Pater Noster, lettura alternativa e psicologica della più conosciuta preghiera cristiana

                                                     

Questo tentativo di lettura della preghiera fondamentale del Cristianesimo va inquadrata da un punto di vista non esoterico ma si badi: “essoterico” nell’accezione più alta e aristotelica dell’etimo. Quindi, a dispetto della scarsa o pressoché nulla religiosità del sottoscritto, il tentativo cerca di far luce innanzitutto a me stesso, non certo avvezzo alle conoscenze anche esoteriche del significato nascosto e fondamentale delle parole di questa preghiera che, se ben assorbita, è un potentissimo “mantra interiore” capace di connettere la Coscienza di chi prega profondamente, al Divino e di suscitare l’estasi propria della parte più misteriosa e immutabile dello Spirito che ci anima. La preghiera, composta di 7 passi (numero dal significato importantissimo) ha una struttura a “scrigno” stretta tra due periodi che racchiudono il cuore centrale della stessa,  quello che custodisce il vero messaggio che Gesù volle esplicitare anche se, ben pochi tra quelli presenti al momento della rivelazione della preghiera ne compresero la reale potenza noi compresi: (Dacci oggi il nostro pane quotidiano,  / e rimetti a noi i nostri debiti  /come noi li rimettiamo ai nostri debitori,)

1 – Padre nostro, che sei nei cieli,
Il Padre e non padre, non è mio o tuo ma nostro. Non si può pensare di rivolgersi al Divino in quanto individui singoli. Lo Spirito del “nostro Padre celeste” è un patrimonio d’illimitata potenza e bellezza che non ci permette di comprenderne lo spessore e il significato. Una sola persona, se nella preghiera dicesse: “Padre mio che sei nei cieli”, non riuscirebbe a stabilire quel contatto necessario con la mente creatrice perché il flusso energetico di colossale portata del Divino non sarebbe nemmeno sfiorato dal nostro infinitesimalmente piccolo tentativo. Quindi è a nome di tutto il complesso vivente (animale e vegetale) che si deve parlare ed essere uniti in un UNICUM collettivo. La radice della parola “padre” è la stessa di “pane”, nutrimento, sostentamento ma anche frutto dello sforzo del mio lavoro (guadagnarsi da mangiare).

2 – sia santificato il tuo nome,
Il nome, è l’unico modo che abbiamo per concepire oggetti e soggetti. Nella nostra mente non esisterebbe costrutto se non esistessero i nomi. Il complesso lavoro sinaptico e creativo di una mente è dovuta solo ed esclusivamente all’esperienza associativa di un volto o di una forma con un complesso di segni codificati e a noi noti. Il linguaggio ci differenzia da altre specie viventi, questo non significa che le mosche o gli alberi non hanno un codice ma che ci è inaccessibile. Quindi la santificazione del nome di Dio non passa attraverso una siffatta celebrazione dello stesso che, ci è sconosciuto ed è bene che resti così ma, del nome dato a ogni animale e cosa sulla Terra così come il Divino prescrive: "Dio, il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l'uomo gli avrebbe dato” Genesi: 2;18;24] Sia santificato in tuo nome significa conoscere la natura delle cose, Dio comanda di dare il nome alle cose e agli animali per conoscerli carpirne l’essenza! Non esiste il pensiero, se non esistono le parole. Non individueremo mai la realtà percepita senza dare nomi alle cose.
3 – venga il tuo regno,
Venga il tuo regno ora!  Adesso che siamo in vita non possiamo pensare di andarci dopo la morte, allora avremo uno stato diverso e immune da tentazione e devianze quindi la partita si gioca ora. Il Regno di Dio non arriva da lontano, dalle profondità dei mondi a noi inaccessibili ma spunta sotto forma di scintilla dentro noi. Il tempio dove si celebra la venuta del Regno divino siamo noi stessi, sono le vastità della nostra Coscienza e tutto quello che osserviamo e focalizziamo, è il Regno del Divino. “Gesù disse: Se coloro che vi guidano vi dicono: Ecco il Regno (di Dio) è in cielo! Allora gli uccelli del cielo vi precederanno. Se vi dicono: E’ nel mare! allora i pesci del mare vi precederanno. Il Regno è invece dentro di voi e fuori di voi.” [Vangelo di Tommaso]
4 – Sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in Terra

Il “FIAT VOLUNTAS TUA” significa che senza volontà nulla ci è permesso e tutto ci è precluso. Volontà significa fare, non parlare, agire, non pensarci su nemmeno per un attimo, dobbiamo ferirci, graffiarci scorticarci d’impegno e sacrificio senza requie aiutando l’altro, tendere la mano, sempre. La volontà invincibile di portare conforto, aiuto, appoggio sempre e comunque deve guidarci! Come credete che si faccia la “Volontà di Dio?” rinchiudendosi tutti insieme a ripetere sempre le stesse formule? Senza quel processo evolutivo e volontario di perfezionamento della nostra coscienza, non potremo accedere al cospetto della mente creatrice, poichè essa, è una forma di energia dalle proporzioni inimmaginabili. È come avvicinarsi a un fuoco senza averne i giusti mezzi, ne saremmo travolti e inceneriti. L’espressione “come in cielo così in Terra”, racchiude in sé la consapevolezza dei molteplici Universi che consistono nel creato. Esiste un’equiparazione tra la nostra dimensione e quella di altri mondi. Dio non è soltanto nostro. Altri esseri viventi ne condividono l’essenza.

5 – Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

Qui tutto si riaggancia al primo verso: il Padre è il pane, la ricompensa per il “lavoro svolto” con impegno e abnegazione. Questo verso ha una doppia natura: ottenere il pane ogni giorno significa avere la “Grazia di Dio”. Cioè essere in relazione con lui. Gesù non ha mai pronunciato una sola parola dal significato e scopo semplici o banali, dietro ogni  sua sillaba, si cela un misterioso e potentissimo messaggio che va capito, decodificato e assorbito. Tempo dopo, Egli intese saldare questo verso con l’atto più significativo che lasciò ai discepoli: Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo”. [Matteo: 26,26-29] la simbologia di questo passaggio non è certamente “teofagica”, il messaggio cristico è: “Assimilate voi stessi alla Sostanza divina”. Create in voi la casa del Signore e lasciatevi pervadere dal suo respiro”.



6 – e rimetti a noi i nostri debiti,
come noi li rimettiamo ai nostri debitori

Il debito è la vita che ci è data attraversare, in sé non avrebbe un granché come significato se non fosse quella che è: Una parentesi nel nostro eterno girare di esistenza in esistenza finchè non siamo pronti, adatti e capaci di lasciarci avvicinare dalla presenza divina. Quindi, abbiamo contratto un debito nei Suoi confronti non perché, (sebbene la questione ancora oscura e molto misteriosa della nascita delle anime, il Cristianesimo non ce ne parla ma chi scrive è convinto che siamo scintille piccolissime in “caduta libera” intorno al “Fuoco primario, eterne e ingenerate”) ma per la possibilità di perfezionamento che abbiamo avuto. Il perfezionamento dell’Anima, o Coscienza, è il più grande regalo che potessimo ricevere. Che ce ne faremmo di un’esistenza eterna lontana da “Lui”? Quindi come possiamo sdebitarci?  Mettendoci al servizio di chi ha bisogno, migliorando la sua vita in modo tale da renderlo migliore e più giusto a sua volta alla causa comune di tutti noi e così facendo… sdebitarci.

– e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.

La tentazione non proviene da figure maligne ma dalla nostra stessa natura, composta di spirito e materia. Lo spirito non è di questo mondo, la materia sì. Il dissidio che intercorre tra i due è l’eterna lotta individuata anche nel concetto gnostico di Spirito (Paradiso) sopra materia (Inferno) o di “Eros e Thanatos”, oppure come nelle tesi dottrinali zoroastriane di “Verità e Menzogna”. Come gli “Yin e Yang” della cosmologia taoista. Noi passiamo la vita a combatterci se dobbiamo o no essere solidali, caritatevoli, altruisti, non attaccati al mondo. Intanto il tempo va e rimandiamo sempre all’infinito le cose buone che possiamo fare, le buone azioni, quelle che recano sollievo al prossimo, sono sempre perennemente sotto scacco della materialità, delle leggi di questo mondo: “Chi me lo fa fare di aiutare costui? Sarà riconoscente poi?” Questo è il male che ci invade. Liberarsi di ogni CUPIO DISSOLVI: “Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.” [Paolo:  lettera ai Filippesi 1, 23-24]. Infatti, dopo la morte fisica, sembrerà assurdo ma “ci liberiamo dal male”. Ci liberiamo dalla condizione della materia. La formula è stata recentemente rivista dal Vaticano che con questa nuova frase: “e non abbandonarci alla tentazione” intende sottolineare la mancata volontà di Dio di “tentarci”. Egli ci ama e quindi non tenterà la nostra coscienza. Il discorso è superfluo. La tentazione altro non è che la nostra stessa esistenza, è vivendo questa vita che siamo in perenne pericolo. L’ultimo verso non esorta a farci morire ma a migliorare la nostra Coscienza quando siamo ancora in salute e in vita. È questo il momento per agire, non dopo.
Amen
La parola “Amen” non è latina, nè greca ma ebraica di tradizione orale e tramandata dalla notte dei tempi dai Padri masoreti (custodi della mesorah, cioè tradizione) essa è intimamente interconnessa all’etimo: “educazione”. Tutto quello che si chiude con Amen ci esorta a educarci, a sapere a conoscere. Senza conoscenza, non c’è salvezza. Ma rimanda anche al termine sanscrito “Om” () formula di apertura e chiusura dei testi sacri vedici dell’induismo. Valido anche, se pronunciato 21 volte come mantra per invocare gli spiriti celesti per la rimozione degli ostacoli frapposti sulla strada della crescita interiore. Fu usata anche dagli egizi, che diventa “Amon” il dio del mistero. La luce nel buio. Il celato che si mostra.
Enzo Salatiello

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