Calvizzano, continuiamo a parlare di Otello per non dimenticare il dramma della solitudine

E contro ogni forma di pregiudizio …

Di Otello Di Maro,  poeta di colore, cantore metropolitano, intellettuale autodidatta sui generis, assetato di conoscenza, aperto a ogni esperienza, abbiamo quasi detto e scritto tutto. Aspettiamo che al Comune decidano di concretizzare l’ottimo lavoro svolto dalla Commissione toponomastica, concluso circa un anno fa, per leggere su una delle targhe della città via Otello Di Maro. Negli ultimi mesi antecedenti la sua scomparsa (si tolse la vita con un cappio alla gola), specie dopo la morte della madre che lo aveva accudito amorevolmente, nonostante le chiacchiere della gente su quel figlio avuto da un militare americano ai tempi della guerra, Otello si sentiva solo e così esprime questo sentimento in poesia. Abbiamo estrapolato “Le voci”, forse una delle sue liriche più tristi, ma, nel contempo, sicuramente tra le più belle.       

Le voci
Ti parleranno di me,

dell’uggiosa misantropia.

Ma non del chiodo

di casa mia

ove mi vollero

penzolante appeso.

Né quale onore leso

di una Regina senza Re!

Ti ricorderanno di me,

del gaio gergo spassoso.

Ma non dell’invito geloso;

non del telefono muto

quando al bisogno d’aiuto

lasciavano rispondere: “non c’è!”

Ti ricorderanno di me

…i miei amici.

Ti racconteranno di me,
(ormai di sfizio spogli)

del mio sesso e dei suoi imbrogli.

Ma non dei suoi specchi

né dei quesiti vecchi

rimasti senza un “perché?”

Ti racconteranno di me

…i miei amanti

Però,

di quanti,

a chi dirà di me

senza enfasi nella voce

d’anonimo estraneo,

presta migliore ascolto.

Chè

unico rispose

certo

al più spontaneo

mai conosciuto volto.



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