato riceviamo e volentieri pubblichiamo

17 giugno 2018, domenica pomeriggio. Mi trovo a passare nei pressi dei campetti pubblici siti in via Aldo Moro di fronte alla scuola Media Marco Polo. Mi compiaccio nel vedere numerosi ragazzi intenti a giocare a basket e penso che finalmente a Calvizzano si cominciano ad avere spazi di aggregazione e svago dove i ragazzi possono incontrarsi e magari le famiglie possono portare i bimbi a giocare con le loro bici a rotelle mentre guardano altri atleti giocare a tennis. Che illusione! Avvicinandomi scopro però che il cancello è chiuso e tutta l’area comincia a presentare segni di abbandono e di mancata manutenzione. Scopro che i ragazzi sono entrati da alcune sbarre della recinzione mancanti. Curioso mi avvicino e mi dico che tutto sommato fanno bene a entrare. Perché mai la fruizione della struttura gli dovrebbe essere negata? Poi, ormai a ridosso della recinzione, scopro un quadro desolante e avvilente. Sporcizia sparsa ovunque o accumulata vicino le varie panchine. Si tratta per lo più di cartoni di pizza e bottiglie vuote di birra alcune della quali sono state infrante ed hanno pericolosamente cosparso resti di vetro sulla pavimentazioni. Sono i resti dei bivacchi di sabato sera? Le sbarre mancanti consentono anche raduni notturni, magari di gente non proprio per bene che non entra per giocare a basket. A quel punto avvilito comincio a riflettere sulla situazione. Un complesso sportivo pubblico inaugurato da meno di tre anni e già in stato di semiabbandono. Che io ricordi non l’apertura del complesso non avviene secondo un calendario ed un orario precisi ma probabilmente secondo la disponibilità (o la voglia?) di un addetto comunale. Interventi di manutenzione non ne ricordo ma a giudicare dallo stato delle cose non devono essere molto recenti. Le sterpaglie dei terreni circostanti, prepotenti, cominciano ad attraversare la recinzione e ad invaderne gli spazi. L’erba tra i mattoni del percorso pedonale è troppo alta. Sporcizia ovunque ed un tappeto di vetri rotti ricopre il cemento del pavimento. In mezzo a quello scempio intanto i legittimi fruitori sono costretti ad entrare abusivamente in una struttura che gli appartiene per cercare di guadagnare l’aggregazione negata. Mi informo e mi confermano che effettivamente la villetta non viene aperta con regolarità. Non vi sono orari né giorni fissi e la pulizia e la manutenzione sono ormai una chimera. Mi chiedo, con tutta l’ingenuità di cui sono ancora capace, perché lasciare andare in malora uno spazio di cui c’è imperiosa necessità. Decoro urbano, spazi vitali che dovrebbero favorire una civile convivenza ed aggregazione, possibilità di svago per i giovani e giovanissimi che vorrebbero iniziare a vivere la propria città. Queste dovrebbero essere le priorità dell’amministrazione cittadina (Politica o commissariale che sia) e invece tali questioni restano chiusi nei cassetti delle scrivanie di palazzo e messe sempre in coda. Intanto ai cittadini è negata la fruizione della propria città e struttura ed infrastruttura vengono lasciate andare in malora fino a quando i costi di recupero diventano troppo ingenti. La villetta posta in via Sandro Pertini è chiusa ormai da anni e si è trasformata in un ricettacolo di immondizia, topi, insetti e vegetazione incolta. Le aiuole della villa Calvisia non vengono rasate da troppo e l’erba alta rende sgradevole e sconsigliabile farci giocare i bambini. I marciapiedi poi sono ovunque invasi di cespugli, rovi e arbusti che ne rendono difficile la normale fruizione. Per poter fare una passeggiata gradevole e sicura o magari comprare semplicemente un gelato bisogna necessariamente prendere l’auto e allontanarsi verso altre mete. Alle mie figlie dodicenni che iniziano a chiedere di incontrarsi con altri amici in giro per la propria città non posso che rispondere con rammarico: “Calvizzano non offre la possibilità di passeggiare in maniera sicura e del resto non offre niente, né spazi di aggregazione né struttura ricreative. I cittadini di Calvizzano non chiedono la luna, reclamano solo la possibilità di fruire della loro città e della “cose pubbliche”.

Un cittadino, Francesco Delicato

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