Attentato a Sigfrido Ranucci, bomba distrugge le auto del giornalista di Report

 

“Questa notte un ordigno è stato piazzato sotto l’auto del giornalista e conduttore di Report, Sigfrido Ranucci. L'auto è saltata in aria, danneggiando anche l’altra auto di famiglia e la casa accanto. Sul posto carabinieri, Digos, vigili del fuoco e scientifica. La Procura di competenza si è attivata per le verifiche necessarie ed è stato avvisato il Prefetto. La potenza dell’esplosione è stata tale per cui avrebbe potuto uccidere chi fosse passato in quel momento”: questo il drammatico post pubblicato sul profilo social della trasmissione Report.

Ora alcune nostre considerazioni

Un attentato con esplosivo non può essere minimizzato. Non si tratta di una semplice intimidazione, ma di un gesto potenzialmente letale che avrebbe potuto causare la morte di persone innocenti. È un salto di qualità nella minaccia, che impone una risposta istituzionale forte.

La libertà di stampa sotto attacco? Se confermato il legame tra l’attentato e il lavoro giornalistico di Ranucci, ci troveremmo di fronte a un attacco alla libertà di informazione. Colpire un giornalista per quello che racconta significa cercare di mettere a tacere un diritto fondamentale in democrazia.

La necessità di cautela. In queste ore è fondamentale attendere le verifiche delle autorità competenti. La Digos e la magistratura dovranno chiarire motivazioni, mandanti ed esecutori dell’attentato, evitando speculazioni premature. La trasparenza sarà cruciale per mantenere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Solidarietà ma anche vigilanza. È doveroso esprimere solidarietà a Ranucci e alla sua famiglia, ma l’indignazione deve tradursi anche in una richiesta collettiva di protezione per chi svolge il mestiere di giornalista con impegno civile. Al tempo stesso, la politica e la società devono interrogarsi su un clima che, in certi contesti, può favorire l’odio e la delegittimazione di chi fa inchieste scomode.

Non banalizzare né strumentalizzare. Atti come questi non devono essere usati per battaglie ideologiche o partigiane. La condanna deve essere unanime, senza distinzione di schieramento, e deve servire a rafforzare le garanzie democratiche, non a dividerle.

In sintesi, serve equilibrio, ma anche fermezza. È un momento in cui le parole contano tanto quanto le azioni.

 

 

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