E’ notorio che gli
artisti, generalmente, hanno una sensibilità più spiccata rispetto alla
gente comune. Lia Ricciardiello,
calvizzanese trapiantata a Marano, va annoverata sicuramente tra queste
persone. Non la conosciamo di persona, anche se le abbiamo promesso di
intervistarla per il suo vissuto artistico (ci perdoni della mancanza: appena
possibile lo faremo), ma abbiamo imparato ad apprezzarla per quello che scrive
quotidianamente nel gruppo social “Sei di Calvizzano se….” Ci ha colpito come
ha raccontato, in breve, la storia di Divirola,
un nome che, ancora oggi, quando viene pronunciato, incuterebbe un po’ di timore, specialmente nei bambini più
piccoli. La riproponiamo a coloro che non l’hanno letta.
Tanti anni fa viveva
a Calvizzano una donna che tutti chiamavano "divirola". Io non so
ancora oggi cosa significhi quel nomignolo, però, anche se ero bambina, ricordo
bene lei. Era, quella che oggi chiameremmo "DIVERSAMENTE ABILE": fisicamente
era rimasta una bambina con un'altezza di un metro e dieci circa e aveva un
viso asimmetrico, mentre mentalmente aveva un quoziente intellettivo di una
bambina di 3 o 4 anni. I più la deridevano e le mamme la usavano per farsi
ubbidire dai figli con frasi tipo "wè si nun mang chiamm'a divirola. Io la
sognavo spesso e ne avevo paura. Penso che nessuno mai si sia accorto che era
lei ad avere paura, paura della vita, della gente, e dell'incomprensione di
tutti noi che non avevamo capito che "DIVIROLA", in fondo, aveva
bisogno solo di un po’di amore.