Giornalisti sotto attacco: il peso delle querele temerarie e la libertà di critica che svanisce

 

Fare giornalismo oggi, in Italia, è diventato sempre più complicato. Il diritto di critica, pilastro della libertà d’informazione sancita dall’articolo 21 della Costituzione, sembra essersi trasformato in un ricordo lontano, un participio passato della democrazia. Ogni parola, ogni inchiesta, ogni commento può diventare un potenziale campo minato. Basta un titolo sgradito, una domanda di troppo, un’inchiesta scomoda: e subito arriva la minaccia di querela.

Molte di queste azioni legali non nascono per difendere davvero l’onore o la reputazione, ma per intimidire, bloccare o dissuadere il giornalista dal continuare a fare il proprio lavoro. Sono le cosiddette querele temerarie, strumenti legali usati come armi per mettere a tacere la stampa.

Dietro ogni querela c’è spesso un costo economico e psicologico enorme: spese legali, anni di attesa nei tribunali e la paura di non poter più scrivere liberamente. Il risultato è l’autocensura, il male più subdolo che possa colpire il giornalismo.

Negli ultimi anni, il Parlamento ha discusso varie proposte di legge per contrastare questo fenomeno. L’obiettivo è chiaro: impedire l’uso distorto della giustizia contro chi esercita la libertà di informazione. Tra le misure più discusse ci sono:

la possibilità per il giudice di condannare chi presenta una querela infondata al pagamento di un indennizzo a favore del giornalista; la previsione di un risarcimento aggravato per le cause considerate manifestamente pretestuose; la semplificazione delle procedure di archiviazione per le querele palesemente strumentali.

Nel 2023 la Camera dei Deputati ha approvato una proposta di legge per arginare le querele temerarie, ora ferma al Senato. Il testo, sostenuto da gran parte delle associazioni di categoria come la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e Articolo 21, prevede anche un fondo di sostegno per i giornalisti colpiti da azioni giudiziarie intimidatorie.

Tuttavia, la strada è ancora lunga. Finché la legge non verrà approvata in via definitiva, i cronisti continueranno a muoversi su un terreno fragile, dove la verità può costare cara.

 

Perché senza il diritto di critica, non c’è libertà. E senza libertà, non c’è giornalismo.

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