Chi ha paura del postino!



Ne ha paura chi è stato spinto verso una miseria iniqua e ha all’orizzonte un futuro incerto e di abbandono; ne ha paura chi da anni lotta per un lavoro e poche mura; ha paura chi conosce bene la strada del Banco dei Pegni; ha paura chi vive di misera pensione e carità; ha paura chi è precario ed è sempre ai limiti della sopravvivenza.
Del postino ha grande paura chi è senza risorse, soggetto debole e vulnerabile, destinato sempre e comunque a perdere, al quale più che la miseria, fa male l’umiliazione. Il popolo minacciato ha poche speranze di salvezza e chi si accanisce contro di esso è lo stesso che dovrebbe condurlo da Buon Padre di Famiglia, il quale conosce bene che “all’impossibile nessuno è tenuto”: l’equità è rimasto solo un sostantivo. Ormai questo Buon Padre di Famiglia ha assunto il volto truce e patibolare del giustiziere. Chi ha paura del postino! Io tra tanti, uomo mite e mediocre.

Chi si occupa dei nuovi poveri?

Una donna di circa cinquant’anni, madre di due figli di 14 e 16 anni, resta improvvisamente vedova: il marito lavorava nei cantieri come muratore a nero e lascia la famiglia sul lastrico. L’anno scorso, davanti all’Ufficio Servizi sociali del Comune si avvicinò al nostro cronista, riconoscendolo come giornalista, una signora bionda dall’apparente età di circa 50 anni,  pregandolo di fare qualcosa per lei, poiché da separata  dall’ex marito che la maltrattava era costretta a vivere con meno di trecento euro al mese e una salute cagionevole, avendo subito due infarti e una delicata operazione al cuore. Persone che non sanno come tirare avanti. Due storie, due facce della nuova povertà. A Calvizzano, di casi come questi ce ne sono tanti. Sono i rappresentanti di una povertà moderna e improvvisa, che potrebbe riguardare chiunque ed è per questo ancora più inquietante.
Una volta la povertà era un dato strutturale e familiare. Si trasmetteva di generazione in generazione e c’era una sorta di abitudine a quella condizione sociale. Le famiglie povere e arretrate, in città, si conoscevano. Chi aveva una situazione di media agiatezza riusciva a conservarla per tutta la vita e riusciva a trasmetterla ai figli. Poi, col tempo, sono arrivate, in un primo momento, le patologie sociali (come la tossicodipendenza, l’alcolismo, le malattie psichiche) generatrici di povertà. Oggi, è tempo di nuovi disagi: l’emergenza è tutta interna a un mercato del lavoro senza regole e senza tutele. Trovare un’occupazione è difficilissimo, conservarla in condizioni di dignità è ancora più difficile, perderla è un nulla. E per chi perde il posto di lavoro, si aprono le porte del vuoto e della povertà.
Ma chi si occupa dei nuovi poveri?

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