Calvizzano città del riscatto: per una cultura della dignità contro la violenza sulle donne, la violenza di genere e la criminalità
C’è un momento in cui le comunità devono
scegliere da che parte stare. Non con proclami, non con slogan, ma con atti
concreti, scelte simboliche e culturali che parlano al futuro.
A Calvizzano, quel momento potrebbe essere
adesso.
Nel post di Gennaro Ricciardiello, che
parte da una semplice ma profonda intervista di Gianpaolo Cacciapuoti di
Calvizzanoweb sulla figura di Elisa Chimenti, emerge con forza la possibilità
di cambiare prospettiva: uscire dall’anonimato di “paese tra Marano e
Giugliano” per diventare un modello di civiltà, una città che prende posizione.
Non è solo una questione toponomastica,
non è solo una via o una piazza da intitolare. È una scelta politica, nel senso
più alto e nobile del termine.
Dedicare il cuore del paese a una donna
come Elisa Chimenti significa dire con chiarezza: noi stiamo dalla parte della
cultura, del dialogo, della libertà.
Significa anche dire: noi siamo contro
ogni forma di sopraffazione e violenza.
Calvizzano non è mai stata al centro degli
equilibri della criminalità organizzata, ma ha vissuto le conseguenze indirette
(scioglimento del consiglio comunale) di una presenza camorristica storicamente
radicata nei comuni limitrofi.
In passato (verso la fine degli anni ’80) ha
subito l’eco di dinamiche esterne che hanno generato insicurezza, disillusione,
chiusura.
Ed è proprio per questo che oggi ha più
che mai diritto di affermarsi come spazio di resistenza culturale e civile.
Le Istituzioni sono sane, ora occorre un
gesto forte.
C’è però un fatto, che rende questo
momento particolarmente favorevole e carico di senso: a Calvizzano il
sindaco e l’intero consiglio comunale sono composti da persone perbene, oneste,
corrette.
È una classe dirigente pulita, che ha
dimostrato responsabilità, equilibrio, rispetto delle istituzioni (le dinamiche
politico-amministrative e il rispetto dei programmi elettorali sono tutt’altra
cosa).
E proprio per questo, proprio perché non
c’è da riparare alcun danno morale o penale, è il momento giusto per fare un
passo in più: un gesto forte, chiaro, identitario.
Un segnale di civiltà e di coraggio
culturale, che dica con chiarezza: qui non solo governiamo onestamente, ma
vogliamo costruire una memoria nuova, e renderla visibile.
In un territorio dove troppe volte la storia ha premiato il potere e non il sapere, la figura di Elisa Chimenti può diventare il simbolo di un’identità vera, a partire dalla memoria.
Una donna colta, coraggiosa, meridionale,
capace di unire mondi e culture lontane.
Un’alternativa viva e nobile ai modelli
imposti dalla cronaca nera e dalla cultura del silenzio.
La proposta di intitolarle una piazza, una
via, un’opera pubblica, non è un gesto isolato, ma un atto culturale, capace di
riscrivere la narrazione pubblica di Calvizzano.
Non più solo “tra Marano e Giugliano”, ma
“da Calvizzano parte il cambiamento”.
Una dichiarazione di impegno: città contro la violenza sulle donne e la violenza di genere
Perché non andare oltre? Perché non
immaginare una dichiarazione pubblica e condivisa, in consiglio comunale o in
piazza, per affermare Calvizzano come “città contro la violenza sulle donne, di
genere e contro la criminalità”?
Un impegno formale, da parte di
istituzioni, scuole, associazioni, cittadini.
Un messaggio forte, soprattutto per i più
giovani: qui si sta dalla parte giusta.
Ci sono paesi che aspettano di essere
raccontati. E ci sono paesi che scelgono di raccontarsi in un altro modo.
Calvizzano ha davanti a sé un’occasione
concreta di diventare un laboratorio di civiltà, un esempio per l’intero
hinterland napoletano.
Con istituzioni oneste, cittadini attenti
e una comunità viva, non c’è più nulla da temere: solo da costruire.
Tutto può partire da un nome, da una
piazza, da una donna.
Per non essere mai più periferia della
storia, ma cuore di un’identità nuova, giusta e fiera.