Calvizzano, Onn’ Antonio


Gennaro GB Ricciardiello insieme ad  Antonio Sabatino, classe 1927, sindaco di Calvizzano dal 1956 al 1964

L’amarcord di Gennaro GB Ricciardiello

Non avevo mai conosciuto l’ex sindaco Antonio Sabatino, eppure la prima relazione indiretta tra noi due risale addirittura a poche ore prima della mia nascita, cioè a poco più di 53 anni fa.
Così come nell’Italia del medio evo c’erano i guelfi e i ghibellini, a Calvizzano negli anni 60/70 c’erano i “sabatiniani” e i “revenaziani”, mio padre apparteneva alla prima fazione, anche perché lui era così democristiano, ma così democristiano che, quando una volta a Calvizzano venne il famoso e potente presidente della altrettanto potente associazione “Coltivatori Diretti”, l’ onorevole DC Arcangelo Lo Bianco, dopo aver sentito parlare mio padre, si rivolse all’orecchio di Sabatino e gli disse. “Ne, ma chist foss comunist ?”. In questo apprezzamento velatamente ironico ritrovo la mia predisposizione genetica: chi ti ama e ti rispetta veramente non ti esalta per compiacerti ma mette in evidenza i tuoi punti critici.
Mia madre, dai suoi racconti, fa risalire l’amicizia di mio padre con Antonio Sabatino all’epoca della sua prima candidatura a sindaco, quando in tempo di campagna elettorale venne a casa e incontrò mio nonno, il quale gli mostrò una “carta” e non fu come potrebbe sembrare una richiesta di favoritismo, nel contesto dell’epoca appena si aveva il privilegio di venire a contatto con un personaggio insignito di un qualsiasi titolo di studio, era l’occasione di sottoporgli qualche “carta” (indefinito documento tra un privato e la pubblica amministrazione di cui il destinatario non aveva i mezzi per mettersi in relazione).  Nello specifico era una reiterata richiesta negli anni di una fantomatica tassa o sanzione su presunti “profitti di guerra”, a quanto pare qualche ottuso funzionario si convinse che tutti i contadini, in tempo di guerra, fossero stati dediti al mercato nero.
Mio nonno era ossessionato da quel documento e ogni anno, quando gli veniva recapitato, lo consegnava ad un amministratore locale di cui omettiamo l’identità per rispetto alla memoria, com’era di costume all’epoca, mio nonno non si presentava mai a mani vuote, ma ricche di bontà dei suoi prodotti sia avicoli che agricoli, la risposta era sempre “Zì Luì, datamella ‘a me sta carta”. E ogni anno si rinnovava la novella del pescivendolo con la spina di pesce nel dito e del medico che faceva finta di non riuscire a toglierla.
Sabatino lesse la “carta” e la strappò davanti agli occhi di mio nonno e di mio padre e da allora non venne più recapitata. Mio padre lesse in quel gesto tutto quello che era necessario per poter concedere tutta la sua stima a quell’uomo. Da allora l’appoggio di mio padre fu incondizionato e disinteressato, già, vale la pena di ripetere il termine “disinteressato” visto che mio padre è stato fra le pochissime eccezioni che dal suo impegno politico non ricevette mai vantaggi anzi, l’unico aspetto degno di rilievo fu una vera e propria ritorsione dell’amministrazione revenaziana, quando dopo un presentazione di richiesta di ristrutturazione edilizia della vecchia casa e senza alcuna risposta da parte dell’amministrazione stessa, mio padre cominciò i lavori. Questo gli costò una condanna a tre anni di reclusione per abusivismo, tramutati a cinque anni con la condizionale grazie all’ “integra moralità” (mio padre era reduce della campagna di Russia e da una esperienza in Pubblica Sicurezza). Da sottolineare che nei lavori erano compresi la costruzione dei servizi igienici, in pratica mio padre fu punito perché sognava di avere il bagno in casa!
Era l’epoca in cui si parlava di politica davanti ad un tavolino giocando a tresette o all “asse’ e’ mazz” nella locale sezione del partito, a Calvizzano ce n’erano tante, dal PSI, al PCI, al PRI, all’MSI , oltre ad ovviamente la sezione della “Campana” simbolo della lista civica di Alfredo Revenaz. 
Sabatino aveva un rapporto di parentela che non saprei specificare e che mi limiterò a definire “Cumpar e cumpariell” con l’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone, per capire meglio di che tempi parliamo e quindi di quanto siamo caduti in basso, fu quel presidente che si dimise per un fumus di tangenti che poi si rivelarono assolutamente infondate.
Mio padre tornava a casa orgoglioso quando rivelava: “a ritt onn’Antonio ,  Rafè famm doje percoche e cchiùbell ca’ tien ca’ l’aggiapurtà a Lion” . Orgoglioso lui all’epoca, ma pensare che al Quirinale siano state diverse volte sul tavolo del Presidente della Repubblica delle pesche raccolte anche da me, beh non nego un pizzico di vanità.
Il mio primo contatto non personale con il sig. Sabatino fu sette anni fa al trigesimo della morte di mio padre, quando uno sconosciuto  signore anziano con l’aria commossa si avvicinò a mia madre e le chiese: “Signora, voglio una foto di Raffaele”.
Questa è la fine della storia, ma torniamo all’inizio, a 53 anni fa, alla mia prima relazione indiretta addirittura a poche ore prima che io nascessi, infatti era quasi la mezzanotte fra il nove e dieci gennaio del 1965 e mia madre fu condotta d’urgenza al reparto maternità della clinica “Villa dei Fiori” per subire un parto cesareo, fu condotta da alcuni vicini in quanto mio padre non fu  immediatamente reperibile:
le elezioni comunali erano prossime e lui era impegnato nella campagna elettorale a favore di Antonio Sabatino.
In una comunità come Calvizzano, una trama invisibile di storie ci lega gli uni agli altri.
Gli “sconosciuti” non esistono così come non si possono definire sconosciute le foglie dello stesso albero e anche quando quelle foglie cadranno, si poseranno e diventeranno humus  per la radice unica della memoria e l’anno dopo sarà lo stesso albero con foglie diverse ma uguali.

Gennaro GB Ricciardiello

Visualizzazioni della settimana