2017, l’annus horribilis per Calvizzano: 5 lutti cittadini in meno di due mesi


Riproponiamo l’articolo “Analisi e riflessioni sulla morte” di Enzo Salatiello

Lunedì mattina (31 luglio), alle ore 7,00 circa, ho sentito la sirena del 118. Si è spenta proprio vicino casa mia. Dopo un po’ su facebook ho visto la notizia: “Nuova tragedia a Calvizzano in via De Filippo”. Un altro compaesano, Giacomo Ricciardiello, periva ferendosi con la sua motozappa. Ancora un lutto. Improvviso. Come un pugno in pieno volto nel buio. Il 26 luglio, giorno di Sant’Anna. Mi alzo alle 5,40. Faccio il turno di lavoro corto. A casa, nel primo pomeriggio riposo un po’. Ancora preso dal torpore del riposo, leggo su facebook: “Non ci posso credere”, su uno sfondo nero e una foto di Peppino Salatiello, il sindaco. Non capisco, non affiora il senso compiuto nella mia mente. Il sindaco è morto. Ancora… veniamo da due morti altrettanto destabilizzanti per la comunità: giovani, sulle moto. L’estate porta via senza chiedere, vite in cambio di che cosa? Di nulla. Il tributo è a senso unico. Riflettere sulla morte è un’operazione rischiosa, si corre il serio pericolo di “scivolare” su un terreno scosceso che può franare in ogni momento. Indagare la morte da parte di una coscienza “viva” è sempre un’impresa asintotica. Quest’azione speculativa che facciamo tende a coincidere con la sostanza e la struttura della morte ma, essendo vivi ci dobbiamo accontentare di sfiorarla, la “A” privativa ci impedisce di raggiungere e coincidere con il concetto e per fortuna! Perché conoscere e capire la morte significa, con l’aiuto di un ossimoro: viverla.  La morte di un organismo vivente vista da un vivente, è la rappresentazione macrovisiva di un processo che dà la sensazione di avvicinamento alla stessa. Chi di noi quando ha visto le spoglie di uomo non ha pensato al “passaggio” nell’ignoto? Tuttavia possiamo azzardare un indagine prospettica di una zona di confine tra le due dimensioni: Il confine vita-morte. Esso é col passare del tempo sempre meno avvolto dalle tenebre, ovviamente parliamo di piccolissimi passi, oggi sappiamo con il valido apporto di strumentazioni sofisticate, misurare il parametro effettivo che ci dice se in un organismo vi sia ancora vita o meno. L’elettroencefalogramma (EEG) é uno di questi. Consiste in un esame diagnostico che ci rivela l’attività cerebrale anche in soggetti che apparentemente non rispondono a stimoli esterni. Persone che hanno subìto gravi traumi fisici o a causa di malattie si sono trovate su quel confine nella penombra tra vita morte. Tra il nostro mondo e l’ignoto, si è così costatato, che in assenza di parametri vitali, di mancanza di segnali di vita non abbiamo potuto conoscere né capire la loro esperienza: Dov’erano? Ci sentivano? Con chi erano? In che stato erano? Quali erano i loro pensieri? Paura, indifferenza, incoscienza? Felicità? L’esperienza del confine vita-morte é conosciuta con l’acronimo NDE (Near Death Experience), esperienza pre morte appunto. Se ne conoscono due tipi: Chi, dopo essersi ripreso, ha riferito di aver vissuto un’esperienza popolata da parenti morti, un ambiente ultraterreno, riconducibile al mondo da noi immaginato come l’”Aldilà”. La seconda é detta “extracorporea” dove il soggetto affermava di essersi staccato dal corpo ed essendosi liberato in aria come se non fosse più soggetto alla gravità, aveva avuto la capacità di assistere alla scena dei soccorsi. Queste cose, non devono far sorridere, chi scrive non ha un’impalcatura etica di tipo cattolico, quindi scevro da convincimenti dettati dalla Teologia cattolica con tutto la sua  “Sofia” che ne traccia il percorso. Il notissimo psicologo e medico americano Raymond A. Moody jr. ha dedicato tutta la sua vita a questi studi, egli ha pubblicato numerosi libri in cui si raccolgono molte testimonianze di persone che hanno vissuto tali esperienze. Perché ci provoca tanta ansia la morte di una persona anche se non di famiglia? Perché non conosciamo il percorso della coscienza, quella “presenza” che coabita con noi e in ognuno di noi e che si manifesta in modo elementare quando siamo soli, (Blaise Pascal) o quando sogniamo ma, molto più marcatamente quando si è catapultati in un mondo simile. Il dolore che si prova alla vista di una morte altrui sia esso stesso una “piccola morte”. Nel senso che esiste un campo relazionale sovrastrutturato, non appartenente alla dimensione unica quadrimensionale della nostra esistenza. Che lega ogni spirito (elemento diverso dall’Anima, e che possiamo individuarlo come la COSCIENZA) esistente. Ogni coscienza che lascia un corpo e va via provoca una micro lacerazione a tutte quelle altre che rivestono il ruolo di osservatrici dell’evento. Ci basta passare in autostrada e vedere un lenzuolo addosso a qualcuno che non si è mai visti e non vedremo mai che ci porta dentro l’alito freddo della morte. In sintesi, tutte le coscienze degli Universi compreso il nostro (Teoria del Multiverso) vivono in continua simbiosi e immerse in una sorta di “Campo quantico” che formano nel loro colossale insieme una relazione collettiva: la “MENTE DI DIO”. La Meccanica quantistica sta fornendo nuovi indizi, che potremo esporre in un'altra occasione perché molto complessa. Siamo noi stessi piccole divinità che hanno “dimenticato” il loro vero essere. Noi tutti siamo esseri speciali che vivranno al di fuori delle dimensioni spazio temporali. Il tempo, che tutto invecchia e cambia, è dovuto allo spostamento della materia, e quindi alla dilatazione dello Spazio. L’Universo ha cominciato a muoversi a velocità super limunali 13,5 miliardi di anni fa quindi, il Tempo è un segmento, non una retta, nemmeno una semiretta perché se ha avuto un inizio avrà anche una fine. Noi abbiamo la facoltà di superare il Tempo. La morte altro non è che un passaggio di stato della coscienza a livelli sempre più alti. Un po’ come succede con le molecole dell’acqua, una reazione termica (cambiamento della temperatura) ne determina lo stato: solido, liquido e gassoso. Non sappiamo a che punto siamo del percorso. Non sappiamo quanto viaggeremo e quanti stati valicheremo ma credo che una cosa sia certa: questa vita, nonostante ci sembri colossale perché basata su valori di riferimento della Meccanica Classica almeno in apparenza, altro non è che un corridoio da attraversare. Il viaggio continua: Buon viaggio Peppino, Giacomo, Antonio, Alfonso, Arturo e a tutte le coscienze in viaggio. Vi penseremo sempre perché sappiamo che esistete ancora e in una condizione meglio strutturata.

Enzo Salatiello

Antonio Trinchillo e Alfonso Trinchillo sono morti in due tragici incidenti in moto. Arturo Zampella venne travolto da un’auto mentre stava in bici.  


Visualizzazioni della settimana