“Quelle donne forti”, dal libro “1925. Mia Madre”: la favola d’amore di Maria Mauriello sull’asse Calvizzano-Vico Equense

 

Maria Mauriello in una foto del 1942

“Quelle donne forti” è, a mio giudizio, uno dei capitoli più belli del romanzo dello scrittore vicano Franco Cuomo, figlio di Maria Mauriello, nata a Calvizzano nel 1925, trasferitasi a Vico Equense dopo il matrimonio con Mario Cuomo, conosciuto all’età di 14 anni durante una gita organizzata nel 1939 dal parroco di Calvizzano dell’epoca e si erano innamorati. Una donna eccezionale, una donna d’altri tempi, come lo era mia madre, Domenica Palladino, classe 1927,  ancor più conosciuta come "‘onna Minichina a sarta" (“una dolce donnina piscinolese”), che non è più tra noi (è deceduta il 2-12-2015). Ho provato una forte emozione, perché quelle “storie tenere e drammatiche” le raccontava spesso anche a me, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, allettata ma lucidissima. Ma la storia di Maria Mauriello è un crescendo di emozioni e sentimenti, perciò consiglio a tutti i lettori di calvizzanoweb di acquistare il libro di Cuomo: è un romanzo che si legge tutto d’un fiato (Mi. Ro.)

Quelle donne forti

“Mia madre era una donna bizzarra, con l’aria dolce di chi non sa, ma di chi ha subito sempre in vita sua e non s’aspettava niente di più: era una farfalla, quando

d’estate, scalza, con un vestito leggero e largo a fiori, girava per casa; era una passera, figlia di Angela passarella, il soprannome della madre che non stava mai in

casa. Mia madre era una donna dagli affetti primordiali, di atmosfere e fragranze copiosamente asperse in uno scenario drammaticamente contrastante e avverso.

La morte di papà la precipitò in un dolore sordo e inespresso, mia sorella stava spesso con lei e dormiva nel suo stesso letto, divenne la sua confidente e per fortuna che c’era. C’erano momenti in cui diceva di vedere tutto buio, si sentiva male, ma nessuno le diagnosticò depressioni o crisi di panico. Era una donna ancora giovane a cinquantatré anni e ancora bella, nata agli albori del secolo scorso, e racchiudeva in lei una rara collezione di storie declinate tutte al femminile: le tante storie familiari, ordinarie ed esemplari, tenere e drammatiche, approdate lungo la deriva sciagurata del ventennio fascista, e poi la guerra, i bombardamenti, gli stenti e il freddo, il cibo scarso, le interminabili attese, le notti insonni, l’urlo delle sirene, i rifugi antiaerei, per lambire infine, in un clima di nuova euforia, la rinascita economica e spirituale del secondo dopoguerra, che lei mi raccontava e che io ascoltavo e voracemente assimilavo e facevo mie in un parossistico gioco di identificazione. C’era tutto in quelle storie che lei mi raccontava, seduti alla nostra bella balconata di una casa che resterà sempre dentro di me”.

L’affresco di un paese disorientato e allo sbando, messo in ginocchio da due conflitti devastanti, attraverso i quali si muovevano donne sorprendenti e

anticonformiste, autorevoli e concrete, umili e riservate, inguaribilmente romantiche ma senza smancerie e soprattutto coraggiose: la mamma Angela, ovvero mia nonna, la sorella Teresa, zia Nannina sorella della nonna, sempre pronta ad aiutare nei momenti difficili, zia

Maria sorella del padre, nonno Antonio, dove mia mamma stava come in una sua seconda famiglia, forse la vera. Donne forti, autorevoli, indipendenti. Donne che ignare e spregiudicate infrangevano le regole dominanti e precorrevano i tempi. Un caleidoscopio disincantato, necessario e vigile di un’Italia taciuta, spesso imbarazzante e scomoda, sacrificata alla ragion di Stato e per lo più negata".

Franco Cuomo

 

 

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