Il "prete altro" Armando Poggi (di origini calvizzanesi) e il celibato dei sacerdoti: la recensione di “”Pianticelle divelte?” a cura di Fabrizio D’Esposito
Nel cuore della Chiesa napoletana, mezzo secolo fa, si accese una fiamma di rinnovamento destinata a spegnersi troppo presto. È proprio da quella vicenda dimenticata, e volutamente insabbiata, che prende le mosse il libro “Pianticelle divelte?”. Il vento conciliare nei sinodi delle chiese particolari (La Valle del Tempo, 2022) del teologo Armando Poggi, originario di Calvizzano, oggi "prete felicemente sposato" con tre figli o "Un prete altro". Il volume è stato presentato il 4 giugno 2025 nello storico complesso di Santa Maria La Nova a Napoli, in un incontro che ha riportato alla luce una pagina sepolta della storia ecclesiale italiana.
A recensire il libro con acume e rigore è Fabrizio D’Esposito, inviato de Il Fatto Quotidiano, che nel numero dell’8 settembre 2025 ne ricostruisce i contenuti e il contesto, offrendo al lettore uno spaccato vivissimo di un momento cruciale e poco conosciuto del post-Concilio. Il cuore della vicenda ruota attorno alla consultazione promossa nel 1969 all’interno dell’arcidiocesi di Napoli, in cui la maggioranza del clero si espresse a favore del celibato volontario. Poggi, all’epoca giovane sacerdote, fu tra i redattori della relazione finale, che venne però bollata come “scandalosa” dal cardinale Ursi e poi insabbiata dalla CEI.
D’Esposito, nel suo articolo, non si limita a raccontare la storia, ma la connette con le attuali tensioni interne alla Chiesa sul celibato sacerdotale, ancora oggi tema aperto e divisivo sotto il pontificato di papa Francesco. La figura di Poggi emerge come emblema di una Chiesa “altra”: critica, libera e fedele allo spirito del Concilio. “Pianticelle divelte?” è dunque non solo una testimonianza preziosa, ma anche un invito alla memoria e al coraggio, affinché le riforme tradite del passato possano tornare a essere possibilità per il futuro.
La recensione
Chiesa. 50 anni fa il clero di Napoli votò contro il celibato dei preti ma il Vaticano insabbiò tutto
di Fabrizio D’Esposito, dal “il Fatto Quotidiano” del 8 settembre 2025
Il celibato sacerdotale è un atavico problema cattolico tornato attuale durante il pontificato francescano, all’interno della più vasta questione sessuale della Chiesa. Lo stesso Bergoglio ha affrontato il nodo nell’esortazione apostolica Querida Amazonia, frutto di un apposito sinodo su quella immensa regione del mondo, laddove c’è una forte penuria di preti. Sotto Francesco, la spinta per il matrimonio dei sacerdoti è però arrivata soprattutto dalla Germania, da quella sinistra marxista della Chiesa che prende il nome dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco. Una spinta forte al punto che in più occasioni si è parlato di scisma progressista. In ogni caso, da tempo è opinione comune tra molti vescovi italiani e no che prima o poi il Vaticano varerà questa riforma strutturale e radicale a fronte del calo delle vocazioni, in particolare europeo. La questione del celibato sacerdotale fu aperta nella Chiesa dallo spirito nuovo del Concilio Vaticano II, convocato da Giovanni XXIII nel 1962 e chiuso dal suo successore Paolo VI nel dicembre del 1965. E fu proprio papa Montini a stoppare le aperture al celibato volontario dei preti nemmeno due anni dopo, nel giugno del 1967, con l’enciclica Sacerdotalis Caelibatus che ribadì che “il celibato sacerdotale (…) conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo caratterizzato da una profonda trasformazione di mentalità e di strutture”. E a ricordare l’approccio conservatore di Montini è un interessante volumetto recapitatoci. L’autore si chiama Armando Poggi e tuttora si presenta come “un prete felicemente sposato con tre figli” o un “prete altro”. Poggi è campano ed è un manager in pensione. Ha fatto anche politica nel centrosinistra. Il libro s’intitola Pianticelle divelte? Il vento conciliare nei sinodi delle chiese particolari (la Valle del Tempo, 2022) e rivela come più di mezzo secolo fa il clero napoletano si espresse in maggioranza per il celibato volontario ma la discussione fu troncata dalla gerarchia cattolica, a partire dall’allora arcivescovo della città, il cardinale Corrado Ursi (1908-2003). Con il metodo del libro-intervista (le domande sono del filosofo e teologo Pasquale Giustiniani), Poggi rievoca quel periodo in cui era un giovane sacerdote. Tutto partì da una lettera della Cei (aprile 1969) che in vista della successiva assemblea generale dei vescovi del 1970 indì una consultazione su base regionale dal tema Traccia per la discussione di base sul problema del sacerdozio. Nell’arcidiocesi di Napoli, Poggi fu uno dei tre presbiteri della commissione incaricata di raccogliere i risultati, che poi formarono una clamorosa relazione di 16 pagine in cui per vari motivi si scriveva: “Il celibato può diventare veramente credibile solo se dipendente da una libera scelta del sacerdote e non da legislazione ecclesiastica”. Una “modernità di pensiero” che però sfocio in uno scontro tra lo stesso Poggi e Ursi. Il cardinale accusò il prete di essere “disonesto” e giudicò “scandalosa” la pubblicazione e la diffusione di quella relazione. E la questione finì lì, insabbiata dalla Cei.