“Salve
signor Domenico, noi non ci conosciamo, ma io vorrei che lei mi aiutasse visto
che vedo molte sue notizie...vorrei che mi facesse un’ intervista e che il
sindaco di Calvizzano la leggesse poi vista la mia situazione economica. ..ho 3
figli di cui una bimba disabile, mio marito disoccupato, un affitto e spese da
pagare... Vorrei tanto che qualcuno ci aiutasse...che so ...a darci una casa!
Un lavoro x mio marito! La prego ci aiuti! Distinti saluti Una madre e moglie
disperata! Grazie”
Questa è solo una
parte della lettera che ci ha inviato la signora Sara D’Angelo, la quale, vedendo nel suo futuro solo un abisso
oscuro, si è rivolta alla stampa locale, per amplificare la sua rabbia di madre
e moglie disperata, con la speranza di ottenere un risultato positivo alla sua
battaglia. Le ha tentate tutte per aiutare suo marito a trovare un lavoro:
ha consumato le scale del Comune,
facendo la spola tra la stanza del sindaco e l’ufficio servizi sociali, senza cavare
un ragno dal buco. Adesso, è decisa a tutto: anche a occupare il Comune, pur di
raggiungere un obiettivo umano e dignitoso. Solo con l’indennità di
accompagnamento di sua figlia non riesce proprio a tirare avanti: c’è il piccolo
contributo comunale previsto per i tre figli a carico, qualche lavoro saltuario
del marito a 20 euro al giorno, ma non bastano per sfamare tre figli e per
prestare le cure alla bambina disabile.
“Sono tanto
preoccupata – ha detto la signora Sara
tra lacrime e singhiozzi di disperazione
al giornalista che è andata a intervistarla nella sua casa in affitto al primo
piano di uno stabile di piazzetta San Pietro (dove c’è il Pino) – Non so più a
che Santo appellarmi. Non cerco sussidi, vorrei solo che mio marito lavorasse
per assicurare una vita normale ai miei figli e il sindaco mi deve aiutare,
altrimenti sono decisa a tutto. So bene che il Comune non sforna posti di
lavoro, ma un sindaco, specialmente se si trova al cospetto di un caso
drammatico come il mio, può fare tanto. Sono cittadina di Calvizzano da oltre
10 anni: fino a quando mio marito ha lavorato non ho mai preteso niente dalle
Istituzioni, ma ora che chiedo una mano non me la si può negare”.
Poveri senza
speranze, quindi? Eppure chi non trova lavoro, chi lo perde, ha diritto a
vivere. E se non gli si può dare un’occupazione, gli si deve almeno garantire
un salario. Gli amministratori come istituzione comunale sono il primo contatto
tra la gente e lo Stato: spesso (di questi tempi un po’ di più) sono investiti di
una disperazione incredibile e non si ha la possibilità di sostenere
continuamente questi nuclei familiari in estremo disagio. Quello che manca,
purtroppo, è un progetto complessivo a livello regionale e statale, per
tutelare le fasce disagiate e la proposta del Movimento 5 Stelle sul “Reddito
di Cittadinanza” per un salario minimo garantito potrebbe essere una delle
soluzioni, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Intanto, però, a queste
persone non resta che piangere.