La morte di Gennaro Carandente nel tugurio di via Vittorio Emanuele 20, le riflessioni di un 19enne “innamorato” di Calvizzano

 “Anche noi giovani abbiamo diritto a dire la nostra, specialmente in un’ambiente come quello di Calvizzano in cui i giovani sembrano proprio essere dimenticati”


Non sono solito commentare post o alimentare polemiche, mi limito spesso a leggere e a stupirmi per il tanto odio e l’immensa rabbia che costantemente le persone riversano su diversi gruppi.

Nella serata di ieri mi imbattevo nella lettura del post di un uomo sul gruppo “Sei di Calvizzano se…”, ho meditato tanto su quanto le mie parole potessero interessare e servire, poi mi son detto che forse anche noi giovani abbiamo diritto a dire la nostra, specialmente in un’ambiente come quello di Calvizzano in cui i giovani sembrano proprio essere dimenticati.

Ho solo diciannove anni e sono follemente innamorato del mio paese, tanto da farmi prendere in giro dai miei compagni per lo sfegatato “patriottismo” e per la continua pubblicità che faccio alla mia Calvizzano. Ogni angolo di questo paese è impresso nel mio cuore e in quasi ogni via è nascosto un ricordo, ricordo le case abbandonate, i balconi cadenti, i volti, gli sguardi, ricordo Gennaro…

Ecco proprio per Gennaro era stato scritto e pubblicato il post di cui vi parlavo prima, per denunciare, in modo suggestivo e poetico, il “degrado” in cui viveva attaccando con facile rabbia il comune e la Chiesa.

Riflettevo, la descrizione delle condizioni di vita di Gennaro, operata dall’autore del post, è estremamente dettagliata, inquisitoria, è come se questo si ergesse a giudice severo e giusto capace di condannare le mancanze delle istituzioni e degli uomini, capace di stabilire quanto di giusto o sbagliato questi abbiano fatto.

Penso che fino a quando il modo di fare degli abitanti di questo paese, o quantomeno della maggior parte di esso, sarà questo le speranze che Calvizzano si evolva e migliori restano pochissime.

Credo che se ognuno di noi, anziché porsi come giudice, facesse secondo le sue possibilità gli interessi della collettività;  se ognuno di noi fosse capace di sporcarsele le mani, e non solo metaforicamente; se ognuno di noi entrasse in un negozio appena aperto per fare gli auguri e acquistare qualcosa; se ognuno di noi cominciasse a non polemizzare per le panchine colorate o per le luci di Natale; se ognuno di noi cominciasse a capire che il cambiamento non dipende solo dalle istituzioni e che tutti siamo in egual misura responsabili  non della morte, ma della vita di Gennaro, beh vi assicuro che Calvizzano sarebbe un paese migliore, il paese nel quale mi auguro di restare e per il quale spero che la mia generazione si impegni perché possa arrivare ad essere elevato, culturalmente, moralmente, economicamente e socialmente.

Le vere “Lacrime di coccodrillo” sono quelle di un uomo che condanna tutti coloro che sapevano e non hanno agito, eppure a saperlo era lui prima di tutti…

Francesco Sabatino

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