Stazione di Calvizzano, com'era nella seconda metà del '900 (foto della collezione di Vincenzo Simonetti) |
Il caseggiato della stazione Mugnano-Calvizzano come si presenta oggi |
Correva l’anno 1987 quando la vecchia “Piedimonte" fu spazzata via da una decisione scellerata che ancora oggi fa discutere. Aveva settant’anni e, nonostante qualche acciacco, se li portava bene: i treni giungevano puntuali (mediamente ogni trenta minuti) a ogni stazione. Fu il Comune di Caiazzo, oltre un secolo fa, a lanciare l’idea di avvicinare l’hinterland casertano (Teverola, Aversa, Casaluce, Lusciano…) a Napoli. Una decina di anni dopo, venne approvato il progetto esecutivo della strada ferrata, poi chiamata Alifana dal nome della città capolinea (Alife). Entrò in funzione il 30 marzo 1913 sulla tratta Napoli Piazza Carlo III- Santa Maria Capua Vetere e i primi vagoni erano trainati da motrici miste (alcune munite da motori elettrici, altre di motori a vapore). La scomparsa dell’Alifana fu uno smacco per circa centomila persone, che dovettero immediatamente cambiare le loro abitudini; per gli amministratori, una figuraccia da nascondersi per il resto della vita. A Marano, ma in tante altre realtà, appena gli speculatori seppero che l’Alifana non sarebbe passata più, fecero carte false per far scomparire quei “maledetti” binari. Molti acquistarono quei terreni che, per il fatto che non erano inclusi in alcun piano regolatore ed erano attraversati da una strada ferrata, valevano ben poco. Il resto è sotto gli occhi di tutti: tante case intorno a una strada “liberata” dai binari.