Marano, storie del passato: “Ciccio e’ Pacchicco”, simbolo dell’emergenza abitativa inizio anni’90




“Vivere ai margini”, drammatica odissea di Salvatore Manco e della sua numerosa famiglia: articolo a firma di Mimmo Rosiello, apparso sul periodico “ideaCittà” a gennaio 1992.  Lo proponiamo ai nostri lettori visto che, a oltre 25 anni di distanza, il dramma della casa è un argomento ancora di grande attualità

Seconda traversa San Rocco civico 18, o meglio, marciapiede che costeggia il terraneo numero 18. E’ lì che hanno sbattuto Manco Salvatore, più conosciuto come “Ciccio e’ Pacchico”. Non c’era di meglio.
Sette figli, una moglie dalla salute sempre più cagionevole, una vita segnalata da un crudele destino che ormai non guarda in faccia più a nessuno. Una vita di stenti e di miseria. Una triste storia di ordinaria emarginazione, un dramma, un calvario quotidiano ovattato nelle quattro lamiere che fanno da scudo a un tugurio in uno dei centri della bistrattata periferia del malessere, dove la solidarietà dei vicini, anche se è un fatto sempre più raro, supplisce l’assenza dello Stato che da queste parti è sempre più paragonabile a una sorta di participio passato. Qualcosa che c’era, che c’è stato, ma che ora sembra non esserci più.
I guai per Salvatore Manco iniziano pochi anni dopo essersi sposato, quando dovette lasciare la casa di Corso Umberto perché serviva al proprietario. Date le non buone condizioni economiche del Manco e figli che venivano al mondo senza alcuna regola, come una vera e propria catena di montaggio, gli amministratori dell’epoca presero a cuore il caso e lo sistemarono, insieme ad altre famiglie, in uno dei terranei di via Piave, i cui locali dovevano essere destinati ad asilo. Per 12 anni non ci sono stati problemi, anche se le condizioni di vita sono state altamente disumane. Basta ricordare che un topo morsicò mezzo dito a una delle sue figliole che all’epoca aveva appena pochi mesi. Anche dal gulag di via Piave, però, dovettero andare via perché il proprietario riuscì, con una sentenza di sfratto esecutiva, a far sgomberare quelle favelas. Quel giorno del mese di giugno ’91 venne l’ufficiale giudiziario per cacciarli fuori e successe il finimondo. “Pacchicco” però si ribellò e venne arrestato. Gli amministratori, anche per salvare la faccia, non seppero trovare una sistemazione migliore di una tenda ubicata nel piazzale della scuola media D’Azeglio. Ma, senza pensarci su, gli sfrattati si rifugiarono nel plesso Aule Prefabbricate provocando non pochi danni. Dopo questa esperienza, che non poteva certamente durare a lungo, mentre ad altre famiglie di sfrattati furono dati soldi, un modo ottimale per toglierseli di torno, “Pachicco” rifiutò il denaro perché lui voleva una casa a tutti i costi, un punto di riferimento dove poter finalmente vivere degnamente e ricomporre quegli spezzoni di vita insieme ai suoi figli.  Dietro interessamento di qualcuno che Manco definisce amico è stato sbattuto in un terraneodi una sola stanza nella seconda traversa san Rocco al civico 18, dove da sette mesi vive con la moglie e sette figli in condizioni che definire squallide significa essere benevoli. L’hanno internato. L’hanno emarginato perché ha sette figli, perché ha il vizio di bere, ma “Pacchicco” non fa del male a nessuno, la sera torna a casa e va a dormire.
Bevo per dimenticare i guai”, afferma. Ma sarebbe disposto a smettere definitivamente se gli dessero una casa o almeno la possibilità di fittarla. Sarebbe disposto anche  a pagare una pigione di trecento e anche quattrocento mila lire al mese, perché “Pacchicco” fa le pulizie alla SELENIA ed è anche un lavoratore instancabile; potrebbe, quindi, essere anche un buon padre, se qualcuno gli desse una mano. Il problema è che nessuno vuole averlo come inquilino. E qui nasce il dilemma. Chi dovrebbe occuparsi di questo povero uomo che da anni è alla ricerca di una propria collocazione, che gli restituisca quella dignità che gli altri gli hanno tolto? Le istituzioni? Ma dove sono, chi sono? Qui a Marano ci sono i Commissari che devono pensare a ben altro: devono tamponare i guasti prodotti in tanti anni di malgoverno cittadino in cui gli amministratori hanno pensato a riempire solo le loro tasche e a cercare spasmodicamente consensi. Oggi, quando vengono interpellati sul caso Manco Salvatore, li senti dire: “Ma cosa possiamo farci? Ormai non amministriamo più niente!”.  
Ma cosa è stato fatto in precedenza. Sono vent’anni che “Pachicco” cerca una casa. Ha fatto quattro volte la domanda e non ha saputo mai niente. Dov’è il SUNIA (Sindacato Inquilini) che dovrebbe istituzionalmente tutelare chi ha veramente diritto a un buco? E allora “Pacchicco” resterà sempre solo ed emarginato e le sue condizioni psico-fisiche e quella della sua famiglia peggioreranno ogni giorno di più.
E se c’era un barlume di speranza per strappare i suoi figli dai tentacoli della strada, questa possibilità sfuma sempre di più.
Anche noi, gente comune, non siamo immuni da pecche. Il materialismo sfrenato di cui oggi siamo vittime, la vita frenetica che conduciamo non ci consente di dedicare nemmeno un minuto a “Pacchicco”, che ormai è diventato un simbolo, l’altra faccia di una medaglia che nasconde la parte peggiore di noi. Nella sua triste storia c’è di tutto: solitudine, sofferenza, dramma della casa, alcoolismo,emarginazione e chi più ne ha, più ne metta…
“Fuori i colpevoli”, asserì un saggio alcuni anni or sono.
Ma è difficile trovarne in questa società dove vige la legge dello scaricabarile, la legge del rimpallo di responsabilità, dell’omertà senza limiti. Ma pagheranno sicuramente tutti coloro che sanno di poter fare qualcosa per “Pacchicco” e non si muovono, pagheranno tutti coloro che lo disprezzano, senza sapere che prima o poi, in un modo o nell’altro, potrà toccare anche a loro.
Queste storie, alle soglie del Duemila, rappresentano ancora una realtà tangibile in una zona dove il degrado e il malessere sociale la fanno da protagonisti e l’impegno delle istituzioni ancora una volta si è dimostrato carente. E a fronte di queste sacche di malessere sorgono proprio qui, a Marano, quartieri residenziali e appartamenti di lusso. Realizzati, spesso, in bilico tra i confini della legalità e della illegalità.                 


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