Nel ventre di Napoli

 


Leggendo il libro più famoso di Matilde Serao, "Il Ventre di Napoli", alcuni anni or sono, ho paragonato la città di allora alla mia Leonida che ho sognato in una notte dell'inverno scorso. Ricordo faceva freddino e mi coprii fino alla testa per riscaldarmi alla meglio. Una voce sommessa mi destò: So che in questo periodo sei triste perché sei solo. Ti faccio compagnia se vuoi? Disse lei. Io non seppi cosa risponderle, la guardavo con attenzione, ma dalla bocca usciva solo fiato freddo. Io sarò la tua donna, tua madre, la tua città. Oddio, ma questa cosa dice, ripetevo tra me. Aveva un fascino particolare sembrava bella ma non lo era, era piena di rughe, il volto luminoso come quando un raggio di sole lo sfiora di traverso. Una capigliatura folta, capelli ricci quasi, molti dei quali argentei. Bella formosa, un ventre prosperoso di gravidanze come chissà quante creature negli anni lo avevano attraversato per venire al mondo. I miei occhi lacrimanti iniziarono a farlo insieme a quelli di lei, mi tenne le mani e iniziò a raccontarmi di una sirena. La interruppi proferendo il nome di Matilde, ella, poi, mi accarezzò il capo e disse: domani, al risveglio, scrivi le parole che ora ti dirò. Caddi in un sonno profondo. Il gallo che da anni mi rompe le scatole iniziò a cantare alle solite cinque del mattino. Il sole pallido faceva fatica ad attraversare le fessure della tapparella, ma mi svegliai comunque. Sul comodino, alla mia sinistra, trovai una penna e un foglio bianco senza alcunché di scritto sopra. All'improvviso ricordai il sonno e quello che la donna mi aveva detto. Ma cosa avrei dovuto scrivere? Forse quello che segue qui nella poesia? Non lo saprò mai e nemmeno voi. A meno che... Non è proprio quello che ho scritto.

Donna Leonida 

di Carmine Cecere (2023)

Donna Leonida

Sapeva tutto,

Del tempo bello,

Del tempo brutto.

Dell'amore

Non ne parliamo,

Conosceva ogni mistero,

Ogni sottile arcano.

Aveva amato, sì

ma anche odiato.

Si era data, sì

Perché l'amore è dare.

E tutto era lì,

tra le rughe del suo volto,

tutti i secondi, i minuti,

Le ore, la disperazione.

Non mancava niente,

E lo dicevano quei fili d'argento,

Tra altrettanti fili neri

Della sua ancora folta chioma.

Dita affusolate

E unghie da leonessa,

Antica e bella,

Signora e vaiassa.

Più che donna

Era femmina,

E mi scioglievo nei suoi occhi,

E lei perduta dentro ai miei.

Donna Leonida

Sapeva tutto,

Che il tempo è liquido

E non si può plasmare.

È scevro da ogni forma,

Non ha geometrie di sorta,

È sentimento astratto,

L'incognita dietro una porta.

E tutto è tutto,

Come il nulla è niente,

Come l'amore non dato,

Ma che ancora amore è.

(Sopra: Matilde Serao, foto tratta da Wikipedia) 

 

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