Mia madre, Minichina ‘a sarta’: la forza silenziosa di una donna d’altri tempi. Era di Piscinola

 

Mia madre poco prima di morire. Alle mie spalle mia sorella Rosaria, deceduta ad agosto scorso

Rileggendo il libro di Franco Cuomo “1925. Mia madre”, in occasione della sua riproposta anche a Calvizzano, non ho potuto fare a meno di emozionarmi ancora una volta. Quelle pagine, dedicate a Maria Mauriello, la madre calvizzanese dello scrittore, mi hanno riportato alla mente la mia di madre: Domenica Palladino, detta da tutti “Minichina ’a sarta”.

Nata nel 1927, a Piscinola (quartiere napoletano), appena due anni dopo la mamma di Cuomo, era anche lei una donna forte, di grandi valori, capace di affrontare la vita con dignità e sacrificio.

Mia madre era una ventenne bella e graziosa quando conobbe mio padre, Pasquale Rosiello, un uomo buono, generoso, che ne ha sopportate tante per colpa mia, ma a cui ho saputo anche regalare qualche soddisfazione. Dal loro matrimonio nacquero sette figli. Uno di loro morì a pochi mesi, un dolore che mia madre portò sempre nel cuore. L’ultima, Rosaria, ci ha lasciati lo scorso agosto, nel sonno, mentre era in campeggio. Mia madre non ha saputo della sua scomparsa, per fortuna: ne sarebbe morta di dolore. Ora immagino che siano di nuovo insieme, in Paradiso, come sempre: lei che la veglia, lei che la protegge.

Rosaria Rosiello
Io, invece, ero il figlio discolo, il “monellaccio” della famiglia. Quante scorribande, quante sgridate… e quante volte mi minacciava di dirlo a mio padre, che tornava la sera tardi dal lavoro per “darmi una lezione”. Ma poi, puntualmente, mi difendeva.

Come quando, all’Istituto Tecnico “Alessandro Volta” di piazza Santa Maria La Fede, fui sospeso per tre giorni dal professor Torino, un omone buono e prossimo alla pensione, che non aveva mai sospeso nessuno prima di me. Eppure, anche allora, mia madre si schierò al mio fianco. Avevo sei in condotta, pur andando bene a scuola, ma lei vedeva oltre: conosceva il cuore dei suoi figli.

Foto del 1953: mia madre con mio padre: nella sua pancia ci sono io

Minichina non era solo una madre amorevole, ma una donna instancabile. Mentre mio padre lavorava in una fabbrica di pitture navali, lei arrotondava il magro stipendio con l’ago e il filo, cucendo per mezza Piscinola. Non ci ha mai fatto mancare nulla, e soprattutto ci ha trasmesso i valori veri: il rispetto, la dignità, l’onestà.

È grazie a lei se non sono mai inciampato nei pericoli della vita.

È morta a quasi 89 anni, dopo una vita piena e faticosa. Da tempo non poteva più camminare, ma la sua mente era lucidissima. Bastava che ci guardasse negli occhi per capire tutto, per leggerci dentro, per donarci ancora i suoi consigli saggi.

Aveva un’intelligenza rara, quella che non si misura con gli studi ma con il cuore e con la vita vissuta.

Oggi, pensando a lei e rileggendo “1925. Mia madre”, sento di aver ritrovato non solo la figura di una madre, ma un pezzo della nostra storia, quella fatta di sacrificio, amore e dignità.

Perché mia madre, Minichina ’a sarta, non è stata solo la colonna della nostra famiglia: è stata il nostro esempio di vita.

E lo sarà per sempre.

Mimmo Rosiello

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