Riproponiamo l’articolo “Analisi e
riflessioni sulla morte” di Enzo Salatiello
Lunedì mattina (31 luglio), alle ore
7,00 circa, ho sentito la sirena del 118. Si è spenta proprio vicino casa mia.
Dopo un po’ su facebook ho visto la notizia: “Nuova tragedia a Calvizzano in
via De Filippo”. Un altro compaesano, Giacomo Ricciardiello, periva
ferendosi con la sua motozappa. Ancora un lutto. Improvviso. Come un pugno in
pieno volto nel buio. Il 26 luglio, giorno di Sant’Anna. Mi alzo alle 5,40.
Faccio il turno di lavoro corto. A casa, nel primo pomeriggio riposo un po’.
Ancora preso dal torpore del riposo, leggo su facebook: “Non ci posso
credere”, su uno sfondo nero e una foto di Peppino Salatiello, il sindaco.
Non capisco, non affiora il senso compiuto nella mia mente. Il sindaco è morto.
Ancora… veniamo da due morti altrettanto destabilizzanti per la comunità:
giovani, sulle moto. L’estate porta via senza chiedere, vite in cambio di che
cosa? Di nulla. Il tributo è a senso unico. Riflettere sulla morte è
un’operazione rischiosa, si corre il serio pericolo di “scivolare” su un
terreno scosceso che può franare in ogni momento. Indagare la morte da parte di
una coscienza “viva” è sempre un’impresa asintotica. Quest’azione
speculativa che facciamo tende a coincidere con la sostanza e la struttura
della morte ma, essendo vivi ci dobbiamo accontentare di sfiorarla, la “A” privativa
ci impedisce di raggiungere e coincidere con il concetto e per fortuna! Perché
conoscere e capire la morte significa, con l’aiuto di un ossimoro:
viverla. La morte di un organismo vivente vista da un vivente, è la
rappresentazione macrovisiva di un processo che dà la sensazione di
avvicinamento alla stessa. Chi di noi quando ha visto le spoglie di uomo non ha
pensato al “passaggio” nell’ignoto? Tuttavia possiamo azzardare un
indagine prospettica di una zona di confine tra le due dimensioni: Il confine
vita-morte. Esso é col passare del tempo sempre meno avvolto dalle tenebre,
ovviamente parliamo di piccolissimi passi, oggi sappiamo con il valido apporto
di strumentazioni sofisticate, misurare il parametro effettivo che ci dice se
in un organismo vi sia ancora vita o meno. L’elettroencefalogramma (EEG) é uno
di questi. Consiste in un esame diagnostico che ci rivela l’attività cerebrale
anche in soggetti che apparentemente non rispondono a stimoli esterni. Persone
che hanno subìto gravi traumi fisici o a causa di malattie si sono trovate su
quel confine nella penombra tra vita e morte. Tra
il nostro mondo e l’ignoto, si è così costatato, che in assenza di parametri
vitali, di mancanza di segnali di vita non abbiamo potuto conoscere né capire
la loro esperienza: Dov’erano? Ci sentivano? Con chi erano? In che stato erano?
Quali erano i loro pensieri? Paura, indifferenza, incoscienza? Felicità?
L’esperienza del confine vita-morte é conosciuta con l’acronimo NDE (Near
Death Experience), esperienza pre morte appunto. Se ne conoscono due tipi:
Chi, dopo essersi ripreso, ha riferito di aver vissuto un’esperienza popolata
da parenti morti, un ambiente ultraterreno, riconducibile al
mondo da noi immaginato come l’”Aldilà”. La seconda é detta “extracorporea”
dove il soggetto affermava di essersi staccato dal corpo ed essendosi liberato
in aria come se non fosse più soggetto alla gravità, aveva avuto la capacità di
assistere alla scena dei soccorsi. Queste cose, non devono far sorridere, chi
scrive non ha un’impalcatura etica di tipo cattolico, quindi scevro da
convincimenti dettati dalla Teologia cattolica con tutto la sua “Sofia”
che ne traccia il percorso. Il notissimo psicologo e medico americano Raymond
A. Moody jr. ha dedicato tutta la sua vita a questi studi, egli ha pubblicato
numerosi libri in cui si raccolgono molte testimonianze di persone che hanno
vissuto tali esperienze. Perché ci provoca tanta ansia la morte di una persona
anche se non di famiglia? Perché non conosciamo il percorso della coscienza,
quella “presenza” che coabita con noi e in ognuno di noi e che si
manifesta in modo elementare quando siamo soli, (Blaise Pascal) o quando
sogniamo ma, molto più marcatamente quando si è catapultati in un mondo simile.
Il dolore che si prova alla vista di una morte altrui sia esso stesso una “piccola
morte”. Nel senso che esiste un campo relazionale sovrastrutturato, non
appartenente alla dimensione unica quadrimensionale della nostra esistenza. Che
lega ogni spirito (elemento diverso dall’Anima, e che possiamo individuarlo
come la COSCIENZA) esistente. Ogni coscienza che lascia un corpo e va via
provoca una micro lacerazione a tutte quelle altre che rivestono il ruolo di
osservatrici dell’evento. Ci basta passare in autostrada e vedere un lenzuolo
addosso a qualcuno che non si è mai visti e non vedremo mai che ci porta dentro
l’alito freddo della morte. In sintesi, tutte le coscienze degli Universi
compreso il nostro (Teoria del Multiverso) vivono in continua simbiosi e
immerse in una sorta di “Campo quantico” che formano
nel loro colossale insieme una relazione collettiva: la “MENTE DI DIO”.
La Meccanica quantistica sta fornendo nuovi indizi, che
potremo esporre in un'altra occasione perché molto complessa. Siamo noi stessi
piccole divinità che hanno “dimenticato” il loro vero essere. Noi tutti siamo
esseri speciali che vivranno al di fuori delle dimensioni spazio temporali. Il
tempo, che tutto invecchia e cambia, è dovuto allo spostamento della materia, e
quindi alla dilatazione dello Spazio. L’Universo ha cominciato a muoversi a
velocità super limunali 13,5 miliardi di anni fa quindi, il Tempo è un
segmento, non una retta, nemmeno una semiretta perché se ha avuto un inizio
avrà anche una fine. Noi abbiamo la facoltà di superare il Tempo. La
morte altro non è che un passaggio di stato della coscienza a livelli sempre
più alti. Un po’ come succede con le molecole dell’acqua, una reazione
termica (cambiamento della temperatura) ne determina lo stato: solido, liquido
e gassoso. Non sappiamo a che punto siamo del percorso. Non sappiamo quanto
viaggeremo e quanti stati valicheremo ma credo che una cosa sia certa: questa
vita, nonostante ci sembri colossale perché basata su valori di riferimento
della Meccanica Classica almeno in apparenza, altro non è che un corridoio da
attraversare. Il viaggio continua: Buon viaggio Peppino, Giacomo, Antonio, Alfonso, Arturo e a
tutte le coscienze in viaggio. Vi penseremo sempre perché sappiamo che esistete
ancora e in una condizione meglio strutturata.
Enzo Salatiello
Antonio Trinchillo e Alfonso Trinchillo
sono morti in due tragici incidenti in moto. Arturo Zampella venne travolto da
un’auto mentre stava in bici.