Per una cliccata in più, c’è chi venderebbe l’anima al
diavolo
Insulti e offese nei miei confronti, anche se velati da una coltre di
ipocrisia, continuano senza soste, per cui sono costretto, mio malgrado, a
riproporre un pezzo di qualche anno fa, con qualche aggiunta. Mai avrei
pensato, dopo anni di giornalismo, esclusivamente al servizio dei lettori, pur
commettendo diversi errori, di scrivere un articolo di critica verso alcuni
colleghi che, per una cliccata in più o per arrivare primi su una notizia, il
più delle volte senza neanche verificarla o approfondirla, venderebbero la loro
anima al diavolo. Purtroppo, dalle nostre parti, l’informazione è andata a
finire anche nelle mani di qualche pennivendolo che crede di essere un “novello
indovino” (l’avevamo anticipato noi, l’avevamo già previsto, l’avevamo detto..)
o, addirittura, di sentirsi il “grande moralizzatore”, decidendo lui, secondo
una becera visione manichea, chi sono i buoni o i cattivi, dando voti e
stilando pagelle. Tra l’altro in una visione confusa, poiché, spesso, chi erano i buoni di ieri sono diventati i cattivi
di oggi. La storia ci insegna che fine hanno fatto personaggi del passato che
avevano queste “manie”. In un passo del Vangelo è scritto: “prima di guardare
la pagliuzza negli occhi degli altri, guarda la trave che hai nel tuo occhio”.
E mi fermo qui, senza andare oltre. Giornalisti giovani, già vecchi, che
credono di sapere tutto. Qualcuno, in particolare, pensa che gli sia anche
concesso tutto, perfino di non avere rispetto sia per chi gli ha insegnato i
rudimenti della comunicazione che per qualche politico caduto in disgrazia dal
quale si recava ogni giorno a mendicare notizie per fare i suoi scoop. Il patto
di ferro si sarebbe rotto. Chissà perché… I miei maestri mi hanno insegnato a
non parlare mai male dei colleghi, e io ho sempre applicato alla lettera le
loro lezioni di umiltà, rispettando anche chi non avrebbe meritato rispetto.
Diritto di critica sì, ma senza scadere nell’offesa gratuita, anche in maniera
velata. Personalmente, ho avuto l’approccio al giornalismo intorno ai 40 anni:
ho lavorato per diverso tempo come corrispondente del Giornale di Napoli del
comprensorio giuglianese, ho collaborato con il Mattino e con Teleclubitalia, ho
fondato e diretto “l’attesa”, un periodico che ha fatto sana informazione per
vent’anni a Marano e a Calvizzano: veniva comprato in edicola da circa
mille persone. Oggi, purtroppo, quel tipo di giornale che indagava la realtà,
che cercava notizie, che proponeva chiavi di lettura, che ha consegnato ai
cittadini e alla storia i fatti (comodi e scomodi) e i punti di vista (belli e
brutti) non esiste più. La comunicazione a nord-ovest di Napoli, purtroppo, è
finita anche nelle mani di qualche imbonitore che, a mio avviso, per motivi
etici e morali, andrebbe radiato dall’ albo dei giornalisti.
Mimmo Rosiello