GRANDE SUCCESSO DEL LIBRO DI RAFFAELE SIVOLELLA


Raccontare il male oscuro

“Si può raccontare il proprio vissuto? Anche quando si devono svelare le sofferenze dell’animo e la voglia di non vivere? Sì, non solo si può ma si deve”. Questa frase lapidaria, stampata in copertina appena sotto il titolo, annuncia che cosa il lettore troverà nel libro di Raffaele Sivolella, Il buio nell’anima (Edizioni Progetto cultura, pp.141, 12 euro). Un lungo diario dolente e rabbioso. Come la depressione. Raffaele è uno studente di medicina. Ha 23 anni, vive a Calvizzano, ha una passione per la scrittura creativa ed è uno degli allievi del laboratorio “La Linea scritta” della scrittrice napoletana Antonella Cilento. Dopo aver scritto alcuni racconti, partecipando a vari concorsi letterari, Sivolella, con “Il buio nell’anima”, si cimenta con una misura narrativa più lunga, e quindi più ambiziosa. Per farlo, sceglie una forma diaristica e una narrazione in prima persona, che rende una identificazione quasi perfetta tra il personaggio del suo libro e la sua persona. Del resto, l’autore stesso non parla di romanzo. Benchè siano presenti tutte le abilità della scrittura creativa (storia, evoluzione, dialoghi, azione), il libro aderisce alla tentazione, sempre presente nel lettore, di sovrapporre la fantasia alla realtà. Raffaele, e si capisce dalla prefazione del professor Enrico De Notaris, racconta cose che conosce e che ha vissuto lasciandosi, comunque, com’è giusto che sia in quello straordinario spazio aperto che è la narrativa, la libertà di dire e non dire, e dire quello che vuole. La storia è quella, in fondo semplice ma dolorosa, di un ragazzo che inciampa nella depressione. Non la malinconia ordinaria, che fa tanto poesia. Ma la depressione clinica, una malattia vera e insidiosa, che si allarga nella testa come una macchia d’olio e opprime i pensieri, le energie, l’idea stessa del futuro fino a contaminare la speranza, spezzarla in due, chiudere ogni strada, e lasciarti credere che sarà sempre così, che non potrà che essere così, che tanto vale, quindi, chiuderla qui. Il protagonista del libro cade per la seconda volta nella malattia, e la seconda è sempre più insidiosa. Perché arriva a tradimento, perché pensavi di aver archiviato tutto alla prima, perché ci contavi e ti senti sconfitto, perché alla seconda davvero pensi che poi ce ne saranno una terza, una quarta, e chissà quante altre ancora, e che non te ne libererai più. Sivolella racconta tutto ciò facendolo sentire ai lettori, portandoli dentro il dolore, la confusione, lo smarrimento. Ma poi si accende la speranza, comincia il percorso e si torna a credere. La vita si fa strada, come la primavera.

Fino a quando? Questa domanda resta irrisolta, come in tutti quelli che hanno provato a raccontare la depressione, da Vittorio Gassman a Giuseppe Berto, che con il suo “Male oscuro” ha disegnato forse l’immagine più vera di questa strisciante malattia la cui maledizione è quella di costringere chi ce l’ha ad una doppia condanna: il dolore di soffrirne, la colpa di averla. Raffaele Sivolella racconta in modo interessante una storia che, pubblicandola, ha voluto che fosse di tutti. Il suo libro è sicuramente riuscito e la sua scrittura – quando deciderà di cimentarsi in una nuova avventura, magari meno biografica e più aperta – gli darà altre soddisfazioni.

Il libro è possibile acquistarlo in qualsiasi libreria o contattando l’autore su facebook.

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