La storia di Antonio Iorio, una faccia della nuova povertà


“Non mi vergogno di dire che non ho potuto fare neanche la prima comunione alla mia bambina”

La famiglia Iorio in un'immagine di qualche anno fa 
Antonio Iorio, 48 anni, calvizzanese, non aveva problemi economici. Dopo anni di duro lavoro  riesce ad aprire un ufficio di poste private a Giugliano, condotto, però, da sua moglie, ma lui non abbandona il suo lavoro di piastrellista. Si va avanti con enormi sacrifici, fino a quando, all’improvviso, si passa dalla luce al buio. A sua moglie le viene diagnosticata una malattia rara al cervello: la operano d’urgenza all’ospedale Cardarelli, ma viene colpita da una meningite post-chirurgica. Da quel giorno comincia il  calvario di Antonio. Per causa di forza maggiore chiude l’ufficio postale che sua moglie conduceva con grande abnegazione. Così, Antonio, per portare avanti la famiglia, continua a sbarcare il lunario con lavori saltuari, dovendo, nel frattempo, fare i conti con la crisi del mercato del lavoro. Nel contempo deve badare a sua moglie allettata, perché ha bisogno di cure e di assistenza continua, e ai suoi due figlioli di 15 e 10 anni.
“Sono disperato – afferma – e senza soldi: non mi vergogno di dire che non ho potuto fare neanche la prima comunione a mia figlia”.
Al grido di rabbia e di “dolore” di Antonio c’è da aggiungere poco: lasciamo il suo numero di cellulare con la speranza che qualcuno possa chiamarlo per dargli una mano a uscire dal tunnel della disperazione. 3488934665.

                                                              I Nuovi Poveri

A Calvizzano, a Qualiano, a Villaricca…di casi come quello di Antonio ce ne sono diversi. Sono i rappresentanti di una povertà moderna e improvvisa, che potrebbe riguardare chiunque ed è per questo ancora più inquietante. Una volta la povertà era un dato strutturale e familiare. Si trasmetteva di generazione in generazione e c’era una sorta di abitudine a quella condizione sociale. Le famiglie povere e arretrate, in città, si conoscevano. Chi aveva una situazione di media agiatezza riusciva a conservarla per tutta la vita e riusciva a trasmetterla ai figli. Poi, col tempo, sono arrivate, in un primo momento, le patologie sociali (come la tossicodipendenza, l’alcolismo, le malattie psichiche) generatrici di povertà. Oggi, è tempo di nuovi disagi: l’emergenza è tutta interna a un mercato del lavoro senza regole e senza tutele. Trovare un’occupazione è difficilissimo, conservarla in condizioni di dignità è ancora più difficile, perderla è nulla. E per chi perde il posto di lavoro, si aprono le porte del vuoto e della povertà. A ciò si aggiunge una sanità “malata”, dove sprechi e ruberie l’hanno fatta da padrone, facendo pagare le conseguenze solo alla povera gente.
Ma come sono i “nuovi poveri”, qual è il loro atteggiamento, come vivono la loro condizione?

Sono, in genere, persone silenziose e nascoste come Antonio: per esporci il suo caso, infatti, ci ha contattato un suo amico calvizzanese, pregandoci di fare qualcosa per lui. Sono persone con un alto senso della dignità e disorientate dalla loro condizione. Sono persone che tutto vorrebbero tranne che chiedere sussidi; vorrebbero lavorare, avere una vita dignitosa ma, per eventi improvvisi e ingovernabili, si ritrovano sul lastrico. Perciò si vede spesso gente disperata, senza via d’uscita.   

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