“Questo blog, forse, è l'unico mezzo per essere informati su quanto succede
in paese restando comodamente seduti! Non bisogna confondere informazione
(quella che fa Lei) con polemica (quella che fanno coloro che non vogliono il
bene di Calvizzano). Dispiace solo che da un pò di tempo i commenti sono
diventati sempre più rari (per disinteresse o per ostruzionismo?)....Comunque,
grazie per il Suo coraggioso impegno”.
Antonio Castaldo
Ce ne sarebbero tanti di articoli da scrivere, ma abbiamo scelto di concludere
il 2014, pubblicando in prima pagina il commento
a firma di Antonio Castaldo, postato il 30 dicembre alle ore 18.49. Lo abbiamo
fatto perché il signor Castaldo è una persona che segue da sempre le vicissitudini
della città in cui abita (cosa estremamente positiva); è uno dei pochi che
firma i suoi commenti (ha, dunque, il coraggio di esporsi); partecipa al
dibattito senza peli sulla lingua (di queste persone ne occorrerebbero di più a
Calvizzano); inoltre, perché le sue parole sembrerebbero critiche ma, a nostro
avviso, sprigionano un certo ottimismo. Proprio quello di cui ha bisogno la
nostra città per crescere. Non è nostra intenzione tediare con le solite
giaculatorie quei pochi che hanno ancora la voglia a fine anno di cliccare su
Calvizzanoweb: pensiamo che la maniera migliore, per chiudere l’anno per dare
un senso alla normalità, sia quello di ripubblicare quel meraviglioso testo di
grande attualità dell’ artista calvizzanese, Mimmo Guarino (emigrato da qualche
anno a Pollena), intitolato la Terra
degli Gnu, proprio per far riflettere ancora di più.
La terra degli Gnu
Proprio come questi bestioni, noi umani, anziché sviluppare lo spirito
solidaristico, siamo sempre pronti a scappare, sempre pronti a voltare le
spalle alle vittime di turno: al commerciante che si ribella al pizzo, alla
povera gente che vede continuamente calpestati i suoi diritti, a chi si sforza
di fare il proprio dovere e viene minacciato, perché non è funzionale al
sistema, eccetera eccetera.
Tempo fa, guardando un documentario sulla savana africana, vidi una scena
che successivamente mi avrebbe fatto molto riflettere. Oggetto del documentario
uno degli erbivori più popolari di queste zone, lo gnu: uno strano animale a
metà strada tra un bue, un’antilope e un cavallo. Questi animali amano molto
stare in compagnia e si organizzano perciò in grandi branchi, che poi si
cimentano in lunghi spostamenti, a volte vere migrazioni, alla ricerca di erba
tenera nata dopo le piogge. Nel mese di Maggio circa 1,5 milioni di esemplari
si spostano dalle pianure alle foreste, per poi tornare alle pianure nel mese
di Novembre quando le piogge estive le avranno rese di nuovo verdi.
Nel documentario, la telecamera del reporter inquadrava proprio uno di
questi grandi branchi di gnu, con le bestie intente a bere vicini alla riva di
un fiume, quando tutto ad un tratto arrivò un leone. Il leone è da sempre
considerato il più acerrimo nemico dello gnu e presumibilmente quell’esemplare
dovette guadare quell’enorme massa di carne più o meno come un bambino guarda
estasiato le delizie che gli si presentano davanti agli occhi, entrando in una
pasticceria. Il leone si avvicinò indisturbato ad una parte del branco, scelse
la sua preda e senza esitare gli si avventò contro. In quel preciso istante, in
quel punto, si aprì come una voragine, uno squarcio in quell’ indistinto mare
nero fatto di carne, con tutti gli altri componenti del gruppo che si
allontanavano dall’epicentro dell’aggressione, per scappare lontano e
lasciare così la vittima sola di fronte al suo amaro destino. Dopo pochi
minuti il malcapitato gnu era già morto esamine al suolo, mentre il leone
banchettava felicemente nelle sue carni ancora calde. A pochi metri di
distanza tutto era poi tornato alla normalità, con gli gnu che si erano
riavvicinati al fiume ed avevano ricominciato ad abbeverarsi.
A ben guardarlo uno gnu non si può dire certo un “fringuello”, può misurare
infatti fino a 2 m di lunghezza per un’altezza che può arrivare di 1,40 m e con
un peso che può sfiorare i 300 Kg, insomma è una “bella bestia”, e quando si
batte con un leone, anche se poi ha la peggio, mostra sempre prova di grande
forza e coraggio e non di rado, con le sue grandi ed appuntite corna, riesce ad
infliggere all’avversario notevoli ferite. E’ quindi evidente che se
sviluppasse una seppur minima forma di difesa cooperativa, diciamo con un
rapporto di uno a cinque, riuscirebbe a mettere sotto qualsiasi leone che
tentasse di attaccarlo. Al suo attuale stadio di evoluzione comportamentale,
però, l’istinto lo spinge a scappare, un po’ come se gli suggerisse “fino a
quando non tocca a te, tira a campare”. Per questo un singolo leone può fare il
bello e cattivo tempo in un immenso branco di centinaia e centinaia di
bestioni.
La scena del leone che banchetta indisturbato nell’enorme branco di gnu mi
ha dato degli spunti di riflessione su quelli che molto spesso sono i
comportamenti che noi esseri umani adottiamo in circostanze similari. Non è
difficile constatare, infatti, che non siamo tanto diversi dagli gnu, quando
mostriamo poca o nessuna solidarietà nei confronti di quelle persone, o di
quelle categorie di persone, che sono state colpite da palesi ingiustizie.
Proprio come gli gnu siamo sempre pronti a scappare, siamo sempre
pronti a voltare le spalle alla vittima di turno: al commerciante che si
ribella al pizzo della mafia, agli omosessuali o ai neri picchiati per strada o
ai disabili che trovano mille ostacoli nelle barriere architettoniche. Un padre
si incatena davanti a Montecitorio, perché non può pagare le costosissime cure
per il figlio malato, ma noi lo lasciamo tristemente solo. C’è una manifestazione
di metalmeccanici che protestano contro il mancato rinnovo del contratto, ma in
quella manifestazione ci sono solo metalmeccanici. C’è una manifestazione di
insegnanti che protestano contro i tagli alla scuola, ma in quella
manifestazione ci sono solo insegnanti. Viene deciso di costruire un
inceneritore in pieno centro abitato e a protestare sono solo gli abitanti
delle zone circostanti. Chiaro è che con questo tipo di esempi potrei andare
avanti per molto.
Anche noi, come gli gnu, fino a quando non veniamo (o pensiamo di essere)
colpiti in modo diretto, in prima persona, continuiamo a bere, e lo
facciamo nel fiume dell’indifferenza e dell’apatia. Per questo motivo i
“leoni del potere”, e cioè i politici, quelli stanno dietro alle mafie, le
banche, le assicurazioni, le multinazionali, pur essendo numericamente esigui,
hanno da sempre la meglio sull’enorme massa di quelli che potrei definire “GnUmani”; perché ogni volta
questi devono combattere solo con una piccola parte della società.
Quando invece siamo noi ad essere colpiti, proprio come lo gnu che viene
assalito dal leone, mostriamo tutta la nostra forza e tenacia e ci
indigniamo anche per l’indifferenza e la scarsa solidarietà di chi ci sta a
attorno.
Senza scomodare alti ideali come “l’amore universale” o altre cose del
genere, basterebbe fare due semplici ragionamenti pratici per
capire che la solidarietà è l’unica
strada percorribile, due ragionamenti sotto certi aspetti anche un po’
egoistici, cioè di pura convenienza personale: “se oggi è toccato a lui, domani
potrebbe toccare a me” e poi “se mi batto contro un’ingiustizia, anche se non
mi tocca (o penso che non mi tocchi) direttamente, sto combattendo per
migliorare il mondo, quel mondo nel quale ci sono anche io e domani ci saranno
i miei figli”.
Mi chiedo cosa mai potrebbero fare questi leoni, e come sarebbe diversa
qualità della nostra vita, se i metalmeccanici si battessero anche per gli
insegnanti e gli insegnanti anche per i metalmeccanici, se gli eterosessuali
mostrassero solidarietà per gli omosessuali e gli omosessuali per i disabili,
se i disabili si battessero anche per i neri, i Napoletani anche per i
Bergamaschi e i Bergamaschi anche per i Napoletani, se ci battessimo tutti per
il negoziante taglieggiato e se ci incatenassimo tutti davanti Montecitorio per
solidarietà alle ragioni di quel padre disperato.