Le riflessioni del nostro opinionista Giuseppe Cerullo
Lo scioglimento del Comune di Marano di
Napoli, il quinto per infiltrazioni malavitose della sua storia, è l’ennesimo
colpo inferto a una ferita che non si è mai rimarginata. Una città amministrata
più spesso da commissari prefettizi che da sindaci democraticamente eletti si
ritrova, ancora una volta, travolta da accuse di infiltrazioni camorristiche.
E qui nasce la domanda più ovvia: se
quattro commissariamenti non sono bastati a recidere le radici del malaffare,
perché il quinto dovrebbe riuscirci? È come prescrivere un antibiotico per
curare un’infezione virale: si continua a somministrare la stessa terapia anche
quando è chiaro che non funziona.
Questa spirale di scioglimenti non
colpisce solo la macchina amministrativa, ma mortifica la democrazia stessa.
Ogni volta che si azzera un’amministrazione, si cancellano le scelte dei
cittadini, si spegne la fiducia nelle urne e si scoraggia chi ha competenze e
passione da mettere al servizio della cosa pubblica. Molti preferiscono restare
ai margini, temendo che un nuovo scioglimento possa calare come una
ghigliottina sul proprio operato. Così, al danno istituzionale si aggiunge la
perdita di energie vitali per la comunità.
Il paradosso è che Marano appare quasi un
unicum a livello nazionale. I Comuni vicini vivono condizioni simili, ma non
subiscono lo stesso destino. È forse il risultato di controlli più severi da
parte delle istituzioni? O piuttosto una serie di coincidenze difficili da
interpretare? Qualunque sia la spiegazione, resta l’immagine di una città
isolata, con un destino che sembra scritto a parte.
Intanto, però, il tempo passa e Marano
resta ferma. Una politica che ha già tradito le sue promesse lascia ora spazio
a un nuovo limbo commissariale. Un tempo sospeso che significa paralisi: delle
decisioni, delle opportunità, dello sviluppo. Ogni giorno senza una guida
politica solida è un passo indietro.
Marano non merita di restare una città
senza futuro. Ma finché il copione non cambierà, il rischio è che continui a
vivere in un eterno presente fatto di attese e promesse mancate.
Giuseppe Cerullo