IL NOME DELLA ROSA E LE PAURE DEL CREDENTE



Guglielmo: “Ma cosa c’è di tanto terribile nel riso?

Jorge Burgos: “Il riso uccide la paura e senza la paura non ci può essere la fede”.

Il 4 marzo prossimo la RAI manderà in onda una serie televisiva in otto puntate tratta da: “Il nome della rosa” del compianto Umberto Eco. Finalmente, dopo le varie “figure magre e stantie” delle mille fictions noiose e scontate, forse (speriamo nel cast che è di tutto rispetto) avremo un bel dono di primavera! Il “giallo-storico” ambientato in epoca medievale in un convento benedettino di una non meglio precisata località nel settentrione italiano. Il protagonista assoluto è Guglielmo da Baskerville, il francescano inglese ex inquisitore che, per l’occasione, si trasforma in astuto investigatore di crimini che avvengono al monastero. Aiutato dal novizio Adso, (secondo la tecnica della “narrazione esterna” adottata da Eco, il manoscritto, dove si dipana la storia sarebbe stato redatto proprio dal novizio), il frate comincia una lunga ricerca della verità nel mentre si stagliano sulla scena, lunga sette giorni, altri morti e misteriosi accadimenti. Siamo nei primi trent’anni del XIV secolo e la ragione della venuta di Guglielmo non è inizialmente quella delle indagini ma quella della partecipazione a un convegno con altri ordini monastici sulle linee comportamentali ecumeniche e dell’ortodossia comuni da adottare. Il romanzo, che definiremo “giallo-storico” ha una sua indubbia magia, data dalle elaborate divagazioni di tipo filosofico-teologico. Da questo fortunatissimo romanzo ne nacque un film molto ben fatto, con il grande Sean Connery nei panni di Guglielmo. Un altro elemento prezioso è senza dubbio questo confronto-scontro tra le varie culture di nicchia del clero italiano medievale rappresentato dai vari ordini monastici tutti importantissimi: francescano, domenicano, benedettino e su tutti il potere temporale del Papa. Ora ci apprestiamo a vederne un’altra di trasposizione, questa volta sul piccolo schermo e le differenze potrebbero essere molte. Anche in questo caso il cast è di tutto rispetto, il posto del grande attore scozzese è di John Turturro, profondo conoscitore della cultura italiana e ottimo attore. Gli fanno compagnia Rupert Everett e gli italiani Fabrizio Bentivoglio, Greta Scarano e Stefano Fresi per la regia di Giacomo Battiato. Auguriamoci che non sarà la solita risciacquatura nelle torbide acque qualunquistiche e dozzinali della TV italiana che spesso hanno inquinato bei soggetti in nome della pubblicità e degli sponsor anche “fuori campo” come quelli politici. La cultura italiana ha bisogno di crescere anche attraverso queste operazioni. Il romanzo di Eco, sebbene da lui odiato e considerato come “Il più brutto” resta pur sempre una colonna portante della produzione culturale e letteraria italiana che negli ultimi decenni non ha conosciuto grandi salti di qualità. Il libro è prezioso perché lascia spazio a più livelli come un condominio di alcuni piani a ogni tipo di fruizione: dal più squisitamente ludico a quello più formativo ed erudito. Rinnoviamo il nostro auspicio di ottima occasione per avvicinare i ragazzi a questo tipo di narrativa e speriamo che la stagione dei “Troni di spade” e degli “apprendisti maghetti” lasci la scena a ben più originali e  succosi soggetti. Non siamo ostili alla letteratura fantastica che ci proviene dall’estero, anche se tutto viene fagocitato dall’immancabile videogioco che segue la saga fantasmagorica zeppa di effetti speciali, noi siamo una delle culture letterarie  che anche nel secolo scorso che ha prodotto giganti. Infatti, il “Nome della rosa” per qualche anno, quando ero ancora alle superiori, era candidato ad affiancare “I promessi sposi” nella letteratura didattica del sistema scolastico italiano. Poi arrivarono i reality.

Enzo Salatiello

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