Il coraggio di dire la verità (anche quando non piace). Un confronto, un’accusa e una riflessione sul valore dell’impegno e della crescita nella politica locale
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Foto di repertorio |
Una telefonata
recente ha riacceso riflessioni che meritano spazio. Soprattutto quando si
parla di giovani in politica, ambizioni legittime e responsabilità che non
possono essere improvvisate
Nei giorni scorsi ho ricevuto una telefonata dal signor X: lo chiamerò così, per rispetto della privacy. È una persona che stimo, intelligente, scaltra, con forti tratti di umanità. Uno che si è fatto da solo, e proprio per questo merita ascolto e rispetto.
In passato qualcuno ha
cercato di metterci l’uno contro l’altro, per convenienza politica. Ma non ci è
riuscito. I giovani, d’altronde, hanno sempre avuto un posto speciale nel mio
cuore. Soprattutto quelli che non si accontentano della superficie e vogliono
costruirsi un ruolo solido e credibile.
Più di un anno fa,
durante un incontro conviviale, il signor X mi chiese di dare una mano a un
giovane politico, una persona già attiva da tempo nella scena locale, che
voleva crescere, formarsi, rafforzare la propria preparazione in vista di un
ruolo importante nel panorama amministrativo del paese.
Accettai volentieri, come
ho fatto con altri in passato, perché ritengo che il proprio bagaglio di
conoscenze va messo a disposizione della collettività. Inoltre, quando vedo
qualcuno che vuole imparare, non mi tiro mai indietro. Ho cercato di offrire il
mio contributo: consigli, visione, confronto, esperienze. Qualcosa si è mosso,
i primi risultati sono arrivati. Ma, diciamolo con franchezza, si poteva fare
molto di più. Perché senza serietà nello studio delle dinamiche
politico-amministrative, ogni ambizione rischia di restare sulla carta.
Poi è arrivata la
telefonata. Toni accesi, parole deluse. Il giovane X, colpito da alcuni
articoli pubblicati su Calvizzanoweb, mi ha accusato di fare “giornalismo di una
sola parte”.
Non è la prima volta che
capita nella mia carriera giornalistica con più di trentacinque anni di esperienza.
Ma sento il dovere, ancora una volta, di chiarire pubblicamente: il mio
giornalismo è e resterà sempre plurale e costruttivo. Non inseguo simpatie.
Racconto i fatti, anche quando fanno storcere il naso a qualcuno. Non sono al
servizio di nessuno, se non della verità, per quanto scomoda possa essere.
A questo giovane ho più
volte spiegato il mio punto di vista. E sembrava averlo compreso. Poi,
folgorato da qualche articolo non gradito, ha cambiato improvvisamente
opinione. È un peccato.
Ma se si vuole davvero
giudicare il mio lavoro, non bisogna limitarsi agli articoli condivisi su
Facebook o guardare solo i titoli. Bisogna leggere tutto. Approfondire.
Contestualizzare. E se si hanno dubbi, chiamarmi. Sono sempre disponibile al
confronto, anche a notte fonda. Perché è lì che si misura il rispetto
reciproco: nella volontà di capire, non solo di reagire.
Calvizzano e il blocco del cambiamento
Calvizzano è un paese difficile. Qui, da decenni, i voti girano sempre tra gli stessi. Cinquemila consensi che si muovono in circuiti chiusi, bloccati, impermeabili al nuovo. Cambiare davvero questo sistema richiede una visione chiara, ma anche tempo, studio, fatica.
Non bastano i proclami.
Non serve il piccolo capo di turno. Servono persone capaci, umili, preparate.
Gente che non scarti i consigli solo perché arrivano da chi è considerato
“nemico”. Il futuro amministrativo del paese ha bisogno di menti aperte, non di
cuori induriti dalla presunzione.
Una precisazione doverosa
Non mi nascondo dietro
una falsa neutralità: ho le mie idee, le mie convinzioni, condivisibili o meno,
e chi legge attentamente le troverà, più o meno velatamente, in ogni mio
scritto. Ma questo non toglie nulla all’onestà intellettuale con cui mi impegno
a raccontare la realtà, anche quando non coincide con ciò che vorrei.
Riflessione finale
Il futuro della politica
locale non è nelle mani di chi si sente già arrivato, ma di chi è disposto a
mettersi in discussione. Crescere non significa cercare solo consensi, ma anche
saper accettare critiche, affrontare i limiti, riconoscere chi può aiutarti a
migliorare.
Il cambiamento vero
inizia così: con la forza di ascoltare anche chi non ti loda.
E con la consapevolezza
che, in politica, è vero che l’impossibile può diventare possibile. Ma non
bisogna mai perdere di vista la dignità. Mai tornare indietro da chi ti ha
cacciato via umiliandoti politicamente e umanamente. Sarebbe come credere alla
donna che tradisce e poi giura che non lo farà più: difficile fidarsi, quasi
impossibile ricominciare.
Questo articolo riflette
una vicenda reale, con nomi volutamente omessi per focalizzarsi sui contenuti e
non sulle persone.
L’obiettivo non è la
polemica, ma la riflessione.
Mi.Ro.