Dipendenza da gioco, parte quarta: le ricadute economiche



Stando ai dati 2016, le slot dislocate sul territorio sono 53. I giocatori calvizzanesi, in un anno, hanno infilato nelle “macchinette” oltre quattro milioni di euro

In principio erano il Lotto e la Schedina Totocalcio, giochi innocenti al confronto degli odierni. Poi ci fu l’evoluzione dei giochi a puntata e l’involuzione delle menti con il Totogol nel 1994: quasi impossibile indovinare ma le giocate subirono subito un picco pazzesco verso l’alto, allora qualche stratega del far soldi sulla pelle dei fessi intuì la formula magica che va contro ogni razionalità. “Più è difficile vincere e più il gioco incassa”. La cosa andò ancora oltre con il Superenalotto, dove prese piede il famoso “Jackpot”, praticamente si scoprì che se non era nessuno a vincere, le giocate aumentavano ancora di più. Cominciò così la sfida a rincorrere la stupidità, oramai era chiaro che il “gioco” non era più tale ma si poteva trasformare in estorsione, non occorreva più promettere vincite ma creare giochi di illusionismo, i giochi non vennero più creati su basi matematiche, ma psicologiche.
Quello che è uscito fuori dal comportamento di milioni di persone è sotto molti aspetti deprimente, sotto altri preoccupante perché emerge una larga incapacità cognitiva e di discernimento ed una conseguente  predisposizione alla manipolazione che se può essere per il gioco lo sarà anche verso qualsiasi altra forma.
Irrazionale oltre il limite del grottesco è, per esempio, veder crescere il numero di giocatori man mano che il jackpot aumenta, un giocatore che non aveva puntato la settimana prima quando il premio era di 30mila euro, lo fa quella dopo, quando supera 50mila e così via: quando arriva a cifre record gioca quasi tutta l‘Italia. Evidentemente la prima settimana, quando la vincita era “solo” di pochi milioni, faceva schifo quasi a tutti!
A questo punto la domanda è: ma chi ci guadagna? Anche in questo caso la risposta è assurda come tutto il resto:NESSUNO!
O meglio, nessuno tranne le multinazionali del gioco d’azzardo, ma né i cittadini né lo Stato traggono beneficio, anzi corrono entrambi verso la rovina. Delle famiglie sfasciate, dei suicidi, dei fallimenti di intere aziende, perché il principale si è giocato tutto, delle mamme che si giocano il soldi del latte dei figli, degli anziani che bruciano la pensione, abbiamo già accennato. Con un piccolissimo sforzo intellettuale non ci vuole molto per capire che tutto ciò non abbia una ricaduta sul bilancio socio economico di uno Stato, quindi finita la sbronza delle somme incassate, lo Stato comincia a fare i conti con le macerie: Migliaia di posti di lavoro persi e relative persone e famiglie da assistere, giocatori compulsivi da recuperare a spese delle Asl, ma soprattutto c’è un aspetto che passa inosservato che, forse, è il più devastante: il gioco d’azzardo è come il fumo, quando il buon senso riprenderà il sopravvento e si comincerà la campagna di disincentivazione al gioco, vedremo slogan già sentiti come “Chi gioca impoverisce anche te, digli di smettere”. Il “Gioco passivo” crea un indotto negativo che avviluppa l’economia intera di una nazione, miliardi di euro (96 in Italia nel solo 2016) sottratti all’economia reale, una cifra enorme che esce dal ciclo produttivo e che non rientrerà mai più, per ogni click di invio di una giocata sui casinò on line, qualche euro partirà per qualche paradiso fiscale, ma anche quando resterà in Italia, non andrà a chi produce ricchezza.
Un pensionato, un operaio, un imprenditore che dilapida il proprio reddito nel gioco d’azzardo, non potrà spendere quei soldi in beni di consumo, compresi quelli alimentari.
Un sintomo visibile di questa distorsione sono le continue inaugurazioni di sale scommesse e contemporanea chiusura di negozi di alimentari, abbigliamento ecc. Ergo: chi in cambio dei nostri soldi ci dà il pane chiude, chi ci vende fumo apre.
Fate una prova: percorrete la provinciale che  da Marano va  verso Qualiano e contate le sale e i locali vari in cui si può giocare d’azzardo, non vi anticipo il numero per lasciarvi lo sfizio di scoprirlo da soli, ma sicuramente mai nella storia un “genere” è stato così capillarmente diffuso.
Lo scopo di questi articoli è dimostrare, nel mio piccolo, che non si tratta di definire un fenomeno di costume, ma di una apocalisse sociale che sta ricadendo sulle future generazioni. Ho provato a scioccare con paragoni e cifre e per ultimo ho tenuto il gran finale, cioè la cifra dilapidata dai calvizzanesi nelle sole slot Machine, senza contare i bet, casinò on line e gratta e vinci, una cifra che supera di gran lunga il bilancio comunale.
Riferito al 2016 Calvizzano è un paese di 12133 abitanti con un reddito procapite pari a 14501 euro.
Sempre nel 2016 le slot dislocate nel territorio comunale sono  53.
Ogni calvizzanese (comprendendo anche neonati, bambini e persone che non hanno mai visto una slot)
ha infilato nelle “macchinette” 341 Euro, di cui 129 nelle awp (slot che accettano solo monete presenti anche in bar e tabaccherie) e 212 Euro  nelle vlt (accettano anche banconote, presenti in sale dedicate).
Quindi nelle vlt sono stati riversati in un anno 2,6 mln di Euro, mentre nelle awp 1,6 mln di Euro.
Per uno scellerato totale di QUATTROMILIONICENTOQUARANTAMILA  EURO.
L’altro giorno sorseggiavo un caffè al bar e lo sguardo è caduto su un quasi-striscione che inneggiava “Qui vinti 500 Euro” e per l’ennesima volta mi sono chiesto: perché le persone sono così propense a volersi male.

Gennaro GB Ricciardiello

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