Calato il sipario sulla sesta edizione del “Premio Culturale Città di Calvizzano” ma già si pensa alla prossima




E' vero che la cultura è un investimento, ma a Calvizzano non si è mai capito come "investire". Cose trite e ritrite per farle metabolizzare dalla classe politico-dirigenziale che verrà

La cultura a Calvizzano è diventata una sorta di participio passato, qualcosa che c’è stata e che oggi non c’è più. Forse per questo motivo non è mai venuto in mente a qualche politico o a qualche amministratore di lanciare un premio culturale che servisse a motivare le eccellenze della città. Poco più di dieci anni fa, attraverso il sito calvizzanonline, al quale fornivo il mio contributo giornalistico, scrissi che era giunta l’ora di dare una svolta culturale al paese e aggiunsi che  l’ amministrazione dell’epoca (consiliatura Granata) aveva i numeri e le capacità per poterlo fare. Feci anche la proposta di istituire un “Premio Culturale Città di Calvizzano”, una kermesse che avesse lo scopo sia di promuovere  incontri e dibattiti sia di premiare coloro che si fossero distinti nei diversi campi della vita sociale. Quello musicale, quello sportivo, quello poetico,  quello teatrale, quello politico, quello canoro,  quello artistico in generale. Feci, inoltre, rilevare che non occorrevano molti soldi per raggiungere l’obiettivo, ma solo capacità organizzative e tanta voglia di fare. Una simile proposta fu lanciata da me, anche ai tempi di Pirozzi, ma gli amministratori dell’epoca si dimostrarono sordi alla richiesta.  Allo stesso modo si sono comportati coloro che hanno  amministrato la città prima dello scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche, ignorando completamente il nostro suggerimento. Ma noi siamo stati tenaci, non abbiamo mai mollato e, sulla scorta del un vecchio detto partenopeo, “o napulitan se fa sicc ma nun mor”, ritorniamo a formulare alla prossima amministrazione che si insedierà, probabilmente, tra maggio e giugno 2020, di investire sulla  Cultura, perché c’è sempre tempo per rimediare, anche se tutto ciò, però, non basta se si vuole  una vera crescita sociale e morale della città.  Come? Promuovendo agenzie culturali il che significa far fiorire un tessuto di associazioni, di soggetti del privato sociale, attivando la rete scolastica, facendo nascere un tavolo partecipato con tutti i soggetti, dove ognuno mette il suo. Il grande progetto culturale di una cittadina deve per forza nascere mettendo in rete tutte le energie e le risorse. La cultura, infatti, non è un'opera pubblica che si progetta, si appalta, si realizza e si inaugura. La cultura è interazione, scambio, partecipazione che si costruisce insieme alla popolazione, oppure diventa sterile programmazione di eventi fini a sè stessi. Bisogna, dunque, sperimentare il metodo della progettazione partecipata, tentativo che fece Marano diversi anni fa e ben riuscì, prima con il sindaco Bertini e poi con Perrotta, quando era assessore alla Cultura Antonio Menna, oggi scrittore affermato. Furono messe scuole e associazioni intorno ad un tavolo e fu detto "che vogliamo fare ?". Vennero fuori idee: furono fatte iniziative sulla legalità, il cinema all'aperto, le conversazioni sotto i portici. Lo stesso veniva fatto a Villaricca da anni, fino alla dichiarazione dello stato di dissesto finanziario. Il Comune, dunque, deve fare da direttore d'orchestra. Questo è il ruolo di un ente locale per la promozione culturale del territorio, anche perché la cultura non è un lusso, ma un bisogno primario che, se fatto di contenuti giusti, può fungere anche da motore per lo sviluppo economico di un territorio.

Mimmo Rosiello


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