Non ha nulla a che fare con il suo ruolo di capo
settore dell’ufficio anagrafe del Comune di Calvizzano, l’incresciosa vicenda
accaduta a Nello Abbate che lo ha
spinto a denunciare alla Procura della Repubblica le Poste Italiane.
I fatti. Il
15 gennaio 2016 il funzionario, insieme a sua moglie, si recava all’ufficio
postale di Marano per prelevare dal libretto postale una somma di denaro che
serviva per far fronte a notevoli spese mediche per la suocera novantaduenne.
“Mi veniva risposto dall’impiegato di turno allo
sportello – dice Abbate – e confermato dal direttore che non era possibile prelevare,
in quanto il documento di mia suocera era scaduto. Non è servito a niente
fargli notare la cointestazione del conto, con firma disgiunta, sia a mia
suocera sia a mia moglie e che avevo una certificazione medica in cui è scritto
che mia suocera è viva. Inoltre, volevo solo prelevare una modesta somma”.
Nella denuncia-querela viene chiesto alle autorità
competenti di far luce su questo spiacevole episodio e di conoscere se la
tutela della salute, prevista dalla Costituzione come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, possa essere messa in discussione
dall’operato delle Poste Italiane, attraverso regolamenti “sciocchi”.
“Se mia suocera – aggiunge Abbate - non avesse avuto la possibilità, tramite il
sottoscritto, della somma occorrente per curarsi, sarebbe morta? A che serve
intestare un libretto postale a mamma e figlia con firma disgiunta, tra l’altro
un modo di fare usuale, per evitare che persone anziane o allettate si muovano
da casa? Qual è la norma che impedisce prelevare soldi propri?”.
Adesso, sarà la Procura a stabilire chi ha ragione e
chi ha torto e se ci sono eventuali profili di penale rilevanza.