In occasione del 25 luglio, festa del Santo Patrono di Calvizzano: notizie essenziali a noi note sull’Apostolo Giacomo (il “Maggiore”). Terza e ultima parte: tutte curate dal prof. Luigi Trinchillo
“Dio ha scelto quelli che agli occhi del mondo sono poveri, per farli diventare ricchi nella fede e dar loro quel regno che egli ha promesso agli uomini che lo amano”
Dalla lettera di San Giacomo. Capitolo
2
Contro le ingiuste preferenze
Voi vi mostrate pieni di premure per
quello che è vestito bene e dite: “Siediti qui, al posto d’onore”. Al povero,
invece, dite: “Tu rimani in piedi”, oppure: “Siedi in terra, qui, accanto al
mio sgabello”. Se vi comportate così, non è forse chiaro che fate delle
differenze tra l’uno e l’altro e che ormai giudicate con criteri malvagi?
Ascoltate, fratelli carissimi: Dio ha
scelto quelli che agli occhi del mondo sono poveri, per farli diventare ricchi
nella fede e dar loro quel regno che egli ha promesso agli uomini che lo amano.
Voi, invece, avete disprezzato i poveri! Eppure, non sono forse i ricchi quelli
che vi trattano con prepotenza e vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono
loro, i ricchi, quelli che bestemmiano il bel nome di Cristo che fu invocato su
di voi quando siete diventati cristiani? Una cosa è certa: se voi rispettate la
legge del regno di Dio così come la presenta la Bibbia: Ama il tuo prossimo
come te stesso, voi agite bene. Se invece voi fate delle preferenze tra le
diverse persone, voi commettete peccato e la legge di Dio vi condanna, perché
avete disubbidito. Chi va contro anche un solo comandamento della Legge è
colpevole di aver offeso tutta la Legge. Infatti, colui che ci ha detto: Non
commettere adulterio è lo stesso che ci ha detto: Non uccidere. Di conseguenza,
se tu non commetti adulterio, ma poi uccidi qualcuno, vai contro tutta la legge
di Dio.
Dunque, parlate e agite come persone
che saranno giudicate da quella Legge che ci porta alla vera libertà. Perché
senza misericordia sarà giudicato chi non ha avuto misericordia. Chi invece è
stato misericordioso, non avrà alcun timore del giudizio di Dio.
credono, eppure tremano di paura.
Sciocco, vuoi dunque renderti conto che la fede non serve a niente se non è
accompagnata dai fatti?
Abramo, il nostro antico padre, perché
mai fu riconosciuto giusto da parte di Dio? Per le sue opere, cioè per aver
offerto sull’altare dei sacrifici il figlio Isacco. Vedi dunque che in quel
caso la fede e le opere agivano assieme, e che la sua fede è diventata perfetta
proprio per mezzo delle opere! Così si è realizzato quello che dice la Bibbia:
Abramo credette in Dio e per questo Dio lo considerato giusto. Anzi, egli fu
chiamato amico di Dio potete così vedere che Dio considera giusto un uomo in
base alle opere e non soltanto in base alla fede.
Lo stesso avvenne nel caso di Raab, la prostituta. Dio la considerò giusta per le sue opere, cioè per il fatto che aveva ospitato gli esploratori ebrei e li aveva aiutati ad andarsene per un’altra strada.
La fede e i fatti
Qualcuno potrebbe anche dire: C’è chi
ha la fede e c’è invece chi compie le opere. Ma allora mostrami come può
esistere la tua fede senza le opere! Ebbene, io ti posso mostrare la mia fede
per mezzo delle mie opere, cioè con i fatti! Ad esempio: tu credi che esiste un
solo Dio? È giusto. Ma anche i demoni ci credono, eppure tremano di paura.
Sciocco, vuoi dunque renderti conto che la fede non serve a niente se non è
accompagnata dai fatti?
Abramo, il nostro antico padre, perché
mai fu riconosciuto giusto da parte di Dio? Per le sue opere, cioè per aver
offerto sull’altare dei sacrifici il figlio Isacco. Vedi dunque che in quel
caso la fede e le opere agivano assieme, e che la sua fede è diventata perfetta
proprio per mezzo delle opere! Così si è realizzato quello che dice la Bibbia:
Abramo credette in Dio e per questo Dio lo considerato giusto. Anzi, egli fu
chiamato amico di Dio potete così vedere che Dio considera giusto un uomo in
base alle opere e non soltanto in base alla fede.
Lo stesso avvenne nel caso di Raab, la
prostituta. Dio la considerò giusta per le sue opere, cioè per il fatto che
aveva ospitato gli esploratori ebrei e li aveva aiutati ad andarsene per
un’altra strada.
Insomma, come il corpo senza il soffio
della vita è morto, così la fede. Senza
le opere è morta>>][1].
[1] Sebbene la più recente
ed accreditata critica esegetica del Nuovo Testamento tenda ad escludere
che la Lettera di Giacomo possa essere attribuita al discepolo di Gesù,
fratello di Giovanni, ovvero Giacomo il Maggiore, morto martire nell’anno 44,
occorre ricordare che, un tempo, questo scritto era riconosciuto con decisione
a quel ‘Giacomo’ che assunse un ruolo-chiave nella comunità cristiana di
Gerusalemme post-Pentecoste: infatti, molti elementi interni al contenuto della
Lettera sembrerebbero accettare e confermare in essa alcuni temi morali
insistenti della primitiva Comunità di fedeli e qualche differenza dottrinale
rispetto alle tesi di San Paolo. Dante nel XXV canto del Paradiso (v. 33)
riconosce in Giacomo uno degli Apostoli ai quali “Iesù … fè più carezza”.
La maggiore contestazione, comunque, sembrerebbe essere quella che l’autore
della lettera mostra di avere una mentalità ellenistica che Giacomo non poteva
ancora avere, così come appare troppo elevato il livello di padronanza d’uso
della lingua greca che caratterizza questo scritto. In ogni caso, si riporta in
questo ambito l’intero capitolo 2, perché la si può identificare come un punto
di riferimento essenziale della Chiesa nascente, poi affermatosi nella teologia
cattolica sistematica successiva. [Il testo di Gc 2, 1-26 è quello della Bibbia
in lingua corrente. La Parola del Signore. Nuova versione interconfessionale.
Eccedici-ABU-Il Capitello, 2014]. Probabilmente, bisognerebbe accettare
l’opinione che, a riguardo di questa Lettera, non si debba pensare né a
Giacomo il Maggiore, né a Giacomo il Minore, ma a Giacomo, “fratello di Gesù”,
uno dei capi della Comunità cristiana di Gerusalemme, secondo quella che è
l’opinione attualmente più accreditata fra gli studiosi e gli esperti di
esegesi biblica.