Personaggi che hanno dato lustro a Calvizzano, Giuseppe Ruggiero: “Storienapoli.it” ha dedicato un bellissimo articolo a “Peppe ‘a frizione” il più grande pilota napoletano di tutti i tempi
Il fondatore del sito “Storie di Napoli” Federico Quagliuolo: “bisogna ringraziare Leila Ruggiero e Domenico Rosiello di calvizzanoweb, se la memoria di Giuseppe Ruggiero è ancora viva
Era soprannominato “Peppe ‘a frizione” ed era uno dei più famosi piloti di auto sportive dei suoi tempi. Oggi di Giuseppe Ruggiero si sa molto poco e la sua memoria è custodita gelosamente solo dalla figlia e dai pochi amici ancora in vita che l’hanno conosciuto nei tempi d’oro. È una beffa terribile per la storia del personaggio che fu definito addirittura “il più grande pilota napoletano di tutti i tempi” dalla rivista Cronosport.
Era un
geniale figlio di Calvizzano e diventò uno dei pionieri
dell’automobilismo sportivo italiano, quando le gare erano disputate
su circuiti cittadini (e Napoli aveva il suo a Posillipo!) fra
asfalto dissestato, norme di sicurezza inaccettabili per qualsiasi standard
moderno e automobili artigianali, tanto
belle quanto pericolose e
indomabili, che rischiavano di prender
fuoco al primo incidente.
Giuseppe era
proprio così: grintoso, divertente,
spericolato. Amava il brivido di un sorpasso ed
affrontava le curve con tecnica eccellente, facendo strazio
di frizioni proprio a causa della sua guida eccessivamente allegra. Da qui il
suo soprannome. Si trovò a
gareggiare negli anni ’50 contro
gli dei dell’automobilismo italiano, da
Tazio Nuvolari ad Alberto Ascari, senza dimenticare un altro
napoletano, Giovanni Rocco.
Nato
assieme ai motoriGiuseppe Ruggiero e Maria Teresa De Filippis sulla Urania 750
Si può dire che
Giuseppe Ruggiero sia nato assieme alla passione per l’automobile in Italia. Era
il 1913 e le quattro ruote erano ormai diventate qualcosa di
più che un giocattolo per ricchi e lentamente si
facevano strada fra le classi più abbienti che potevano
permettersi un mezzo per gli spostamenti veloci.
Ruggiero era un figlio di una antichissima famiglia di Calvizzano,
un comune della provincia napoletana schiacciato fra Giugliano, Mugnano e
Qualiano. Attorno a Napoli la vita era fatta per lo più di agricoltura,
pane e preghiere.
Per i più poveri l’unica strada era il seminario: solo così abbiamo
potuto conoscere cervelli magnifici come quello di Gennaro Aspreno Rocco e San Gaetano Errico. Per le famiglie più
abbienti come i Ruggiero, la strada più comune era invece quella
della Giurisprudenza, fra notariato, avvocatura e magistratura.
Ma della chiesa e della legge il buon Peppe non ne voleva sapere nulla: la
sua passione era la meccanica. E tutta la vita la spese a studiare
i motori per poterci lavorare su e poi guidarli.
Giuseppe
Ruggiero e una passione per ricchi
Fu dopo la II Guerra
Mondiale che la carriera di Ruggiero spiccò il volo, complice anche il
boom dell’automobile. Le corse degli anni ’50 rimanevano cose
per ricchi o per mecenati. Chi correva era chiamato “incosciente”
o “pazzo” dalla famiglia: ogni pilota sapeva che in ogni momento si poteva
diventare invalidi a vita o morti: non esistevano tute,
protezioni o sistemi di sicurezza. Si viaggiava con una maglietta,
guanti, un elmetto e gli occhiali. E i premi in denaro erano
davvero miseri!
Le gare di Gran Turismo erano però un’occasione di festa:
colleghi e avversari si radunavano prima e dopo le competizioni, stringendo
amicizie che collegavano tutte le regioni d’Italia. Spesso ci si
ospitava a vicenda nelle proprie case o si alloggiava presso gli Auto
e Moto Club in occasione di gare in trasferta. Ed era immancabile la
serata in osteria fra amici di tutte le scuderie: era
quasi un’offesa ritirarsi a casa dopo la gara.
Le auto da corsa erano
per lo più modelli costruiti in modo artigianale da tecnici e
appassionati, da Abarth a Zagato, partendo da automobili commerciali. Un
po’ come oggi accade con la passione delle auto truccate in
Inghilterra e in Germania.
Ruggiero cominciò a gareggiare così nella Mille Miglia del
1940 con un’Alfa Romeo 3200 del 1939, macchina che continuò ad
usare per 8 anni con buone fortune. Un’eternità, se si guarda con
l’occhio dei tempi moderni.
Dopo l’armistizio ricominciò la sua carriera
nella “Coppa Posillipo“, una corsa da Mergellina a
Bagnoli passando per la tortuosa strada di Coroglio. La vinse a mani basse con
quell’auto sopravvissuta anche alla guerra. Di lì, continuò un filotto
di trofei regionali, fra Campania, Toscana e Puglia. Almeno finché non
gareggiò assieme a Tazio Nuvolari a Bari, dove arrivò quinto.
L’amicizia
con la prima donna pilota
Fu proprio a Napoli,
nelle numerose gare amatoriali, che conobbe Maria Teresa De Filippis, più giovane
di 14 anni. Era una giovane nobildonna dalla personalità travolgente che,
rinnegando l’intera storia di famiglia, spese quasi tutto il suo
patrimonio in automobili e benzina. Aveva un solo obiettivo: la vittoria.
E lo fece acquistando un’automobile usata, una Maserati A6GCS,
che era un’auto considerata imbattibile. E anche quando diventò
vecchia, rimase comunque competitiva anche contro vetture
molto più potenti e blasonate.
Giuseppe Ruggiero e
Maria Teresa De Filippis, forse anche grazie alle comuni origini
ribelli, strinsero una stretta amicizia e corsero assieme
in molti gran premi italiani, dalla Targa Florio in Sicilia (che finì con un
brutto incidente e un braccio rotto) ai circuiti delle
Dolomiti: lui era il copilota, lei la guidatrice. E viceversa.
Anche questo fu un fatto strano: in uno sport forse ancora più
maschilista del calcio, correre contro una donna imbarazzava gli altri
concorrenti, timorosi di perdere la dignità in caso di
sconfitta. Peppe decise invece addirittura di fare team con la sua
conterranea.
L’ultimo
trofeo
Si ritirò
dall’agonismo negli anni ’70, quando ormai il corpo di un
cinquantenne non garantiva più i riflessi e la reattività giusta per
fare quello stacco di frizione che lo aveva reso famoso in
gara per lo spettacolo che dava e ai box per i dischi
bruciati. E poi c’era la moglie, che ad ogni gara tremava
nell’immaginare suo marito in ambulanza, cosa che purtroppo accadde in
Calabria, con un incidente che gli compromise
gravemente i polmoni.
Peppe ‘a Frizione morì nel 1981 a 68 anni, lasciando una
figlia giovanissima e una moglie che, più tardi, sarebbe divenuta nota
nel suo paese come poetessa.
Il suo funerale
fu l’ultimo trofeo di una carriera senza campionati
mondiali e bacheche ricche, ma piena di passione e amicizie in
uno sport che all’epoca era frequentato da gente ricca e amante del brivido.
L’intera Calvizzano affollò la chiesa per salutare il pilota. Trovarono posto
al funerale anche i suoi amici conosciuti sul
circuito, gli avversari e gli ex compagni provenienti
da ogni regione d’Italia.
Oggi la moglie ha 91 anni e la figlia non vive più in Italia: dal padre ha
ereditato l’amore per le automobili e il temperamento grintoso
ed allegro. Ha però promesso alla madre di non incominciare la
carriera da pilota, altrimenti la povera signora sarebbe davvero morta di
crepacuore! Probabilmente solo per questa ragione oggi non si parla di
un’altra campionessa di Calvizzano. Una città che oggi rischia
di dimenticare le avventure di Giuseppe Ruggiero.
Bisogna
ringraziare Leila Ruggiero e Domenico Rosiello, autore di Calvizzano Web, se la memoria di Giuseppe
Ruggiero è ancora viva. Merita di essere ricordata in una targa.
Dalla pagina facebook di Federico
Quagliuolo