In occasione del prossimo 25 luglio, festa del Santo Patrono di Calvizzano: notizie essenziali a noi note sull’Apostolo Giacomo (il “Maggiore”). Seconda parte

 Alcune notizie su San Giacomo riprese dalla Tradizione cristiana

Luglio 2018, l'arrivo della statua di San Giacomo restaurata in un laboratorio specializzato di Casandrino
Nella sua Storia della Chiesa, Eusebio di Cesarea (secolo IV) racconta che Giacomo, ancora poco prima di morire convertì un soldato, destinato a far parte del plotone che accompagnava l’Apostolo al luogo dell’esecuzione e che perciò fu decapitato con l’Apostolo stesso. Un Apocrifo di Giacomo, conservato in traduzione copta, risalente al secolo II, racconta che Giacomo e Giovanni avrebbero ricevuto da Gesù, prima della sua Ascensione al Cielo, le direttive per affrontare le prime persecuzioni dei cristiani. In tale scritto agiografico, i due apostoli salgono al cielo con il Signore, dove vengono comunicati loro alcuni misteri. Giacomo, tornato sulla Terra, ne informa i discepoli e dice loro quello che devono fare. Secondo una tradizione del secolo VII, Giacomo avrebbe predicato la Buona Novella in Spagna e sarebbe stato lui ad organizzare le azioni per l’evangelizzazione e la missione in Samaria e a Gerusalemme.

Un’altra tradizione racconta della conversione di un mago, Ermogene, ad opera di Giacomo.

Onorio di Autun narra che il corpo di Giacomo fu sospinto dagli Angeli, su una barca senza remi, verso la Spagna, nel regno della regina Lupa, e portato nel suo castello da tori selvaggi, che si comportarono in tale evenienza come agnelli mansueti. Gli elementi essenziali del culto sviluppatosi più tardi nel Santuario di Santiago de Compostela, il luogo della sepoltura di San Giacomo, sono già contenuti in questa leggenda. I pellegrinaggi a Santiago furono, a detta di tutti i testimoni, i più sviluppati del Medioevo. Le strade dei pellegrini passavano per la Francia e persino in Scandinavia la Spagna era conosciuta come “il paese di San Giacomo”. Giacomo è considerato protettore della Spagna, soprattutto mentre era in atto la lunga e cruenta lotta contro i Mori, per liberare il territorio cristiano dalla presenza dell’Islam: quella che gli storici definirono “la Reconquista”. Secondo la tradizione, nell’844, il Santo apparve durante la battaglia di Clavijo su un cavallo bianco, e mise in fuga i Musulmani. Secondo un’altra tradizione, nata, tuttavia, nel secolo XII, sarebbe stato Giacomo a rivelare a Carlo Magno il luogo della propria sepoltura, indirizzandolo verso Santiago di Compostela.

Del medesimo periodo, si tramanda un miracolo accaduto ad una carovana di pellegrini. Il figlio di una coppia di viandanti, accusato ingiustamente di furto ed impiccato, è letteralmente sostenuto da Giacomo, mentre pende dalla forca, finché i suoi genitori non riescono a salvarlo, dimostrandone l’innocenza. Di un pericoloso viaggio in Spagna racconta un’altra leggenda, secondo la quale ad un uomo al quale è morta la moglie, viene anche rubato il denaro e la cavalcatura: sembra tutto perduto e che nulla possa fargli riprendere fiducia e capacità di reazione, finchè con un asino, procuratogli da San Giacomo non lo conduce, quasi da solo, a Santiago, dove il povero disgraziato riacquista la fede e riprende le redini della sua vita. In un racconto esemplare, si parla del Santo che, con il sacco di una donna e il bastone di un povero, difende un cavaliere dal diavolo, perché tale cavaliere aveva in precedenza soccorso le donne e i poveri.

Da Eusebio, Padre della Chiesa (circa 263-339), Giacomo era detto “giusto” e celebrato come primo martire fra gli Apostoli scelti da Gesù. Da lui Egli è presentato come autorevole nelle decisioni, soprattutto perché, dopo l’Ascensione del Maestro e la personale conferma nell’insegnamento di Lui a seguito della Pentecoste, si sarebbe, ancor più degli altri Apostoli, preso cura della Vergine Maria, provvedendo ai bisogni di Lei, dando corpo in tal modo alle parole dette da Gesù dalla Croce che affidava la Madre a Giovanni, suo fratello, e ai Discepoli e a Lei il futuro della Chiesa fondata sul Suo sacrificio e la Sua Resurrezione.

Altre testimonianze ci confermano che Giacomo il Maggiore svolse effettivamente un ruolo chiave per la nascente Comunità a Gerusalemme, tanto da esserne considerato il Capo: potremmo dire, in termini attuali, il Garante dell’ortodossia ed il Controllore della vita dei fedeli, cioè il “Vescovo”.

Nei tempi più antichi, prima del giorno di San Giacomo (25 Luglio), non si iniziava la mietitura, mentre, nell’usanza popolare, il giorno di San Giacomo era la festa dei pastori.

San Giacomo, nella tradizione comune, è considerato il protettore dei viaggiatori, dei raccolti agricoli, dei profumieri e dei fabbricanti di cappelli. È invocato anche da coloro che soffrono di dolori reumatici. Anche il suo ruolo di difensore vittorioso della fede contro i Mori e l’Islam, faceva in modo che lo si invocasse ogni volta che la nostra appartenenza a Cristo e alla Sua Chiesa rendeva necessario il Suo intervento a capo delle truppe, così da fare baluardo contro ogni errore dottrinale ed eresia.

                                                    San Giacomo nell’arte

Nei primi tempi della diffusione della devozione jacopea, il Santo era rappresentato come un Apostolo che recava un libro o un rotolo della Scrittura fra le mani. Nei primi ‘ritratti’, il personaggio è presentato come un uomo di mezza età, con barba scura, come  ripreso nei mosaici della Cappella arcivescovile ravennate e in San Vitale (a Ravenna, secolo VI). Come elemento caratteristico gli si pone accanto il Libro o il rotolo della Scrittura (per esempio, nell’icona sul portale di San Trofimo in Arles, della fine del XII secolo). A partire dal secolo XIII viene raffigurato con il follatoio come segno del suo martirio (per esempio, nel ritratto murale sul portale sud di centro della Cattedrale di Chartres, 1205-1215) e/o con la clava (per esempio, nella tavola in Sant’Ursola a Colonia, intorno al 1275).

Nell’arte occidentale da noi più riconoscibile, San Giacomo Apostolo Maggiore è raffigurato come l’Apostolo con i contrassegni del pellegrino: un bastone[1], una fiaschetta per l’acqua[2], i sandali ai piedi[3], la conchiglia multifunzionale[4], il mantello[5], talvolta, occasionalmente nell’iconografia classica, un copricapo[6], la bisaccia[7]. Gli elementi appena elencati sono riscontrabili nelle immagini che da sempre rappresentano Giacomo, un po’ dappertutto nel mondo. È possibile notarli anche nella statua del Santo nella Cattedrale di Compostela e nel portico della Gloria della Cattedrale, risalente, all’incirca, al  1188.

Accanto a Pietro, Giacomo è l’unico fra gli Apostoli che conserva un costume specifico. Appare vestito, come abbiamo appena visto, da pellegrino, con cappello a cencio, bisaccia e fiaschetta oppure conchiglia, a partire dal secolo XIII in tutto l’Occidente, soprattutto lungo le vie dei pellegrini in viaggio verso Santiago di Compostela. Assieme agli altri Apostoli, Giacomo compare in veste di pellegrino su dipinti del portale sud della Cattedrale di Chartres (risalente agli anni intorno al 1210).

Come scene a sé stanti sono raffigurati quasi tutti gli episodi caratteristici della vita di San Giacomo e quelli che erano pubblicizzati come suoi miracoli in favore dei pellegrini. A partire dal secolo XI, richiamando il suo impegno a favore della “Reconquista Christiana” si privilegia, soprattutto in Spagna, la caratterizzazione di Giacomo, agile e padrone della cavalcatura di un cavallo spesso bianco, quindi, come “Matamoros” e cavaliere cristiano (per esempio, in un bassorilievo del secolo XIII, posto nel coro di San Marco, a León; nell’incisione di Martin Schongauer, attribuibile al 1480 circa, a Monaco; in un dipinto di Gian Battista Tiepolo, risalente al 1767/1770, conservato a Budapest). Spesso è raffigurata anche la decollazione di Giacomo (per esempio, in un dipinto “di bottega” di  Albrecht Dürer, nel pannello sinistro del trittico dello Helleraltar, degli inizi del XVI secolo, attualmente a Francoforte). All’interno del ciclo di celebrazione delle imprese di Carlo Magno, sul ‘Reliquiario’ del fondatore del Sacro Romano Impero, del tardo XII secolo, che possiamo tuttora ammirare nell’ambito del ‘tesoro carolingio’ del duomo di Aquisgrana, è ripresa la celebre apparizione di Giacomo a Carlo Magno, con l’Apostolo che mostra al sovrano la via verso la Spagna, dove riportare in auge il nome e il ruolo di Cristo, recuperando quei territori cristiani un tempo posseduti dai fedeli della Chiesa apostolica e poi sottratti dai musulmani.

Uno dei cicli pittorici più completi su San Giacomo è opera di Giusto de’ Menabuoi[8] (fine secolo XIV, complesso della Basilica di Sant’Antonio a Padova) e mostra le scene: Giacomo che riceve la comunione dal Cristo Risorto; Giacomo e buttato giù mentre predica dal pulpito; Martirio di Giacomo; Giacomo libera in commerciante innocente; Giacomo aiuta un pellegrino bisognoso.

Patronato e Protettorato da parte dei Santi, secondo la Chiesa Cattolica

Il termine ‘patronato[9] rimanda immediatamente a ‘patrono’, cioè al Santo che, nella tradizione cattolica, è stato scelto come protettore particolare e privilegiato di una Chiesa, di una Città, di una Nazione o, più semplicemente, di un’attività o di una caratteristica della società umana e dei fedeli. Ciò detto, possiamo ripensare per un momento all’antico Diritto romano, che può farci da guida, per meglio comprendere l’importante legame che si crea tra il Patrono di un Paese e di una Comunità, vale a dire il Santo stesso, e quella precisa e specifica Comunità. Nel Diritto romano (dal quale derivano molte definizioni in quello nostro attuale laico e canonico in Occidente), dunque, il Patronato si configura come un/il rapporto giuridico che si instaura tra il padrone e lo schiavo liberato mediante manomissione[10], creando per quest’ultimo una serie di doveri e obblighi, non solo verso l’antico padrone, ma addirittura anche verso gli eredi di lui. Il ruolo del Patrono lo mette nella posizione di protettore e difensore, in un eventuale giudizio tra il liberto e colui che detiene questo straordinario ruolo. A livello laico, lo jus patronatus costituiva una forma di riconoscimento reale, da parte dell’Autorità e della Gerarchia ecclesiastica, ma anche del popolo che ne era testimone e beneficiario, di una funzione indiscutibile ed indiscussa del Patrono. Fatti i debiti raffronti, si vede bene, quindi, perché al Santo Patrono o Protettore[11] di una Chiesa o di una Città compete il diritto/dovere di difenderla fino alla fine, senza tener conto delle difficoltà o dei rischi che potrebbero frapporsi. 

La devozione ai Santi patroni, nella Chiesa cattolica, possiamo ritrovarla, fin dalle origini, nella tradizione accreditata, quale aspetto importante del culto che i fedeli riservano a coloro che hanno saputo meglio imitare l’esempio di Gesù durante la loro vita terrena. Spesso l’attribuzione di un ‘patronato’ ovvero di un ‘protettorato’ religioso, si è fatta strada, è proprio il caso di dirlo, “a furore di popolo”, a coloro che, nel corso dei secoli e dei millenni, erano stati invocati per particolari circostanze o eventi clamorosi nella vita pubblica e/o privata di un Santo che si era adoperato a favore di una Comunità. Le radici di questa scelta spesso risalgono alla Storia passata e a determinate situazioni, che hanno caratterizzato l’esistenza di questi testimoni esemplari[12].   

San Giacomo, nella tradizione popolare, è considerato il protettore dei viaggiatori, dei raccolti agricoli, dei profumieri e dei fabbricanti di cappelli. È invocato anche da coloro che soffrono di dolori reumatici, da coloro che combattono contro gli infedeli e dai difensori della fede contro tutte le eresie e le eterodossie. È il Patrono e Protettore primario della Spagna: e non potrebbe essere diversamente, visto il ruolo-chiave della città di Santiago di Compostela.     

Prof. Luigi Trinchillo


[1] Strumento atto al sostegno, alla difesa, alla protezione contro eventuali attacchi di animali o di malintenzionati, capace di conferire autorità, prestigio e potere a chi lo detiene. Non a caso il ‘pastorale’ vescovile è nient’altro che l’evoluzione e la stilizzazione del bastone usato per guidare il gregge, così come tramandato anche da tanti riferimenti presenti nelle Scritture. Nel caso di immagini votive relative a icone di Santi pellegrini, soprattutto a Giacomo Apostolo M., viene anche definito bordone, termine sostanzialmente sinonimico.  

[2] In genere ricavata da pelli animali, come renne e/o bovini o ovini, per poter affrontare viaggi anche lunghi, in territori dove sarebbe stato difficile approvvigionarsi spesso di liquido da bere e per le abluzioni delle mani.

[3] Segno di fiducia e di contatto costante con la Madre-Terra, anche attraverso quell’associazione forte tra humus (il terreno) e humilis/humilitas (umile/umiltà) che è, o dovrebbe, sempre essere tenuto presente dal viaggiatore in pellegrinaggio, alla ricerca di sé e del proprio colloquio con Dio. In qualche caso, anche questa piccola barriera tra la pelle del pellegrino e il terreno viene abolito e c’è l’attiguità diretta con il terreno.

[4] Essa serviva come bicchiere/tazza di facile ed economico possesso e fu assunta a simbolo identitario dei pellegrini diretti verso Compostella. Grazie alla sua struttura, infatti, rappresentava un oggetto dal forte simbolismo cristiano, in quanto il guscio della conchiglia era visto come l’immagine della tomba, che racchiude l’uomo dopo la morte e fino alla resurrezione. Inoltre, in molte culture, la conchiglia è interpretata e rappresentata come un segno di fecondità e prosperità, anche al di fuori degli ambienti dei viaggiatori/pellegrini: pensiamo per un attimo alla conchiglia cui è appoggiata la Venere di Sandro Botticelli, che diffonde la vita al semplice suo apparire sulle onde. Perfino una certa tradizione mariana si serve (del contenuto) della conchiglia, la perla, per simboleggiare la posizione privilegiata e preziosa della Vergine, nella storia della Redenzione. 

[5] La simbologia ad esso legata travalica di gran lunga il collegamento con il viaggiatore che lo indossa, per le attribuzioni progressive attribuite a tale indumento: strumento per proteggere il corpo sia di giorno (dal sole e dal calore estremo) che di notte (per superare indenni lo straordinario divario termico ed il freddo intenso), oltre che salvaguardare tutti coloro che gli si affidano, mettendosi sotto di esso; mezzo per celarsi dalla insidie (anche demoniache) e per celare quanto va protetto (si pensi durante lo spostamento delle Sacre Particole); appoggio estemporaneo per camminare sull’acqua; segno del ‘potere’ speciale di chi lo indossa (dal sovrano e/o dal Pontefice in momenti simbolici, al Sacerdote quando onora solennemente il Corpo di Cristo durante la benedizione al popolo di Dio radunato per l’Adorazione); alle icone di fondatori e fondatrici di ordini religiosi che vi ospitano, sotto, i confratelli. Il Pantocratore e la stessa Vergine sono mostrati, generalmente, con questo indumento metaforico. Anche la simbologia civile e laica ricorre ad esso: pensiamo ai giudici, rivestiti da un manto di pelli di ermellino; alla tradizione, accolta nel Diritto romano classico, di avvolgere in/con un mantello il figlio del quale si intendeva riconoscere l’adozione, per conferirgli titoli e privilegi; ecc.

[6] Utile per chi viaggia a piedi per lunghi tratti.

[7] Serve a portare non il superfluo, ma l’indispensabile: ad esempio, il testo o il rotolo delle Scritture, quando questi due ultimi elementi non sono esplicitamente mostrati iconograficamente.

[8] Giusto Menabuoi da Padova, vissuto nel XIV secolo, originario di Firenze, fu operoso a Padova dove decorò il Battistero.

[9] Deriva dal tardo latino patronatum, voce dotta legata a patronum da pater (più evidente al genitivo singolare, patris) e intimamente collegabile al ruolo egemone svolto nella cellula fondamentale di ogni comunità umana di base, del paterfamilias.

[10] Non equivochiamo sulla parola: nel Diritto romano è nient’altro che un atto autonomo da parte del padrone, che concede, motu proprio, spontaneamente, la libertà dalla schiavitù ad un servo, lo “affranca”, lo dichiara libero per meriti speciali o per semplice generosità o simpatia personale.

[11] Protectorem: da protector, cioè ‘pro’ = a favore di, e “tego , is, texi, tectum, tegere” = coprire, velare. Il significato più convincente e compiuto, quindi, è quello di proteggere, accompagnare, riparare.

[12] Nell’epoca medievale, si ricorreva ad un particolare strumento, per ribadire e rinverdire narrazioni anche complesse: ai cicli pittorici di Cappelle e ambienti religiosi che, vera Biblia pauperorum, consentivano la narrazione progressiva di storie lunghe e complesse, che anche gli analfabeti primari potevano “leggere” e capire con evidenza palmare, superando l’ostacolo della lingua e della cultura. Ciò rappresentava il riconoscimento dal basso di una fiducia nel protettorato di un Santo e, per un altro verso, ne favorivano la diffusione della fama. Si pensi, a conferma di quanto appena detto, al ciclo pittorico giottesco delle pareti della Basilica Superiore di San Francesco, ad Assisi; alla Cappella padovana degli Scrovegni; alle Logge e Stanze Vaticane di Raffaello; alla ‘Sistina’ michelangiolesca; ecc.

Visualizzazioni della settimana