Il sogno chiamato Eptapoli fallì per l’esasperato campanilismo della classe politico-dirigenziale dei Comuni coinvolti
Ma per i
calvizzanesi autoctoni o’ paese è semp do’ paisan
Eptàpoli, il nome che s’intendeva dare
alla nuova città che avrebbe dovuto raggruppare i sette Comuni del giuglianese.
L’idea fu lanciata nel 1986, ma di un Consorzio tra Marano, Giugliano,
Calvizzano, Mugnano, Qualiano, Melito e Villaricca, si parlava già da qualche anno
prima, grazie alla kermesse primaverile “Settegiornisette”, programma-
contenitore che aveva per scenario i sette centri del Giuglianese ed era
patrocinato dall’Unicef e dal Parlamento Europeo. A gettare la pietra nello
stagno fu Margherita Dini Ciacci, all’epoca vice-presidente
dell’Unicef, che accolse le richieste dei ragazzi delle scuole medie del
comprensorio. “Sette Comuni – disse la Ciacci – che
decidono di camminare e crescere insieme, ponendo mano alla bonifica edilizia,
sociale e morale di un territorio a “rischio”: è un fatto sicuramente positivo,
specie se a beneficiarne sono soprattutto le nuove generazioni”.
Il primo passo ufficiale di “Eptapoli” è
datato 1988: i sindaci dei Comuni interessati sottoscrissero un accordo per dar
vita a un’associazione intercomunale per la salvaguardia del patrimonio archeologico,
culturale e ambientale. La linea guida di quel documento fu quella di garantire
nuovi spazi di vivibilità a una vasta zona della periferia partenopea. In
breve, l’obiettivo era quello di migliorare la qualità della vita a una
popolazione residente che superava i 250.000 abitanti, in un territorio
assediato da camorra, droga, violenza, emarginazione. Quel sogno chiamato
“Eptapoli” fallì per l’esasperato campanilismo e perché probabilmente, gli
amministratori dell’epoca avevano altri interessi da pensare. Invece, la
coesione tra Comuni omogenei territorialmente è qualcosa di cui, in questo
particolare momento, a nostro avviso, non se ne può più fare a meno.