Lia
ripropone una sua favola scritta alcuni anni fa e Secondino gliela recensisce.
Due momenti di grande cultura che vale la pena vivere, attraverso la lettura. Non perdeteveli
Chimera, la bella favola di Lia che
andrebbe letta nelle scuole
C’era una volta e forse c’è ancora in un angolo di mondo
qualsiasi, un paese piccolo piccolo arroccato su di una montagna e vicino
vicino al cielo. La sera quando calavano le tenebre, a vederlo da lontano era
uno spettacolo pieno pieno di luci; quasi come quei piccoli presepi racchiusi
in bottiglie di vetro. Di giorno era ancora più bello tutto verde e fatto a
scale; le case sembravano disegnate sui muri ed i minuscoli balconi che davano
sulla strada traboccavano di rossi gerani e di rose ancora in boccio che
impregnavano l’aria del loro profumo. Rancopicco contava circa trecento anime;
aveva una chiesetta con un parroco ciarliero, un bar al centro della piazza, un
circolo ricreativo, un parco gioco per bambini, un campo di bocce per i nonni e
perfino una mini sala per il cinema. Aveva proprio tutto e voi penserete che in
un posto così si doveva star bene ed essere felici; ahimè, purtroppo non era
per niente così perché in cotanta bellezza vi era una cosa orribile: le persone
non erano affatto amiche tra di loro ma ognuno viveva la propria vita
all’interno della sua casa senza comunicare con chicchessia; anzi quando si
incontravano si guardavano in cagnesco e non si davano una mano nemmeno nei
momenti difficili. A cosa era dovuto tale comportamento? È presto detto. I
rancopicchessi erano sempre in lotta perché non riuscivano a stabilire i
confini dei loro appezzamenti terrieri e di conseguenza i loro rapporti erano
esacerbati da vecchi rancori che nessuno riusciva a superare. Un giorno però
accadde qualcosa che venne a sconvolgere la vita degli abitanti di questo
paesino. Era un tranquillo giorno di una tranquilla settimana; l’orologio della
chiesetta suonava le sette, tutto era ancora assonnato, tranne il sole che
spandeva intorno i suoi raggi ancora rossi ma già caldi. All’improvviso una
music assordante sparse le sue note che andarono a svegliare coloro che ancora
dormivano e portarono giù nella piazza gli altri che erano già svegli; due
enormi carrozzoni che avevano visto tempi migliori, erano lì, davanti agli
occhi incuriositi dei giovani, intimoriti degli anziani ed estasiati dei
bambini. Accodati alle due grandi roulottes c’era un’enorme scatola di legno
dove vi era scritto a caratteri cubitali di colore giallo “Circo La Chimera”.
Ad un tratto uno strano tipo saltò fuori dalla cabina di guida. Era costui alto
quasi due metri, non aveva capelli ma in compenso una lunga e folta barba gli
coprivano mezzo viso sul quale risaltavano dei bellissimi occhi di un colore
indefinibile che andava dall’azzurro cielo al verde mare in tempesta e lucidi
come se avesse appena pianto. Una lunga tunica avvolgeva il suo corpo per cui
era impossibile valutarne l’età: “Benvenuti lor signori in questa pubblica
piazza io sono Mister Ghibli e questo è il mio circo; sono felice di essere
approdato in questo angolo di paradiso e stasera invito tutti ma proprio tutti
al meraviglioso spettacolo che metteremo in piedi per voi… adesso vi pregherei
di sgombrare perché procederemo a montare le tende egli animali avrebbero
bisogno di riposarsi e…” “Ehi Mister” – la voce apparteneva a un bambino che ea
sfuggito all’attenzione della mamma- “Ma che cos’hai in quella gabbia, là” –
disse indicando la curiosa scatola. L’enigmatico uomo del circo parve turbato
da tale richiesta; pur facendo un grosso sforzo disse: “Lì c’è il finale del
nostro spettacolo, un numero che non dimenticherete più, una sorpresa
incredibile perché la nostra chimera che dà il nome al circo e proprio qui
dentro e stasera farà per voi cose indicibili. Ma ora vi prego di avviarvi alle
vostre case e di tornare qui alle nove in punto allorché inizierà lo
spettacolo.” A poco, a poco la folla si diradò ed ognuno fece ritorno alle
proprie faccende; i bambini esultanti e gli adulti incuriositi ed irrequieti
per la strana personalità che era venuta fuori dal capocirco. Gli abitanti di
Rancopicco erano persone particolari e non ebbero problemi a riprendere la
routine quotidiana, aspettando con calma che arrivasse l’ora dello spettacolo.
Non si scambiarono commenti tra di loro perché dove non c’è amore non può
esserci amicizia, solidarietà, complicità, interessi comuni; dove non c’è amore
c’è solo egoismo indifferenza indolenza ed intolleranza. L’assenza di un
sentimento forte come l’amore può sfociare solo in cose orribili come le guerre
che sono proprio la proiezione dell’odio che si cova dentro e degli ottimi
strumenti per scaricare tutta l’aggressività accumulata non è vero che il tempo
non passa mai quando non ci sono stimoli; il tran tran quotidiano proprio
perché non si concede pause, fa volare le ora e in men che non si dica le nove
di sera giunsero. Tutti si avviarono in piazza con i loro vestiti della festa e
si videro in giro persone che non uscivano da mesi; in un certo qual modo il
circo aveva operato già un mezzo miracolo. La folla incominciò ad entrare sotto
una grande tenda rossa per prendere posto intorno a una grande pista
sfolgorante di luci, dove due clowns facevano divertire i bambini co i loro
buffi nasi rossi. Quando tutti furono seduti, si spensero le luci e diede il
via allo spettacolo: il trapezista fece battere i cuori, il domatore lo fece
fermare ed i cavalli furono la delizia dei bambini. All’improvviso una luce
andò ad illuminare la scatola di legno ed una voce annunciò: “Spettabile
pubblico tra pochi secondi i vostri occhi vedranno qualcosa di eccezionale e
che non scorderanno facilmente…” Il battere dei tamburi creava un’atmosfera di
profonda tensione e di trepidante attesa che si poteva scorgere sui volti di
coloro che aspettavano. Intanto Mister Ghibli si era avvicinato alla gabbia e
con uno scatto improvviso lasciò cadere il catenaccio che la teneva chiusa.
“Ecco ciò che vi avevo promesso… Accidenti e vuota, me l’hanno rubata…” Mentre
pronunciava tali parole si accasciò su di una sedia con la testa fra le mani;
era disperato e sembrava invecchiato di mille anni. Il pubblico era ammutolito
e se qualcuno pensò di protestare per la mancata sorpresa se ne guardò bene.
“Ho capito cosa bisogna fare”. Ad un tratto il Mister sembrò essere tornato in
sé ed aver ripreso il controllo della situazione. “Andremo a cercarla tutti, il
paese è piccolo e non sarà un’impresa difficile”. La gente guardò stupita
l’uomo come se avesse appena detto parole incomprensibili; poi dal fondo del
tendone si levò una vocina flebile che apparteneva alla veterana del villaggio
con i suoi quasi cent’anni di età: “Ha ragione, dobbiamo trovarla non possiamo
permetter che vaghi per le nostre strade, ci sono i nostri bambini e non saremo
più tranquilli neanche di giorno”. D’accordo continuò un ragazzo biondo. “Ma
Mister non sappiamo com’è fatta, come faremo?”. “Appena la vedrete la
riconoscerete”. Rispose il circense. Ora sembrava che i rancopicchesi non
vedessero l’ora di buttarsi in questa avventura; era come se si fossero
svegliati all’improvviso da un lungo sonno. “Va bene continuò un uomo dall’aria
burbera, “Formeremo dei gruppi ed ogni gruppo prenderà un sentiero diverso, tra
due ore ci ritroveremo qui e faremo il punto della situazione”. Intanto il capo
circo aveva assunto un’espressione indecifrabile tra il divertito e il
compiaciuto anche se un velo di tristezza ancora persisteva nei suoi
incredibili occhi. In pochi minuti la piazza si fece deserta mentre la luna guidava
con la sua bianca luce il cammino di coloro che si avviavano alla ricerca di
qualcosa che non avevano mai visto. “Irene vieni, entriamo in questa grotta”.
Colui che aveva parlato si chiamava Angelo ed era i lfiglio del maestro della
piccola scuola del paese. “Ti chiami così vero?”, continuò. La ragazza abbassò
lo sguardo e si mise una mano sul petto come a fermare il cuore che batteva
all’impazzata. Quante notti aveva passato insonne a fantasticare su Angelo.
Angelo era il suo sogno proibito perché le loro famiglie si odiavano da tre
generazioni per una ragione che forse nemmeno ricordavano più. “Si sono Irene e
tu sei Angelo”. Quest’ultimo la guardò e non poté non dire: “Hai sempre avuto
questi incredibili capelli corvini simili al manto di un cavallo di razza? E
poi dimmi cosa fai tutto il giorno?...” E poco a poco, cercando cercando si
raccontavano le loro vite. Dalla parte opposta a questa due omoni cercavano di
guadare il piccolo torrente per vedere se sul fondo c’era Chimera. “Vedi
Geronte, il mio bastone serve a qualcosa”. “Si.” Rispose colui che tutti
chiamavano Trespolo. “Ma stai attento potresti ucciderla”. Queste erano le
prime parole che si scambiavano dopo vent’anni di silenzio. I due erano
confinanti e Trespolo vantava la proprietà di un vitigno che era sì nel suo
podere ma che aveva radici in quello di Geronte, per cui ad ogni vendemmia era
guerra aperta. “Se non ha ucciso te non ucciderà nemmeno la bestia, se di
bestia si tratta e poi come osi parlarmi dopo quello che mi fai tribolare tutto
l’anno?!”. “È vero”. Pensò Trespolo, “Potremmo ancora essere amici…?” “Ehi
Geronte passiamo dall’altra parte e sediamoci sulla sponda aspettando che si
faccia viva, ho in tasca un mazzo di carte. Che dici ci facciamo una briscola?”
Trespolo e Geronte iniziarono una partita e le loro risate arrivarono sino alle
stelle. Intanto un gruppo di mamme si era messo a cercare nella piccola
brughiera con coraggio e spirito di iniziativa. Abitavano la parte alta del
paesino e vuoi perché le loro parole erano inghiottite dal silenzio delle
montagne che circondavano le loro case, vuoi perché impegnate nei campi, le
donne a stento si conoscevano e loro stesse mostrarono meraviglia per le
affinità che le univano prime fra tute la loro età. “Io direi..” Colei che
aveva parlato era una donna di circa quarant’anni piccola e con degli
incredibili capelli ricci. “Che dovremmo imitare dei versi di animali, potrebbe
funzionare”. “Si”. Rispose Penelope. “Mio figlio è bravissimo in questo ed io
ho imparato da lui”. “Tuo figlio? E quanti anni ha?” “Il mio ne fa undici il
prossimo mese”. La terza donna che si era intromessa nel discorso si chiamava
Alcina ed era altissima e magrissima come un giunco. Le neo amiche mentre si
facevano strada fra gli arbusti si scambiavano le lor esperienze di donne e di
mamme ciarlando e ridendo come se stessero in un mercatino rionale. Mai il
paese era stato cosi vivo, sembrava che qualcuno avesse dato un’anima a una
statua di marmo; si udivano gridolini di gioia, sonore risate, voci che
chiamavano bambini che si rincorrevano; era tutta una festa i cui unici addobbi
erano rappresentati da un cielo stellato ed un’argentea luna. Il tempo passò in
fretta ed in men che non si dica tutti si ritrovarono sulla piazza del paese,
ognuno con la speranza che l’altro avesse buone notizie. Mister Ghibli era
salito su di una pietra e quando si fece silenzio incominciò a parlare: “Allora
com’è andata la ricerca?” A tali parole si levarono voci di protesta da tutte
le parti e nessuno capiva quello che diceva l’altro fino a quando una voce
tonante coprì tutte le altre. Era quella del vecchio Solonte che aveva passato
metà della sua vita seduto fuori al bar del paese con lo stesso bicchiere in
mano, mai portato alle labbra e noto per la sua saggezza: “Abbiamo girato il paese
in lungo e largo, stanato tutte le grotte, guadato perfino le pozzanghere, ci
siamo graffiati le braccia e le gambe per i sentieri più boscosi ma non abbiamo
trovato niente; tu ci hai truffato, ti sei preso i nostri soldi per qualcosa
che in quella gabbia non c’è mai stato.” Mentre parlava tutti applaudivano e
assentivano. L’uomo del circo fece fatica a riportare la calma e quando ciò
avvenne ricominciò a parlare: “Cari signori io non vi ho né truffati né presi
in giro, siete stati voi che non avete riflettuto sulle mie parole e sapete
perché? Perché l’odio, il rancore e la rabbia che albergavano in voi
appannavano anche i vostri sensi e vi impedivano di ascoltare con animo puro.
Stamattina vi ho detto che qui in questa scatola c’era una cosa incredibile che
si chiamava Chimera. ,a cos’è la Chimera? Essa è un’illusione irraggiungibile e
qualcosa che è nei vostri sogni ed è diversa per ognuno di voi. Tutti hanno la
propria Chimera e la inseguono per tutta la vita perché è proprio lei che ci
aiuta a sopportare dolori e difficoltà. Non importa trovarla, l’essenziale è
averla dentro, attaccata alla nostra pelle; e perché no rincorrerla per sempre.
Voi stasera siete partiti alla ricerca di qualcosa che non esisteva e siete
tornati con dentro quella cosa che inconsapevolmente stavate cercando da anni.
Eravate degli estranei, vi rivolgevate la parola solo per insultarvi; ora siete
qui vi date la mano con i volti addolciti e lo sguardo tenero. Avete ritrovato
la gioia di stare insieme, il benessere che si prova nel confidare le proprie
pene, il confronto degli altri che ci dà l’esatta misura dei nostri valori.
Tornate alle vostre case, spalancate porte e finestre, accendete tutte le luci
e cantate a squarciagola perché stasera Chimera è qui fra noi. Stasera Chimera è
tornata a casa”.
La lucida recensione
di Secondino Tranquilli: “Quel Mister Ghibli parla come Gesù”
La favola è un testo che ha come scopo finale quello di indicare la strada
a chi ascolta. La strada è la risposta al quesito che spesso si immette sul
cammino della nostra vita. Si dice tecnicamente che la favola ha la “morale”.
Un significato guida che permette a tutti di capire e di fare tesoro
dell’insegnamento. Lia racconta di un paese inesistente ma che in realtà
potrebbe essere la Calvizzano di un tempo o di quello attuale, Marano o
qualsiasi altro paese perché in ognuno di essi esiste gente che si detesta, che
non raccoglie il vero, unico valore che ha l’uomo: la socialità, il vivere in
comunità aiutandosi. Nella favola l’uomo del circo e il vecchio saggio si
confrontano in una contrapposizione dalla quale non usciranno né vinti né
vincitori ma, vincerà la verità, quella nascosta nei cuori di Geronte e
Trespolo, di Irene e Angelo, delle donne che si stimano da subito, alle prime
parole. Lia è un’affabulatrice e si vede! Il personaggio del vecchio saggio non
è l’antagonista del racconto ma una figura che si presta alla necessaria azione
di confutazione del tema portante: lui contesta la tesi dell’uomo del circo per
dare modo a quest’ultimo di poter manifestare la sua teoria. Curiosamente si
direbbe secondo una tesi nuova e accattivante che, Giuda tradisce Gesù per
volontà di quest’ultimo per portare a compimento il suo insegnamento. Lia si
serve dei personaggi per arrivare al suo scopo si dice che l’autore in questo
caso è: “Onnisciente, e a focalizzazione zero”. L’onniscienza sta nel fatto che
lei sa già dove andrà a parare la morale della favola, ha in animo l’obiettivo
di condurci tutti alla sua meta. La focalizzazione zero sta nel fatto che
l’autore appiattisce il suo punto di vista con quello di Mister Ghibli, Cioè,
si può anche non essere d’accordo col personaggio, per esempio Manzoni che ha
scritto i “Promessi sposi” non era certo moralmente d’accordo col Signorotto
Don Rodrigo ma, di sicuro con Don Cristoforo. Lia fa la stessa cosa, fa parlare
i personaggi ma sappiamo chi è la sua vera invenzione: Mister Ghibli. ci dona
la FABULA, il termine latino che indica una fiaba appunto. Lei è in grado di
raccontare un intreccio con un percorso che si snoda tra sequenze dialogiche
molto complesse ed elaborate riflessioni sue che ci portano alla meta: non c’è
nessun guadagno nell’odio, nel disprezzo altrui. Lia elenca i valori contrari
all’amore, all’amicizia, alla tolleranza nella prima parte del racconto e nella
seconda, grazie alla Chimera, anzi a Chimera, perché per una come lei tutto
diviene antropomorfo, tutto è vivo, acceso in noi come una fiamma che non si
spegne mai. Il linguaggio che impiega nel racconto fiabesco non è per i
bambini. Forse lei lo scrisse per questi ma, tenete presente che lei si rivolge
all’umanità intera. La prova? Rileggete attentamente le ultime parole di Mister
Ghibli:
“Eravate degli estranei, vi rivolgevate la parola solo per insultarvi; ora siete qui vi date la mano con i volti addolciti e lo sguardo tenero. Avete ritrovato la gioia di stare insieme, il benessere che si prova nel confidare le proprie pene, il confronto degli altri che ci dà l’esatta misura dei nostri valori. Tornate alle vostre case, spalancate porte e finestre, accendete tutte le luci e cantate a squarciagola perché stasera Chimera è qui fra noi. Stasera Chimera è tornata a casa”.
Qui c’è un invito quasi messianico, apparentemente semplice ma, quel Mister Ghibli, parla come Gesù? Con parole non menzionate dai Vangeli ma l’invito è quello, socializzate, state insieme, amatevi, rispettatevi. La Chimera che credevate di non aver trovato ha fatto il suo lavoro, vi ha reso di nuovo degni dell’appellativo di umani. Lia, attraverso Mister Ghibli ci regala un’esposizione filosofica (ricorrente in tutte le sue opere) di Chimera, essa non è solo un miraggio ma, l’energia positiva che dobbiamo avere noi per raggiungere i nostri traguardi. Lia ci dice: “Attenzione, noi non siamo obbligati a superare a tutti i costi i limiti che ci impongono gli altri ma i NOSTRI LIMITI! Non importa chi siete e cosa facciate nella vita ma siate in grado di sognare.” Questa è una “Opera morale” non nell’accezione del termine che attiene ai dettami cattolici e al suo formalismo o perbenismo, Lia non è affatto coinvolta dalla “morale” di questo tipo ma da una morale che diventa “Etica”, che rappresenta meglio il mondo dei valori di questa donna libera e senza le catene del pregiudizio. Sperando di aver bene interpretato il suo pensiero la ringrazio e ringrazio voi amiche amazzoni per la pazienza e gli amici della pagina.
“Eravate degli estranei, vi rivolgevate la parola solo per insultarvi; ora siete qui vi date la mano con i volti addolciti e lo sguardo tenero. Avete ritrovato la gioia di stare insieme, il benessere che si prova nel confidare le proprie pene, il confronto degli altri che ci dà l’esatta misura dei nostri valori. Tornate alle vostre case, spalancate porte e finestre, accendete tutte le luci e cantate a squarciagola perché stasera Chimera è qui fra noi. Stasera Chimera è tornata a casa”.
Qui c’è un invito quasi messianico, apparentemente semplice ma, quel Mister Ghibli, parla come Gesù? Con parole non menzionate dai Vangeli ma l’invito è quello, socializzate, state insieme, amatevi, rispettatevi. La Chimera che credevate di non aver trovato ha fatto il suo lavoro, vi ha reso di nuovo degni dell’appellativo di umani. Lia, attraverso Mister Ghibli ci regala un’esposizione filosofica (ricorrente in tutte le sue opere) di Chimera, essa non è solo un miraggio ma, l’energia positiva che dobbiamo avere noi per raggiungere i nostri traguardi. Lia ci dice: “Attenzione, noi non siamo obbligati a superare a tutti i costi i limiti che ci impongono gli altri ma i NOSTRI LIMITI! Non importa chi siete e cosa facciate nella vita ma siate in grado di sognare.” Questa è una “Opera morale” non nell’accezione del termine che attiene ai dettami cattolici e al suo formalismo o perbenismo, Lia non è affatto coinvolta dalla “morale” di questo tipo ma da una morale che diventa “Etica”, che rappresenta meglio il mondo dei valori di questa donna libera e senza le catene del pregiudizio. Sperando di aver bene interpretato il suo pensiero la ringrazio e ringrazio voi amiche amazzoni per la pazienza e gli amici della pagina.
Anche noi abbiamo letto la favola di Lia e l’abbiamo
recensita con una semplice frase: “la
felicità è condivisione”