UN “PADRE NOSTRO” E UNA “AVE MARIA”
EXPRESS!
Qualche anno fa, un mattino d’inverno, pochi minuti
dopo le otto, uscivo dal tabaccaio a Calvizzano. Con una “stecca” di sigarette
sotto il braccio e un accendino in omaggio mi avviavo sul breve percorso che
portava al parcheggio di via Galiero. Un conoscente mi salutò ed esclamò: “Uè
Veciè ma che ffai? ?’E ccuminciato a
fumà n’ata vota?”. Sorrisi e salutai senza rispondere alzando la mano. Le
sigarette erano per mio padre, malato e stanco, prigioniero di un tabagismo
cinquantennale che lo aveva portato a una demenza devastante. Voleva ancora
fumare, io facevo il “bravo pusher” e gliene davo 5 o 6 al giorno, rispetto
alle 30 che voleva lui era già un buon passo. Quando fui sotto il portone che
immette verso il parcheggio mi sentii chiamare: “Salatiè aspetta dove vai?”.
-“A Casa vado di fretta e…”
-“No! Che fretta? Stai qui un minuto insieme a me”.
Era don Luigi Ferrillo, veniva dalla prima messa dalle suore.
-“Recitiamo un paio di preghiere veloci insieme, su
comincia con me: Padre nostro…”. Io mi ritrovai a braccia aperte a recitare
insieme al nostro parroco un “Padre Nostro” e una “Ave Maria”, tutti e due lì,
sotto quell’androne vecchio. Passò in quei brevissimi secondi di nuovo quel
conoscente che si voltò e restò di stucco, guardò e andò via senza parlare ma
molto sorpreso. Terminammo le preghiere e mi salutò. Andò via così come faceva
lui, con calma e le mani dietro la schiena. Io non sono mai stato uno splendore
di fede, anzi, h sempre avuto i miei bravi dubbi sui Testi Sacri e su tutta la
sostanza teologica cristiana. Non mi reputo un ateo, ai quali contesto spesso
la loro visione “ecumenica” nel voler affibbiare agli altri la loro esperienza
del mondo. Ma don Luigi conosceva bene i miei dubbi. Ci conoscevamo e raramente
parlavamo ma quelle poche volte erano discorsi molto proficui credo. Io penso
che lui volle un po’ “farmi entrare in casa sua”. Ospitarmi senza nessuna
pretesa. L’arma potentissima che impiegò fu quella di un invito a un’azione
sicuramente non nociva o offensiva nei confronti di nessuno, non mi parlò di
nulla, non voleva convincermi ma portarmi insieme a lui in una piccola ma
riuscitissima meditazione. Lo vidi l’ultima volta, malato, mi salutò con una
mano stringendo la mia, in modo sereno e silenzioso. Accennò a un sorriso.
Credo sia questa l’unica vera arma del cristiano, non volerti per forza
convincere ma allo stesso tempo, invitarti “alla sua tavola”.