In ricordo di Gianfranco Scoppa, maestro di umanità e solidarietà: nella storia di Marano ha lasciato un segno come medico, come politico, ma soprattutto come imprenditore
Gianfranco Scoppa morì a 61 anni in un caldo giorno di
giugno. Unanime fu il cordoglio. Oltre a
essere stato un eccellente medico, era un maestro di umanità e solidarietà. Mai
un gesto di presunzione, sempre modesto, ma soprattutto umile: nella storia di
Marano ha lasciato un segno come medico, come politico, ma soprattutto come
imprenditore. Investì i suoi capitali per ammodernare quel gioiello di sanità
diagnostica e terapeutica che risponde al nome di Centro Aktis, che non ha nulla da invidiare alle strutture del
nord. Un imprenditore solidale, pronto a dare sempre una mano agli ultimi e a
non tirarsi mai indietro, quando si trattava di sponsorizzare una
manifestazione di qualsiasi tipo e di qualsiasi colore politico, nonostante
fosse un uomo di destra, che ha fatto politica attiva per diversi anni,
candidandosi in diverse competizioni elettorali. Gianfranco Scoppa, negli
ultimi tempi, qualche anno prima del suo decesso, era un po’ stanco: il male lo
stava divorando, ma, nonostante tutto, continuava a lavorare dodici ore al
giorno, per aiutare gli altri a sconfiggere quello stesso male di cui era
rimasto vittima. Era un po’ amareggiato, poiché il Comune, invece di aiutarlo
nella crescita della struttura, punto di riferimento di tutta la regione e dell’Italia
meridionale, gli stava creando ostacoli a non finire. Per migliorare gli
standard terapeutici del Centro Aktis,
aveva deciso di acquisire un nuovo acceleratore lineare per la cura dei tumori.
Ma era necessario costruire un bunker, e c’era bisogno, quindi, di una variante
urbanistica che il Comune non si decideva a concedere. Allora chiamò il
direttore dell’attesa (periodico locale), con il garbo che l’ha sempre
contraddistinto, per sollecitarlo a fare un articolo. Noi de l’attesa l’abbiamo
sempre accontentato, non perché fosse il nostro sponsor, ma perché poneva
problemi reali.
“Ho dedicato la
mia vita a questa struttura – disse in quell’occasione – e voglio che cresca ancora, per cui non
accetto che una politica non lungimirante e una burocrazia farraginosa lo
impediscano”.
A volte aveva un senso di scoraggiamento e, in più di
un’occasione, non ha disdegnato a dire che voleva scappare via da Marano.
Voleva andare via, motivando questa sua amarezza con un lavoro certosino non
ricompensato. Come mai gli chiedemmo?
“Qui non conta
nulla – disse – quello che hai fatto
e come vivi, anche se, nelle tue personali battaglie, in tutte le sedi, hai
fatto sempre la guerra alla camorra. Le istituzioni restano suggestionate dalle
maldicenze e si muovono come se davvero si trovassero di fronte un collegato
alla camorra, determinando controlli, commissioni antimafia, eccetera. Mentre
sono rimasti immobili per due rapine a mano armata, la visita notturna di ladri
armati, introdotti nella mia abitazione e il tentativo di estorsione recentemente
subito. Le denunce dormono negli archivi. Ma il paradosso dei paradossi e che “negli
ambienti” vengo etichettato come “sbirro”: ciò in ragione, evidentemente, del
fatto che sono nato e cresciuto in quelle istituzioni”.
Chi ha conosciuto Scoppa non ha potuto fare a meno di
stimarlo, anche per la sua passione civile. Lasciò quattro figli che stanno completando
degnamente il lavoro da lui fatto, portando il Centro Aktis a livelli sempre
più alti. Gianfranco Scoppa resta una guida per i posteri, ma manca tanto,
soprattutto a coloro che non hanno mai smesso di stargli vicino, amandolo e
apprezzandolo.
Mimmo
Rosiello