Marano. Palazzo Baronale (detto “spuntatore”) abbattuto nel 1990, un pezzo di memoria che poteva essere salvato dalle ruspe: c’era un progetto di recupero mai attuato

 

Foto Eduardo Veccia. Il fotografo tentò di dare un tocco di arte a quelle che ormai erano soltanto macerie abbattute, fantasma di uno storico passato

La testimonianza. Abbiamo rispolverato un articolo scritto dal giornalista Antonio Menna, all’epoca 21enne, per il periodico “IdeaCittà”

Per gli abitanti della zona non sarà facile abituarsi a quell’assenza. Da anni ormai quel rudere di grandissimo valore storico era lo scenario dei loro risvegli, la prima cosa che vedevano al mattino. Da qualche giorno, invece, il vuoto; o meglio, ruspe e camion che passeggiano su cinquecento anni di storia, su pietre e travi che hanno resistito a guerre d’indipendenza, rivolte, conflitti mondiali, bombe, e ancora fasti, lussi, carestie, e tutto quello che si può vedere in cinque secoli di vita. Da qualche settimana il palazzo baronale, detto “spuntatore”, non c’è più. Con un vero e proprio colpo di mano è stato raso al suolo. Nessuno sa spiegare come si possa abbattere un monumento di immenso valore storico, senza che qualcuno si senta in obbligo di dare spiegazioni alla città, alle associazioni culturali, alle forze sociali che da anni sono attente alla conservazione del patrimonio archeologico maranese. Un vero e proprio raid!
Intanto, l’unica cosa certa è che in un paio di ore Marano ha perso il simbolo di un cammino storico, che lentamente sta passando dalla realtà, dall’impatto diretto e immediato, ai libri di storia, alla carte, a qualche fotografia ingiallita.
Eppure di storia e di storie il palazzo baronale ne ha vissute tante. Fu costruito intorno al 1650 da Caterina Manriquez di Cirella (soprannominata “Reginella”), amante del re di Spagna il quale per allontanarla dalla corte, le comprò il casale di Marano. Qui, sulle rovine di un edificio preesistente, fu costruito il palazzo baronale, in cui esisteva nella parte bassa dell’edificio, la cappella di San Gaetano, che funzionava come oratorio semipubblico e come cappella seròtina, cioè come luogo di culto in cui si radunava il popolo quando era libero dal lavoro.
Il palazzo baronale fu ereditato dai principi Caracciolo, discendenti diretti della Manriquez, che ne fecero la propria residenza fino al 1800, periodo nel quale comincia la decadenza e il degrado dell’edificio. Già nel 1841, per esempio, le trattative tra il Comune e i proprietari, per il trasferimento degli uffici comunali nel palazzo, non andarono in porto per le pessime condizioni dell’edificio stesso. Anche la cappella, nello stesso periodo, era praticamente abbandonata a se stessa. Le condizioni già pessime del palazzo, andarono via via peggiorando (grazie anche allo spezzettamento della proprietà, passata dalle mani dei Caracciolo a quelli di diversi privati), fino a quando nel 1929 il Comune, fittando i locali e adibendoli a edificio scolastico per le classi elementari, lo riaggiustò in parte.
Con il trasferimento della scuola, il palazzo è tornato nell’abbandono più assoluto. Per anni è stato un ricettacolo maleodorante di immondizia, con la struttura e l’intonaco esterni inesistenti. Nel 1984, proprio la pericolosità delle pareti del palazzo portò, prima, alla chiusura della strada circostante, poi, alla realizzazione di un muro di sostegno.
Da più di un decennio era nei cassetti del Comune un progetto di recupero e ristrutturazione del palazzo, che poteva essere finanziato nell’ambito della legge 219, quella sulla ricostruzione post-terremoto.
Oggi, dopo l’abbattimento, ogni cosa diventa inutile.
Il palazzo baronale, che apparteneva a vari privati, sembra sia stato venduto ad un gruppo unico.      

Antonio Menna

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