“Nel salone dei ricordi”: l’anima di un paese tra le forbici di Armando

Un omaggio alla semplicità, al valore dei piccoli luoghi e dei mestieri di una volta, ma soprattutto alla memoria viva, quella che non si legge sui libri, ma si custodisce nei cuori e si trasmette attraverso la voce, i versi e il dialetto

La poesia “Armando ’o barbiere” di Paolo Ferrillo, declamata dalla sorella Gianna, è un autentico atto d’amore verso la memoria collettiva di Calvizzano, un tuffo nostalgico in un mondo che non c’è più, ma che vive nei ricordi di chi l’ha vissuto.

Attraverso un linguaggio dialettale ricco e sonoro, Ferrillo ricostruisce con minuzia e affetto l’ambiente del salone di barbiere di Armando Galiero, che non era solo un luogo per tagliarsi i capelli, ma un centro sociale, un punto di ritrovo, una piccola piazza al chiuso, dove si intrecciavano vite, chiacchiere, notizie, partite di calcio e umanità.

Il poeta riesce a fotografare un’epoca intera (siamo nel 1970, in pieno clima di Mondiali di calcio in Messico) con una forza evocativa che mescola sensazioni visive, uditive e olfattive: dalle riggiole scure al dopobarba nella bottiglia con la pompetta nera, dalla brillantina alle chiacchiere dei clienti anziani.

Il tono è insieme intimo e universale: intimo, perché trasuda il ricordo personale e affettuoso di un bambino immerso in un mondo adulto; universale, perché in quel salone si ritrova una dimensione di vita condivisa che molti, anche al di fuori di Calvizzano, possono riconoscere.

In sintesi, la poesia è un omaggio alla semplicità, al valore dei piccoli luoghi e dei mestieri di una volta, ma soprattutto alla memoria viva, quella che non si legge sui libri, ma si custodisce nei cuori e si trasmette attraverso la voce, i versi e il dialetto.

Redaz.

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