Il gattopardo calvizzanese

Il Gattopardo è un romanzo scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa. pubblicato nel 1958, dopo la sua morte. L'autore trasse ispirazione da vicende della sua antica famiglia e, in particolare, dalla vita del suo bisnonno, il Principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa, vissuto negli anni cruciali del Risorgimento. Il nome del romanzo ha l'origine nello stemma di famiglia dei Tomasi e il libro si spira alla vita dell'antenato dello stesso autore, che nel romanzo diventa il Principe Fabrizio Salina, e della sua famiglia tra il 1860 e il 1910, in Sicilia (a Palermo e nel feudo agrigentino di Donnafugata, che altro non è che il paese di Palma di Montechiaro). Nel maggio 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, Don Fabrizio assiste con distacco e con malinconia alla fine del suo ceto. Don Fabrizio, appartenente ad una famiglia di antica nobiltà, viene rassicurato dal nipote Tancredi, che, pur combattendo nelle file garibaldine, cerca di far volgere gli eventi a proprio vantaggio. Quando, come tutti gli anni, il principe con tutta la famiglia si reca nella residenza estiva di Donnafugata, trova come nuovo sindaco del paese Calogero Sedara, un borghese di umili origini, rozzo e poco istruito, che si è arricchito ed ha fatto carriera in campo politico. È Tancredi Falconeri, nel comunicare al Principe la decisione di unirsi alle truppe piemontesi, che dice la famosa frase: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!"

Basta rileggersi il romanzo di Tomasi Lampedusa per capire quanto sia verosimile l'accostamento della trama del libro con la realtà quotidiana che ci circonda. Già perchè a Calvizzano, qualunque cosa accada, soprattutto negli ultimi tempi, è come se non fosse mai accaduta. E’una sorta di maledizione. In questa città, come diceva un grande scrittore, tutto muore senza che nessuno se ne accorga. Lavoro fantasma, baby bullismo, degrado, mai un incontro culturale, nessun dibattito, niente forum. Insomma, il parterre delle emergenze è lungo e nessuno si preoccupa di invertire il trend.

Per non parlare della politica. In una città dove stenta a decollare una classe dirigente nuova, dove c’è in abbondanza la moda degli ex, dei riciclati, pronti a salire oggi sul carro della maggioranza, come appena ieri, su quello dell’opposizione. E viceversa. Ognuno è un ex qualcosa. E, in quanto tale, accoglie universalmente in un abbraccio gattopardesco gli altri ex. Gli esempi, in tal senso, non mancano. Quanti politici hanno cambiato casacca e personalità? Ma non importa, tanto le brutte figure vengono presto dimenticate: l’importante è trovarsi al posto giusto nel momento giusto.

Ma se questi sono gli scenari, come potranno i giovani, che dovrebbero essere gli amministratori del futuro, avvicinarsi alla politica. Allora? Meglio scappare come va dicendo in questi giorni un noto politico locale?

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