“Tre il numero perfetto”, un capitolo del nuovo libro di Pasquale Musella è dedicato al padre falegname: “La Bottega”

 

Pasquale Musella con suo padre, buonanima

Nel cuore silenzioso della memoria, ci sono luoghi che non smettono mai di esistere. Uno di questi è la bottega del padre, rifugio di legno e silenzio, dove il tempo sembrava fermarsi per lasciare spazio al ritmo paziente del lavoro, al suono regolare della sega, al profumo caldo del legno appena tagliato. In questo capitolo intimo e commosso, Pasquale Musella ci conduce dentro quel laboratorio d’infanzia, trasformando il ricordo in poesia, nostalgia e gratitudine.

“La Bottega” non è solo un luogo fisico: è il simbolo di un’eredità silenziosa, fatta di gesti quotidiani, mani callose, sguardi che alternano durezza e tenerezza. È lì che il padre, falegname esperto e uomo generoso, diventa figura mitica e concreta al tempo stesso, presenza forte e insieme inafferrabile. La narrazione, accompagnata da versi e da una canzone toccante, si fa canto del tempo rubato, quello che non si può più vivere ma si continua a sentire, come un’eco che resta impressa nei sensi.

Tra le pareti impolverate di quella bottega e il calore del camino, l’autore ci offre una confessione tenera e universale: il desiderio di rivedere, anche solo per un attimo, chi ci ha insegnato a leggere il mondo con le mani e con il cuore. Un padre che scolpisce il legno e, senza saperlo, scolpisce anche l’anima del figlio.

La Bottega”

Nella bottega di mio padre, un luogo magico e intriso di storia, la luce filtrava attraverso le finestre polverose, danzando sui trucioli di legno sparsi sul pavimento. Le sue grandi mani, callose ma gentili, si muovevano con una saggezza antica mentre modellava il pezzo di legno che, tra le sue dita, prendeva vita. Il suo sguardo era un mosaico di emozioni: a tratti duro, come il legno stesso che lavorava, a tratti dolce, come il ricordo di un sorriso. Io, piccolo osservatore, mi trovavo vicino al camino, dove il calore avvolgeva i miei pensieri e le mie fantasie. Lo guardavo in silenzio, rapito dalla sua arte. L’odore di legno, intenso e avvolgente, si mescolava con il fumo del fuoco e penetrava nei suoi vestiti, un profumo che avrei riconosciuto per sempre. Era l'inverno del 1980, e il mondo fuori si copriva con un mantello di freddo, ma dentro quella bottega, c’era un calore che andava oltre il tepore del camino. Era un rifugio, un laboratorio di sogni dove ogni colpo di scalpello raccontava una storia, e dove ogni pezzo di legno racchiudeva un’anima pronta a emergere. In quei momenti, il tempo sembrava fermarsi.

POESIA LA BOTTEGA

Nella bottega

Mio padre lavorava

Modellava il pezzo di legno

E lo sguardo duro e lo sguardo dolce

Ero vicino al camino

E lo guardavo

Mi piaceva quell’odore di legno

Che rimaneva impresso nei suoi vestiti

Era l’inverno del 1980

Mio padre, un abile falegname, aveva sempre un occhio attento per le novità. Amava circondare la nostra casa di oggetti che potessero migliorarne il comfort e la bellezza, cercando di rendere ogni angolo un rifugio accogliente. Era generoso di animo, ma per me sembrava una montagna da scalare, tanto era il suo impegno nel rendere la nostra vita migliore. Mio padre gestiva una bottega di falegnameria, un angolo incantato dove il profumo avvolgente del legno si intrecciava con il rumore ritmico degli attrezzi e il sussurro vivace della creatività. Ogni volta che la scuola finiva, il mio cuore si riempiva di gioia al pensiero di varcare quella soglia magica. Durante le calde giornate estive, quando il sole splendeva alto nel cielo, accompagnarlo al lavoro era un privilegio che consideravo un dono prezioso. Ricordo con nostalgia il suono rassicurante della sega che tagliava, il profondo fruscio della carta vetrata che danzava su pezzi di legno grezzo. Ero rapito dalla metamorfosi che avveniva sotto le sue mani esperte e sapienti: un semplice tronco, una materia inerte, si trasformava in opere d'arte, in mobili eleganti che avrebbero trovato dimora nelle case di persone che avrebbero apprezzato il valore del suo lavoro. Amavo l’odore del legno, la sua consistenza viva, il suo calore che sembrava raccontare storie di foreste lontane. Ogni pezzo, con le sue venature e i suoi nodi, svelava segreti antichi e io, come un apprendista curioso, imparavo a leggere tra le sue linee, scoprendo il linguaggio silenzioso che solo un falegname esperto come mio padre sapeva interpretare. Era un universo di pazienza e passione, in cui ogni giorno si presentava come un'opportunità per dare vita a qualcosa di unico e duraturo, un’eredità di bellezza che avrebbe superato il tempo. 

Il brano Tempo rubato interpretato da Fabio Izzo (cliccare per ascoltare)


TESTO CANZONE: TEMPO RUBATO

La spuma del mare mi accarezza la pelle

Penso a mio padre ed il pensiero vola

Lo ricordo nella sua piccola bottega

Con le sue mani lavorava il pezzo di legno

Lo ricordo mentre modellava la sagoma

Ero vicino mal camino e lo guardavo

Mi piaceva quell’odore di legno che rimaneva

Impresso sui suoi vestiti sulla sua pelle

E adesso adesso che è fuori tempo

Vorrei poter parlare con lui

Vorrei vederlo con il suo cappello

Adesso adesso che è fuori tempo

Vorrei che mi telefonasse ancora

Seduto fuori al solito bar

Mi basterebbe solo guardarlo da lontano

Senza dire una parola

Così come abbiamo sempre fatto

E lo sguardo dolce e lo sguardo duro


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