”Mostro di Cemento”, è un’opera d’arte il libro del calvizzanese Antonio Pipolo: descrive la vita all’interno del carcere, un racconto che coinvolge emotivamente
“Magico guerriero, in sella al tuo destriero,
in contro un nuovo giorno vedrai morire questo maledetto MOSTRO DI CEMENTO.
Sconfitto, superato, oltrepassato, clamorosamente seppellito”
“Mostro di Cemento”, il libro pubblicato nel 2015
dalla casa editrice, “Sillabe di Sale” di Condove (To), è un’opera d’arte: lo
ha dichiarato lo scrittore toscano Fabio Corvini a una radio toscana, durante
una trasmissione dove si parlava del romanzo, per buona parte autobiografico,
di Antonio Pipolo, calvizzanese, 37 anni, dieci dei quali trascorsi in galera. Pipolo
racconta sostanzialmente qual è la
verità del carcere: il dividere la cella con un compagno di un altro paese; il
rimanere lontano da quelle che sono le risse; il comportamento con i secondini,
l’ora d’aria; come ci si comporta all’interno di alcune strutture come la
mensa, quando tutti si ritrovano assieme; l’incontro con le famiglie, insomma tutte
dinamiche a noi sconosciute.
“Ho conosciuto e incontrato persone di ogni genere dalle più buone alle più spietate, ma a tutte queste devo solo saper dire grazie perché ognuna mi ha insegnato qualcosa, in particolare quelle che hanno avuto la sensibilità e l’intelligenza di andare oltre”
Ma chi è questo “Mostro di Cemento”?
Può essere interpretato in tanti modi, come ha
dichiarato alla conduttrice radiofonica Corvini, tra l’altro anche educatore e
volontario: “è l’”involucro” dove è carcerato l’ autore del libro, che, a modo
suo, mette allo scoperto tutto quello che è la vita all’interno di questa
struttura, ma il “Mostro di Cemento” è anche qualcosa che riguarda l’anima, il
pensiero, un po’ scontato, della gente che vede il carcere sempre come un’ombra
grigia rispetto a quello che dovrebbe essere la normalità di una persona. Non è detto che se uno è carcerato non debba
più avere la possibilità di rifarsi una vita, di poter arrivare a ricostruirsi
e ricostruire quello che magari aveva creato un poco prima”.
Insomma, a chi ha pagato per gli errori commessi
bisogna dare una seconda possibilità.
Pubblicare il libro di un autore detenuto è stato
abbastanza complicato, come ha chiarito l’editore Piero Partiti nella stessa
trasmissione radiofonica, “perché bisogna chiedere il permesso a tutte le
strutture carcerarie, al Giudice di Sorveglianza, ma, dopo un anno e mezzo, ce
l’abbiamo fatta. Non ho voluto toccare una sola virgola del testo di Antonio –
ha aggiunto l’editore – per non modificare in alcun modo quella che poteva
essere la sua testimonianza”.
“Nella vita , penso che, per essere rispettati bisogna in primis saper rispettare e non tradire, non bisogna mai basarsi su un’apparente bontà, perché anche il più buono, se stuzzicato, può divenire la persona più spietata”.
E’ un bel libro quello di Antonio Pipolo (il giovane scrittore sta già pensando a un secondo romanzo) davvero emozionante in ogni sua parte: vi consigliamo di leggerlo e di farlo leggere. Nonostante sia stato pubblicato nel 2015, l’ultimo anno di carcere di Antonio, è ancora di grande attualità: basta ordinarlo presso la casa editrice “Sillabe di Sale” (il link: http://sillabedisale.it/shop/narrativa/mostro-di-cemento/)
Doppia prefazione: una a cura di Giorgia Catalano, l’altra
a firma Andrea Renaldi. Sulla quarta di copertina sono riportati alcuni versi del
grande cantautore scomparso Fabrizio De
Andrè che, nella sua vita artistica, si è occupato anche dei carcerati, spesso protagonisti delle sue
canzoni: “Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti”.