C’è chi si scandalizza per qualche momento di tensione
durante uno sciopero, ma resta silenzioso di fronte alla catastrofe a Gaza. Le
bombe continuano a cadere, Gaza City è assediata, e migliaia di civili
innocenti vivono nell’inferno quotidiano. Dalla strage del 7 ottobre compiuta
da Hamas, agli ostaggi ancora nelle mani dei terroristi, fino all’ultimo
palestinese intrappolato senza vie di fuga, il dolore è immenso e
inaccettabile.
Lo sciopero non fermerà le bombe, ma ha un obiettivo
chiaro e strategico: mettere pressione sul governo italiano affinché si allinei
a quella parte di Occidente che ha già iniziato a riconoscere lo Stato di
Palestina. L’idea è esercitare una pressione internazionale tale da far
comprendere a Netanyahu che ha ormai perso irrimediabilmente i favori della
narrativa globale e che la violenza indiscriminata non resterà impunita. Non è
solo un gesto simbolico: è un richiamo alla responsabilità collettiva, un modo
per far sentire la voce di chi chiede giustizia per le vittime e protezione per
i civili.
Giuseppe Cerullo