Calvizzano, Chiesa San Pietro: nel 1955 venne rifatto il vecchio tetto putrido e cadente. Ma fu abbandonata la casetta dell’eremita Fra Massimo dove erano accolti alcuni anziani e bisognosi.

 

Don Giacomo Di Maria: il 24 giugno scorso è ricorso il 26esimo anniversario della sua morte 

Il 10 febbraio 1955, come si rileva dall’archivio storico parrocchiale, il Card. Marcello Mimmi veniva in Santa visita alla parrocchia S. Giacomo Apostolo in Calvizzano. Dopo la celebrazione della Messa nella chiesa parrocchiale, si diresse con grande sollecitudine nella zona di San Pietro. Appena entrò nella cappella, davanti allo squallore della chiesa, esclamò: “Mi viene il desiderio di dare l’interdetto” (proibizione di celebrare la Messa e azioni sacre).

Questa espressione, nel suo significato, venne recepita e accolta dal cappellano don Peppino Cerullo, il quale subito si mise all’opera per restaurare il luogo sacro. Le offerte del popolo rurale e di quello cittadino con un contributo del Fondo Culto (300mila lire) bastarono per iniziare i lavori. Il 13 giugno 1955, con gli operai Gala Carmine e Grasso Vincenzo, si smantellò il tetto, si abbatterono le travi in legno, tra le quali si annidavano molti serpenti, che già prima piombarono, una volta dal soffitto ligneo, accanto al sacerdote cappellano don Peppino Cerullo mentre celebrava la Santa Messa domenicale. Che impressione! Quanta paura!

I contadini subito colpirono i serpenti e fu una vera “serpeficina”.

Il nuovo soffitto con putrelle di ferro, tabelloni ed intonaco, venne a sostituirsi al vecchio putrido cadente soffitto di legno.  

Anche l’ing. Riccio diede validi suggerimenti. Al posto del precedente pavimento di pietra fu collocato uno di mattonelle grigio nero.

Fu chiuso e coperto il cimitero sottostante. Si conservano in parrocchia due epigrafi: per le sorelle e i fanciulli “CONDITORIUM INFANTIUM”.

Questi furono i primi lavori essenziali, ai quali se ne aggiunsero altri: la tinteggiatura interna delle pareti e il restauro delle statue di San Pietro, S. Aspreno, S. Antonio Abate, opera del pittore prof. Ottavio Liccardo.

Iniziò un periodo nuovo per la Cappella di san Pietro. Nell’anno 1971, per la intraprendenza di Mimì Sabatino e la tenacia di Gennaro Cavallo, mentre era sindaco al Comune il dott. Alfredo Revenaz furono fatti altri lavori: l’impianto elettrico, la sistemazione di nove candelabri della Chiesa Santa Maria delle Grazie (la sede della parrocchia S. Giacomo Ap.), intonaci più moderni (granigliate) ed altri ammodernamenti, come l’altare verso il popolo con pochi marmi ma pregiati, donati dall’Arc. Card. Castaldo, per interessamento del cappellano don Cerullo.

Fu abbandonata, però, la casetta dell’eremita Fra Massimo (la quale era addosso alla chiesa di San Pietro) dove erano accolti alcuni anziani e bisognosi.

Per eventi atmosferici e a causa del terremoto, ma soprattutto per l’incuria, i locali annessi alla chiesa, diventati ruderi e fatiscenti, furono del tutto demoliti.

Fonte pubblicazione su San Pietro dello storico don Giacomo Di Maria     


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