Libertà a intermittenza: “quando il potere zittisce la satira”

 

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La Disney ha annunciato il ritorno in onda di Jimmy Kimmel Live. Dopo la sospensione seguita a un monologo scomodo per Donald Trump e i suoi alleati. Non è stata una “vittoria” del buon gusto televisivo, ma un segnale: il potere politico può ancora mettere il bavaglio, e spesso lo fa quando a criticare sono comici e commentatori che sanno parlare a milioni di persone.

La cosiddetta “cancel culture” non è solo un fenomeno social: qui l’ha esercitata un establishment che, mentre accusa le piattaforme di censurare la destra, non esita a usare minacce e ricatti economici per zittire voci ostili. Trump e i suoi sostenitori urlano allo scandalo quando viene sospeso il suo account su Twitter, ma applaudono quando è lui a costringere una rete nazionale a sospendere un talk show. Libertà di parola? Sì, ma solo finché conviene.

Come scriveva John Stuart Mill in On Liberty, “non possiamo mai essere certi che l’opinione che tentiamo di soffocare sia falsa; e se ne fossimo certi, soffocarla sarebbe ancora un male”. Il Primo Emendamento americano non esiste per proteggere le parole comode, ma quelle che urtano, irritano, provocano. È sempre meglio poter ascoltare anche un pensiero aberrante che imbavagliare il dibattito: solo nel confronto aperto tra prospettive diverse, anche le più ripugnanti, una società libera può crescere e rafforzarsi.

Giuseppe Cerullo

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