Angelo Orlando (indicato con una freccia) all'epoca in cui era sindaco, circondato (tra gli altri) da alcuni assessori e consiglieri comunisti e socialisti |
Governò
la città dal 1946 al 1953 con due brevi interruzioni: politica e interessi del
potere dominante segnarono la sua famiglia. Fu il primo sindaco comunista. Uno
scapestrato ex fascista tentò di assassinarlo. Il vice prefetto Fasano, inviato
a Marano per indagare sugli atti amministrativi , alla fine se ne andò dicendo
a Orlando queste parole: “ero stato invitato per trovare il pelo nell’uovo, ma
non ho trovato nulla contro di voi. Siete un onestissimo comunista
Riproponiamo un articolo a firma dello storico e
giornalista Enzo Savanelli scritto
nel 1993 per il periodico “ideaCittà
Spentosi a poco meno di ottantasette anni, Angelo Orlando è stato uno dei
protagonisti della storia maranese dell’immediato dopoguerra. Fu il primo sindaco comunista della città e si
adoperò strenuamente per risolvere il problema della disoccupazione e dell’inserimento
dei reduci. Promosse opere pubbliche che
furono tappe decisive per il futuro di Marano.
Non gli mancarono denigratori e nemici. Per motivi
politici uno scapestrato, ex fascista, tentò di assassinarlo. Evitò il
proiettile, ma non poté fare nulla contro il destino che da quel momento
perseguirà lui e la sua famiglia. Convinta che Angelo fosse stato ucciso nell’attentato
sotto casa, infatti, la moglie fu colta da malore e morirà dopo un breve
calvario. Il figlio maggiore, “Tanino”, per vendetta sparò a sua volta all’attentatore.
Questo verrà ferito di striscio, ma nella sparatoria
perderà la vita una bimba di tre mesi tra le braccia di una povera donna che si
trovava a passare in quel momento.
Poi, a turbare la vita del sindaco rosso, ci fu l’assassinio
di Pascalone ‘e Nola e i diciassette anni di carcere scontati dal figlio
Gaetano e l’isolamento politico decretato dal partito di Togliatti. Nel 1966,
in seguito al centro sinistra e ai precedenti fatti di Ungheria, Angelo passò
nel partito socialista candidandosi alle elezioni amministrative del 12 giugno.
Ma i tempi erano cambiati. In una amara intervista dell’’86, della quale pubblichiamo
i passaggi più interessanti, “don Angelo” rivisse gli anni che lo videro
sindaco a Marano.
“…la
prima elezione libera del dopoguerra vide a Marano il trionfo della sinistra ed
io, comunista, fui eletto sindaco. La disoccupazione era enorme.
Precedentemente, in epoca di autarchia, non potendo importare sacchi dall’estero
per la commercializzazione della frutta, si usavano le ceste e a Marano erano
tutti cestai. Dopo la guerra, invece, il mercato delle ceste crollò
improvvisamente e la città si ritrovò povera e senza lavoro. Poi c’erano le
scuole, le strade e ‘igiene a cui provvedere. Per le strade c’era un perenne
rigagnolo di acqua fetida perché mancavano le fogne e quando pioveva occorreva
usare il “carroccio” per passare da una parte all’altra. Per far fronte a questi
problemi, organizzai una finta sollevazione popolare. Facemo credere ai
carabinieri che i disoccupati stavano preparando un assalto al Comune ed ai
negozi più forniti. Costoro inviarono un allarmato fonogramma al Prefetto e al
ministro degli Interni, così mi fu facile essere ricevuto a Roma dal ministro
delle Opere Pubbliche, che, tra l’altro, era il comunista Emilio Sereno. A
costui, a più riprese, dissi che a
Marano occorreva creare un grosso cantiere per opere pubbliche. Fu così che
riunirono i fondi residui dei bilanci comunali dei paesi limitrofi e li diedero
a Marano per realizzare le fogne. Con i trenta milioni dell’epoca dotammo di
fogna corso Vittorio Emanuele e via Ranucci. Poi riuscii ad avere fondi per
altre opere, cosicchè la città era tutto n cantiere. Più di trecento
disoccupati, così, ebbero di che vivere. Per farli lavorare tutti, si
organizzarono turni anche di notte. Con i fondi successivi fu pavimentata anche
piazza Edificio scolastico, che precedentemente era a fondo naturale, e
iniziata la strada di collegamento con San Rocco. Infine, portammo la corrente
nelle campagne. I nostri avversari politici, sapendo che la maggior parte dei
voti il partito comunista li prendeva a Quarto, che allora era una frazione di
Marano, decisero che Quarto dovesse diventare Comune autonomo. Alle successive
elezioni, dopo che i preti avevano fatto giurare sul santissimo sacramento a
quasi tutti i cittadini di non votare nessun partito della sinistra, vinse la
coalizione messa in piedi da ex fascisti, democrazia cristiana, monarchici e
qualunquisti…”
Quando fu eletto sindaco, Angelo Orlando fece
approvare in Consiglio una nuova toponomastica del quartiere Duca d’Aosta. Si
sarebbe dovuto chiamare “Rione Antonio Gramsci”. E per rendere più rapida l’attuazione
della nuova normativa, furono messe all’inizio del viale due colonne con
tabelloni recanti la nuova denominazione dell’abitato.
“…Ovviamente
– continua Orlando – questa decisione fu ostacolata soprattutto da preti che,
però, non dimenticavano mai di invitarmi a presenziare a tutte le loro
processioni. Una volta che si celebrava la processione del Corpus Domini,
chiesi perché mai il corteo religioso si tenesse tanto pervicacemente lontano
dal rione Gramsci. Mi fu risposto che non vi sarebbero mai andati e che
avrebbero lasciato il sacramento a terra se qualcuno glielo avesse imposto. Mi
bastò questo per sentirmi in diritto di abbandonare la processione. E con me l’abbandonò
tutta la giunta. L’indomani, il reverendo don Vittorio mi chiese scusa e mi
invitò a riprendere la processione interrotta aggiungendo che, come segno di
pace, il Corpus Domini sarebbe andato anche nell’ex rione Duca d’Aosta. Ma
quando fummo lì ci accorgemmo che qualcuno aveva abbattuto le colonne con il
nuovo nome dato al quartiere”.
Orlando, giovane sindaco a Marano nell’immediato
dopoguerra: il pensiero va a tangentopoli ed all’arricchimento improvviso.
“Non
solo non ho mai approfittato di una sola lira – ammette Angelo – ma, essendo
comunista, ero mal visto anche dalla prefettura. Tutte le pratiche inviate da
Marano finivano immancabilmente nel dimenticatoio, dopo che qualche zelante
burocrate vi aveva apposto la scritta “R”, che significava “rosso”. Un modo per
dire che non si doveva procedere, perché i comunisti non dovevano avere alcun
aiuto. Un giorno il prefetto inviò a Marano il suo vice, dott. Fasano, per un’ispezione
sul mio operato. Ispezione unica nel suo genere. Per tre mesi Fasano esaminò
delibera, tesoreria, annona, ed indagò tra i dipendenti per trovare qualsiasi appiglio
contro di me. Alla fine se ne andò salutandomi con queste parole: “Ero stato
invitato per trovare il pelo nell’uovo, ma non ho trovato nulla contro di voi.
Siete un onestissimo comunista”.
Poi c’è l’episodio del Natale ’54. Angelo aveva un po’
di pudore a rivelarmelo.
“Nessuno ha
mai saputo che, quando ero sindaco, ero così occupato a trovare lavoro agli
altri che dimenticavo che avevo una moglie e dei figli da mantenere. A Natale
del ’54 mi ero trattenuto in Prefettura più del previsto per poter far
assegnare dei fondi speciali ad alcuni reduci che quella sera particolare non
avevano di che mangiare. Dopo un lungo braccio di ferro riuscii a risolvere
positivamente la cosa. Tornai a casa e mia moglie, con molta tenerezza, mi fece
capire che non avrebbe potuto preparare il cenone perché non c’erano soldi in
casa e lei non aveva potuto acquistare granché. Tutti stavano per festeggiare
la santa festa, tranne noi. Non fa niente, metti due maccheroni, le dissi,
festeggiamo col poco che teniamo. Natale passerà lo stesso. In quello stesso
momento bussano alla porta. Vado ad aprire e una persona, che non ho mai più
incontrato, mi lascia tra le mani una spasella di pesci e, senza dire nulla, se
ne va misteriosamente come era venuta”.
La
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