Il botta e risposta tra
i due intellettuali calvizzanesi sul post Salatiello analizzato con acume da
Enzo Salatiello
Gennaro Gb Ricciardiello
nel suo bellissimo e apprezzato ragionamento sul contesto politico calvizzanese,
dopo la tragedia umana di Peppe Salatiello, fa riferimento alla metafora
ornitologica che rappresenta in modo esaustivo e chiaro il quadro. Con il suo
tipico stile narrativo brillante e sintetico ma, con un ritmo agevole e
sintattico asciutto. Gli ha fatto eco Pasquale Musella da questo Blog che, a
mio avviso, è un autentico patrimonio democratico di discussione politica e
sociale per tutti noi di Calvizzano. Nella sua risposta, Pasquale, sottolineava
la mancata crescita (anzi nascita) di una classe dirigente che sappiamo essere
più ampia e articolata nella sua morfologia della classe politica di ogni
paese. Conosco Musella da quarant’anni. Anche alla luce di un ragionamento che
facevamo nel pomeriggio di martedì primo agosto, provo a chiarire un po’il
senso della sua analisi. Egli ha sempre avuto un sereno rapporto distaccato
dall’ambizione politica più modesta rispetto alla vera azione politica che,
secondo lui, è quella di creare idee, invece di quella elettoralistica di fare
il consigliere (infatti non è mai stato candidato). Egli, nonostante le
competenze tecniche di alto valore, è una persona mossa da passione politica da
sempre, la sua famiglia è operaia e per lui questo è un vanto assoluto. Egli è
di sinistra da sempre, ha saputo cogliere le novità politiche e i cambiamenti
che a sinistra si sono avuti in questi decenni ma conservando sempre l’identità
culturale politica ben orientata: mai stato “dipietrista”, “margheritino”,
“centrosinistrista”, pur aperto a
qualsiasi confronto, egli è, e rimane un uomo di sinistra. Musella completò e
specializzò le sue conoscenze della militanza con una laurea in Scienze Politiche con l’indirizzo specifico
“Politico amministratvo”.
Successivamente si è ulteriormente specializzato in “Scienze delle investigazioni”. È un corredo accademico questo che
rafforza ma conferma le sue conoscenze. Le sue competenze sono di assoluto
pregio. Egli si è un po’ reinventato negli ultimi anni, lo sport, l’associazionismo:
va bene, ma resta un soggetto e un
interlocutore politico. Ho voluto
sottolineare questi aspetti non per futilità ma, per ben spiegare la sua
riflessione del post Salatiello nel nostro comune. Egli avverte un’”aria
di ipocrisia” che si respira a Calvizzano sintetizzato in poche righe
nel suo bel commento. Il virgolettato, grassetto, corsivo è di Musella. Il “disastro
politico dei vari sindaci e amministratori in genere, che si sono succeduti in
questi trent’anni” e tutti da lui (a ragione) definiti di cultura
democristiana e di destra. Come dargli torto? Non è certo un reato! Ci
mancherebbe! È un dato di fatto oggettivo, che queste figure erano appartenute
non solo al partito democristiano ma alla “cultura” demo-catto-confessionale che
in Italia avrà anche creato sviluppo negli anni d’oro ma, che nei Comuni
piccoli del Meridione in particolare ha solo vissuto di autoreferenzialità e approssimazione,
stante ai risultati che abbiamo tutti sotto gli occhi. La sinergia tra il
partito cattolico, con l’esercito dei suoi simpatizzanti e gli ambienti “oratoriali”, inteso come metafora
musicale di voci nel coro senza dissenso alcuno di chi, frequentava con
passione le parrocchie, nell’era dei “Peppone”
e “don Camillo” ha creato questo “Disastro”. Il tutto, peggiorato dal
fiancheggiamento di gregari spesso di modesto livello, insomma da seconda fila.
Musella considera Calvizzano una “Hiroshima nella quale non è possibile
scorgere nemmeno le macerie, macerie di tipo culturali, politiche e sociali”. Il
vuoto che si è creato, per merito di Peppino Salatiello in particolare, che ha
saputo ricoprire il ruolo di DOMINUS nel panorama politico nostro piegando
tutto alla sua causa e alla sua azione politica, oggi è visibile in questa
metafora che Pasquale Musella usa per darne un quadro più chiaro. Egli prosegue
con una sottolineatura della fusione di elementi come Politica e Religione che
hanno creato addirittura una sorta di “Dittongo” che producono insieme un “solo suono”, fermando così le lancette della storia evolutiva e sociale del
paese al Medio Evo, “devastando” le capacità dei cittadini calvizzanesi negando
loro la possibilità critica di scelta politica. Qui Gennaro Ricciardiello
oppone una decisa, corretta ma, dura contestazione dei fatti a Musella,
infatti, non sbaglia quando dice che se non si scorgono all’orizzonte soggetti
capaci di creare un’alternativa sociale, non possiamo certo incolpare la Chiesa
e chi stringe legami con essa. Diciamo che qui le differenze sono sottili,
perché Musella spiega che proprio la detenzione dei mezzi e strumenti di
aggregazione e intervento sociali da parte di Chiesa e potere politico hanno
giocato sempre con vantaggio contro chi doveva inventarsi tutto ex novo per riuscire a crearsi una
breccia. Il sistema era scorretto in sé, perché abusava di poteri che
normalmente non dovrebbero servire chi li maneggia, ma chi ne ha diritto e
bisogno, un po’ come quando, negli anni cinquanta, Lauro, candidato sindaco di
Napoli, dava una scarpa sola prima del voto ai poveracci e una dopo il voto. Pasquale
Musella è rimasto molto colpito dalla vicenda umana di Salatiello, definendolo “Ragazzo
di appena cinquant’anni che lascia una famiglia giovane”anche se,
ritiene e non è il solo, che la direzione e gli obiettivi strategici di Peppe
Salatiello, sindaco e politico non lo trovano favorevole. Aggiungo io un episodio
che riguarda Pasquale: era il 1994 e c’era il congresso straordinario del Partito
Democratico della Sinistra, a causa della sconfitta elettorale del marzo
precedente, si eleggeva il segretario, anche a Calvizzano si tenne in
congresso. Pasquale attaccò senza mezzi termini, a testa bassa tutto il gruppo
dirigente del partito, responsabile delle “Ragnatele sorte nella sezione di partito”
(testuali parole verbalizzate). Successe un pandemonio che durò anni. Voglio
solo spiegare umilmente a Gennaro Ricciardiello che Pasquale disse quelle cose
dopo aver riaperto i battenti della sezione del partito che era veramente
rimasta chiusa. Dopo che si fece in quattro (io c’ero, e con me altri) per
riportare i compagni di allora a fare politica, ma fu difficile, molto
difficile. Il perché impegnerebbe un libro di memorie, ma l’importante che egli
prima “fece” e poi “parlò”. Dico questo perché Musella non è
un “Canarino” da stanza, che canticchia allegro e spensierato, per usare ancora
la bella metafora ornitologica ma, un “passero molesto e randagio” che fa
sentire la propria voce e coscienza. Egli non ha mai
attaccato la controparte politica senza aver messo il dito nell’occhio alla sua
sinistra. Vi ringrazio tutti e due, sperando di non aver recato torto alle
vostre idee, dicendo la mia.
Enzo
Salatiello