La scuola
dell'unicità. Era un insegnante che non insegnava mai anzi, aveva l'aria di uno
che non aveva niente a che fare con l'andamento della scuola, sembrava che
stesse lì giusto per occuparsi un po' dei ragazzini. Un bambino sul suo diario
scrisse: c'è un insegnante molto curioso qui a scuola “mi piace.” col suo
indubbio carisma riusciva sempre a indurre gli alunni a questo o a quel
comportamento. Non era autoritario, non predicava, né tanto meno interferiva
nei rapporti tra i ragazzi; li rispettava sempre e lasciava che risolvessero da
soli i loro problemi. Li abituava per tempo alla discussione e a ragionare
sulle cose, per valutare bene i pro e i contro, senza poi arrivare alle mani.
Era sempre dalla loro parte e i ragazzi dalla sua: “Lo amavano“. Col suo
delicato umorismo li faceva sorridere e poi ridere e quando ogni tanto
sbucavano fuori nomignoli per qualcuno, lui non ne faceva uso, anzi, li
smorzava subito perché sapeva bene, quale arma a doppio taglio poteva essere.
Garbatamente e con la maestria che solo lui possedeva, li guidava agevolmente,
per il sentiero della conoscenza. Era una via disseminata di segnali e
invisibili barriere laterali che non obbligavano le indicazioni, ma le
raccomandavano. A vederli, sembrava che fossero abbandonati a se stessi, liberi
di fare ciò che volevano ma, non era così. Era solo la rappresentazione pratica
dell'arte di insegnare. Per lui non c'era da migliorare o da riformare la
scuola in qualche dettaglio ma, di trasformarla radicalmente. Riteneva
“L’Educare” un processo di liberazione e non uno strumento per abituare per
tempo i discenti al conformismo di gruppo. Il suo lavoro non era tanto un
”insegnare” qualcosa ma, un “Liberare un tirare fuori da.” Il suo scopo
rimaneva quello di liberare i suoi ragazzi dalle paure e dalle bugie degli
adulti, dagli errori e dalle proibizioni di atti che i grandi compivano
impunemente e dalla minaccia che proveniva dalle diverse facce della
repressione, fosse essa familiare, scolastica o proveniente dal moralismo
intollerante, spesso ipocrita, di tanti gruppi religiosi che si nascondevano
dietro a Cristo. Era convinto che se fosse riconosciuto, vissuto e alimentato
il valore della soggettività dei singoli si poteva restituire a ogni persona
una sua più adeguata presenza nel mondo e che questo avrebbe portato a un
grande sconvolgimento del nostro sistema di conoscenza, e percepirci finalmente
quali noi siamo veramente: persone irripetibili dall'unica dinamica pensante
universale.