Il Governo Meloni ha presentato la riduzione
dell’aliquota IRPEF dal 35% al 33% come un intervento a tutela del ceto medio,
una misura annunciata con grande enfasi come sostegno ai lavoratori alle prese
con l’aumento dei costi e la stagnazione salariale. Tuttavia, analizzando i
numeri reali, emerge un quadro molto diverso: il taglio riguarda solo la parte
di reddito che supera i 28.000 euro annui e questo porta a un risultato
diametralmente opposto rispetto alla narrazione governativa. La maggioranza dei
lavoratori che compongono il vero ceto medio italiano non riceve alcun
beneficio e molti di coloro che lo ricevono vedranno in tasca somme quasi
irrilevanti. Gli operatori sociosanitari, gli operai comunali, buona parte
degli amministrativi categoria C, molti vigili urbani e diversi profili tecnici
non raggiungono i 28.000 euro di reddito annuo. Per questa ampia platea di
lavoratori il taglio IRPEF non esiste: non un euro in più, non un centesimo.
Anche chi supera di poco quella soglia non ha certo motivo di festeggiare. Il
meccanismo è infatti molto semplice: per ogni 1.000 euro oltre i 28.000, il
beneficio netto annuale è di appena 20 euro. Un impiegato comunale laureato ma
non dirigente, con redditi intorno ai 31.000 euro, ottiene circa 60 euro annui;
un infermiere con 33.000 euro arriva a 100 euro; un impiegato del settore
privato con 32–34 mila euro percepisce aumenti che vanno da 80 a 120 euro
all’anno. Somme di questa entità non incidono in alcun modo sul potere
d’acquisto e rendono evidente la distanza tra l’annuncio politico e la realtà
del provvedimento. Ben diversa è invece la situazione per chi guadagna molto di
più. Poiché il beneficio cresce in proporzione alla quota che supera i 28.000
euro, i redditi alti, soprattutto quelli dirigenziali, sono i veri destinatari
della misura. Un dirigente con 50.000 euro annui ottiene circa 440 euro, con
60.000 euro sale a 640 euro e così via. È dunque la fascia apicale del pubblico
impiego e del settore privato a essere realmente favorita dal taglio IRPEF,
mentre il cosiddetto ceto medio evocato nei discorsi ufficiali rimane pressoché
escluso. Nonostante la comunicazione politica insista sull’idea di un
intervento “per tutti”, i numeri mostrano che il vantaggio fiscale è di fatto
concentrato solo sui redditi più elevati. Ancora una volta si annuncia una
misura a favore della maggioranza dei lavoratori, ma nei fatti si premiano
soprattutto le retribuzioni più alte, lasciando invariata la situazione di chi
da anni attende un alleggerimento fiscale vero e non solo proclamato.
Giuseppe Cerullo
